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Violazione sorveglianza speciale: il possesso del cellula

La Cassazione conferma la condanna per violazione sorveglianza speciale a un soggetto trovato con un cellulare. Ritenuto irrilevante che il telefono fosse del fratello e detenuto per poco tempo, confermando l’inammissibilità del ricorso per motivi generici e nuovi.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Possedere un Cellulare è Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30042/2025, ha ribadito principi fondamentali in materia di violazione sorveglianza speciale. Il caso analizzato riguarda la condanna di un individuo sorpreso in possesso di un telefono cellulare, nonostante una prescrizione glielo vietasse espressamente. La decisione chiarisce che la mera detenzione consapevole dell’oggetto proibito è sufficiente a configurare il reato, rendendo irrilevanti le giustificazioni sulla proprietà o sull’uso momentaneo del dispositivo.

I Fatti del Caso: Il Controllo e il Ritrovamento del Telefono

Un uomo, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, era soggetto a diverse prescrizioni, tra cui il divieto di detenere telefoni cellulari. Durante un controllo da parte dei Carabinieri, veniva trovato in possesso di un telefono cellulare perfettamente funzionante, custodito all’interno del suo borsello.

L’imputato, sia in primo grado che in appello, veniva condannato alla pena di 8 mesi di reclusione. La sua difesa si basava sulla tesi che il telefono non fosse suo, ma del fratello, il quale glielo avrebbe affidato solo per pochi istanti per effettuare una ricarica in un esercizio commerciale vicino. Nonostante questa spiegazione, i giudici di merito ritenevano provata la sua colpevolezza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Mancanza dell’elemento soggettivo (dolo): La difesa sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente motivato la sussistenza della volontà colpevole, limitandosi a constatare l’elemento oggettivo (il possesso del telefono). Si ribadiva che l’imputato aveva spontaneamente consegnato il dispositivo e chiarito che apparteneva al fratello, escludendo quindi l’intenzione di violare la prescrizione.
2. Violazione di legge sulla recidiva: Il secondo motivo lamentava la mancata motivazione sull’applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata infraquinquennale.

La Violazione della Sorveglianza Speciale secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno sottolineato come le sentenze di primo e secondo grado costituissero una “doppia conforme”, formando un unico corpo decisionale. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sintetica ma adeguata, definendo “pretestuose e non credibili” le dichiarazioni dell’imputato. È stato ritenuto illogico che il fratello, presente sul posto, avesse bisogno di affidare il telefono all’imputato per una semplice ricarica, essendo quest’ultimo soggetto a una specifica e nota prescrizione. Pertanto, il fatto di portare con sé un cellulare funzionante integra di per sé la violazione della misura di prevenzione e, di conseguenza, il reato.

L’Inammissibilità dei Motivi Nuovi in Cassazione

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha rilevato che la questione della mancata motivazione sulla recidiva non era mai stata sollevata nell’atto di appello. In quella sede, la difesa si era limitata a chiedere l’applicazione delle attenuanti generiche in misura prevalente sull’aggravante, senza contestare la motivazione di quest’ultima. La Cassazione ha quindi applicato il consolidato principio secondo cui non è possibile introdurre per la prima volta in sede di legittimità vizi di motivazione relativi a punti della decisione che non erano stati oggetto di specifica doglianza in appello.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su due pilastri. Il primo, di natura sostanziale, afferma che per la configurazione del reato di violazione degli obblighi della sorveglianza speciale, è sufficiente la coscienza e volontà di detenere l’oggetto proibito. Le ragioni di tale detenzione o la titolarità del bene sono irrilevanti ai fini del giudizio penale. La pericolosità sociale del soggetto, che giustifica la misura di prevenzione, impone un rispetto rigoroso delle prescrizioni, e il semplice possesso di uno strumento di comunicazione come un cellulare è considerato idoneo a vanificare lo scopo della misura stessa.
Il secondo pilastro è di natura processuale: il ricorso per cassazione non può diventare un terzo grado di giudizio nel merito, né può essere utilizzato per introdurre doglianze nuove. I motivi di ricorso devono essere specifici e devono confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse tesi difensive già respinte.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante chiarimento sulla portata dell’art. 75 del D.Lgs. 159/2011. Stabilisce in modo inequivocabile che la condotta penalmente rilevante consiste nella mera detenzione consapevole di un apparato vietato, a prescindere da chi ne sia il proprietario o dalle finalità del possesso. Inoltre, rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: i motivi di ricorso in Cassazione devono essere specifici e non possono vertere su questioni non sollevate nei precedenti gradi di giudizio, pena la loro inammissibilità.

Per integrare la violazione della sorveglianza speciale, è necessario che l’oggetto proibito (come un cellulare) sia di proprietà della persona sorvegliata?
No. Secondo la Corte, la proprietà del telefono è irrilevante. Il reato si configura con il semplice possesso consapevole dell’oggetto, anche se temporaneo e appartenente ad altri.

Se una persona sorvegliata speciale giustifica il possesso di un cellulare dicendo che lo teneva per un’altra persona per pochi istanti, questa giustificazione può escludere il reato?
No. La sentenza ha ritenuto tale giustificazione pretestuosa e non credibile. Il fatto di avere con sé un telefono perfettamente funzionante è sufficiente a integrare la violazione della misura di prevenzione.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso che non era stato sollevato nel processo d’appello?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla mancata motivazione sulla recidiva proprio perché non era stato dedotto nell’atto di appello, ribadendo il principio che non si possono introdurre censure nuove in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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