Violazione Sorveglianza Speciale: Basta la Volontà di Trasgredire
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26966/2024, ha affrontato un caso di violazione sorveglianza speciale, ribadendo un principio fondamentale relativo all’elemento soggettivo del reato: per la condanna è sufficiente il dolo generico. Questo significa che la semplice consapevolezza di violare le prescrizioni e la volontà di farlo sono abbastanza per integrare il delitto, a prescindere dalle ragioni che spingono il soggetto ad agire.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza, con l’obbligo di presentarsi alle autorità in giorni e orari prestabiliti. Nonostante fosse a conoscenza di tali obblighi, l’uomo li ha disattesi per un certo periodo, venendo per questo condannato nei gradi di merito.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condotta non fosse sorretta da una reale volontà colpevole. A suo dire, la misura di sorveglianza era stata più volte interrotta a causa di altri provvedimenti restrittivi della sua libertà personale, e questo avrebbe influito sulla sua capacità di adempiere costantemente alle prescrizioni.
La Violazione Sorveglianza Speciale e il Principio del Dolo Generico
La difesa del ricorrente si è concentrata sull’assenza dell’elemento soggettivo, tentando di giustificare le omissioni. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto tale linea argomentativa, qualificando il ricorso come manifestamente infondato.
I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non si è confrontato con l’orientamento giuridico consolidato in materia di violazione sorveglianza speciale. La sentenza impugnata aveva già chiarito, in modo analitico, che le violazioni erano addebitabili a una scelta volontaria dell’imputato. Infatti, ogni volta che la misura veniva ripristinata dopo un’interruzione, l’uomo ne era stato tempestivamente informato e, inizialmente, aveva anche rispettato gli obblighi, salvo poi decidere deliberatamente di non farlo.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha richiamato la propria giurisprudenza costante, secondo cui per integrare il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), è sufficiente il dolo generico. Questo si compone di due elementi:
1. La consapevolezza degli obblighi: il soggetto deve sapere di essere sottoposto alla sorveglianza speciale e conoscere le prescrizioni da rispettare.
2. La volontà di violare le prescrizioni: il soggetto deve coscientemente scegliere di non adempiere a tali obblighi.
La Corte ha specificato che le finalità o le motivazioni che ispirano la condotta del sorvegliato speciale sono del tutto irrilevanti ai fini della configurabilità del reato. Non importa perché una persona decida di non presentarsi alle autorità; l’unica cosa che conta è che sappia di doverlo fare e scelga di non farlo. Riproporre le stesse argomentazioni fattuali già respinte dalla Corte d’Appello, senza affrontare questo principio di diritto, ha reso il ricorso inammissibile.
Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza
L’ordinanza in commento consolida un punto fermo nella giurisprudenza sulla violazione sorveglianza speciale. La decisione della Cassazione chiarisce che non sono ammesse giustificazioni basate su motivazioni personali o su una presunta assenza di una specifica intenzione malevola. La responsabilità penale sorge dalla semplice e consapevole scelta di trasgredire. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della sua colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Per configurare il reato di violazione della sorveglianza speciale è necessario un fine specifico?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che è sufficiente il “dolo generico”. Questo significa che basta la consapevolezza di essere sottoposti alla misura e la volontà di trasgredire agli obblighi imposti, a prescindere dal motivo della violazione.
Le interruzioni della misura di sorveglianza dovute ad altre detenzioni possono giustificare la successiva violazione degli obblighi?
No. Secondo la Corte, se la persona è stata tempestivamente informata della riapplicazione della misura e degli obblighi connessi, eventuali interruzioni passate non giustificano la successiva e volontaria violazione degli stessi.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa solo su argomentazioni di fatto già respinte in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha specificato che il ricorrente deve confrontarsi con i principi di diritto e l’orientamento giuridico consolidato, non limitarsi a riproporre le medesime deduzioni fattuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26966 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26966 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN IDIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Ritenuto l’unico motivo posto da NOME COGNOME a sostegno dell’impugnazione è interamente versato in fatto ed è, comunque, manifestamente infondato.
La sentenza impugnata ha considerato sussistente l’elemento soggettivo necessario ad integrare le contestate violazioni della prescrizione, imposta all’imputato dal provvedimento di applicazione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno, di presentarsi nei giorni e negli orari prestabiliti sul rilie che esse erano, comunque, addebitabili ad una scelta volontaria dell’imputato. COGNOME, infatti, nonostante le ripetute interruzioni a causa di plurim provvedimenti di limitazione della libertà personale era stato sempre tempestivamente informato della riapplicazione della misura, tanto da osservare gli obblighi anche nei giorni immediatamente successivi, salvo ingiustificatamente disattenderli nel periodo indicato nel capo di imputazione.
Il ricorrente continua ad opporre le medesime deduzioni in fatto articolate nell’atto di appello e ritenute analiticamente infondate dalla Corte distrettuale senza realmente confrontarsi con l’orientamento ermeneutico indiscusso secondo cui per integrare il delitto di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglian speciale, a norma dell’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011, è sufficiente il dolo generico e cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di violare le prescrizioni del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale, a nulla rilevando le finalità che abbiano ispirato la condotta del sorvegliato speciale (così, nella vigente disciplina, Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 20.7, Confortino, v. 270262, nonché, in relazione a quella precedente, Sez. 1, n. 3303 del 1988, COGNOME Lauro, Rv. 177860/01).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, in Roma 6 giugno 2024.