Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1530 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1530 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 08/06/1975
avverso la sentenza del 20/09/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
r, udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari, che dichiarava NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 75 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, per avere, quale sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, violato la prescrizione contenuta nella carta precettiva relativa a “non portare indosso telefoni cellulari”, venendo sorpreso con un apparecchio telefonico cellulare, e lo condannava, tenui:o conto dell’aumento per la recidiva e della diminuzione di pena per il rito, alla pena di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione si deduce violazione degli artt. 125, 546 cod. proc. pen. e 75 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Rileva la difesa che il telefono non era stato utilizzato ed era detenuto solo temporaneamente, in quanto appena sottratto alla figlia dall’imputato per evitare contatti tra la stessa e un ragazzo poco affidabile, come dal medesimo riferito in sede di convalida. Osserva, quindi, che nel caso in esame non viene in alcun modo approfondita, date le modalità della detenzione, la volontà di violare la prescrizione imposta, essendo la motivazione della Corte territoriale al riguardo apodittica.
2.2. Col secondo motivo di ricorso viene denunciato vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen., che, invece, riconosciute con giudizio di prevalenza rispetto alla recidiva, avrebbero garantito un congruo adeguamento della pena al fatto concreto.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione si rilevano vizio di motivazione e violazione degli artt. 125, 546 cod. proc. pen. e 131-bis cod. pen.
Lamenta la difesa che la Corte territoriale non ha ravvisato nel caso in esame l’operatività dell’art. 131-bis cod. pen. e non ha scrutinato il motivo di appello articolato al riguardo.
2.4. Col quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 20-bis d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma Cartabia), entrato in vigore il 31 dicembre 2022.
Rileva il difensore che: – detto articolo, nel caso di condanna a pene detentive non superiori a quattro e a tre anni, prevede, rispettivamente, le sanzioni sostitutive della semilibertà e della detenzione domiciliare, e del lavoro di pubblica utilità; – nel caso in esame la pena inflitta rientra in tali limiti; – si tratta di disposizioni più favorevoli entrate in vigore successivamente alla trattazione in Corte d’appello, che attengono all’esecuzione della pena e che, non essendo comunque definito il presente procedimento, impongono l’annullamento della sentenza impugnata, acché, in assenza di norma transitoria ad hoc, il giudice del rinvio possa deliberare sull’eventuale sostituzione della pena detentiva ai sensi del combinato disposto degli artt. 20-bis e 53 e ss. I. 689 del 1981.
Il difensore, pertanto, conclude, alla luce di tali motivi, per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Inammissibile, in quanto manifestamente infondato, reiterativo e non consentito, è il primo motivo di impugnazione.
A fronte, invero, di un iter non manifestamente illogico e scevro da vizi giuridici, come quello della sentenza impugnata che, con riguardo all’elemento soggettivo del reato per cui procede, rileva che «la circostanza che NOME COGNOME avesse intenzionalmente acquisito la detenzione “indosso” dell’apparecchio telefonico cellulare della figlia seppure solo temporaneamente e, tuttavia, nella consapevolezza della vigenza del divieto riveniente dal decreto applicativo della misura di prevenzione – è idonea ad integrare l’elemento soggettivo del reato, a nulla evidentemente rilevando il motivo rappresentato dall’asserita volontà di sottrarre il bene alla disponibilità della figlia a scopo punitivo».
1.2. Inammissibile, in quanto aspecifico e non consentito, è il secondo motivo di ricorso.
Invero, la Corte territoriale, facendo leva sulla pluralità di precedenti penali maturatisi in ristretta sequenza temporale, alcuni di essi per di più
in costanza della misura di prevenzione, la ritiene espressiva di una rilevante pericolosità dell’imputato concretamente incidente sulla valutazione di gravità della condotta in esame e giustificativa sia dell’operatività della contestata ipotesi di recidiva sia, in assenza di obiettive emergenze favorevolmente apprezzabili, del diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Orbene, la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessairiannente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valJtazione ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato.
1.3. Inammissibile è il terzo motivo.
Con l’appello – e neppure successivamente, essendosi l’appellante in sede di conclusioni limitato a riportarsi ai motivi di appello – il ricorrente non risulta avere invocato l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. E, comunque, la doglianza sarebbe assolutamente generica, a fronte di una motivazione che fa leva sulla gravità del fatto e sui vari e ravvicinati precedenti specifici e, quindi, sull’abitualità del comportamento.
1.4. Manifestamente infondato è, infine, l’ultimo motivo di ricorso, in base al disposto dell’art. 95 (disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi), comma 1, d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, che prevede che le norme sulla sostituzione si applicano ai processi di primo grado o di appello pendenti al 31 dicembre 2022 e che per i processi pendenti davanti alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore del suddetto decreto, come nel caso in esame in cui la sentenza di appello è del 20 settembre 2022 e, quindi, precedente rispetto a tale data, la sostituzione può essere chiesta al giudice dell’esecuzione (entro trenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., !a condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende
di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2023.