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Violazione sorveglianza speciale: delitto o no?

Un individuo condannato per la violazione sorveglianza speciale, a causa del mancato rispetto dell’orario di rientro, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che si trattasse di un reato minore (contravvenzione). La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che qualsiasi violazione degli obblighi della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno costituisce un delitto. La sentenza ha inoltre chiarito che le nuove pene sostitutive devono essere richieste al giudice dell’esecuzione dopo la condanna definitiva, non in sede di Cassazione.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: la Cassazione fa chiarezza sulla natura del reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11048 del 2024, ha affrontato un importante caso di violazione sorveglianza speciale, stabilendo principi chiari sulla qualificazione giuridica del reato e sulle modalità di applicazione delle pene sostitutive. La pronuncia chiarisce che la trasgressione a qualsiasi obbligo imposto da questa misura di prevenzione, anche il solo mancato rispetto dell’orario di rientro, integra un delitto e non una semplice contravvenzione. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti: La Violazione del Coprifuoco

Un soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel proprio comune, veniva condannato in primo e secondo grado per aver violato ripetutamente una delle prescrizioni imposte: il divieto di rincasare dopo le ore 21:00. La Corte d’Appello di Bari aveva confermato la condanna a un anno e due mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Contro la sentenza d’appello, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando diversi motivi di impugnazione. I punti centrali del ricorso riguardavano la qualificazione giuridica del fatto e la richiesta di pene alternative al carcere.

La Tesi Difensiva: Delitto o Contravvenzione?

Il ricorrente sosteneva che il fatto dovesse essere riqualificato come contravvenzione, reato meno grave previsto dal primo comma dell’art. 75. Secondo la difesa, l’oggetto della violazione non era l’obbligo di soggiorno in sé, ma la semplice assenza dall’abitazione in orari non consentiti, una condotta che, a suo avviso, rientrava nell’ipotesi più lieve. Da questa riqualificazione sarebbe derivata anche l’estinzione del reato per prescrizione.

La Richiesta di Pene Sostitutive

Un altro motivo di ricorso, introdotto alla luce della recente Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), consisteva nella richiesta di applicazione delle pene sostitutive alla detenzione, come il lavoro di pubblica utilità o la detenzione domiciliare sostitutiva.

La Decisione della Cassazione sulla Violazione Sorveglianza Speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa in materia di misure di prevenzione e chiarisce importanti aspetti procedurali legati alle nuove sanzioni sostitutive.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che la natura delittuosa del reato non dipende dal tipo di trasgressione commessa, ma dalla misura di prevenzione violata. Poiché l’imputato era sottoposto alla ‘sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno’, una misura considerata dal legislatore di particolare intensità, qualsiasi inosservanza delle sue prescrizioni – incluso l’obbligo di rientrare a una data ora – integra il delitto previsto dal secondo comma dell’art. 75. Il legislatore ha inteso attribuire una maggiore valenza criminale alla violazione di questa specifica e più intensa misura. Di conseguenza, il termine di prescrizione non era maturato.

Per quanto riguarda la richiesta di pene sostitutive, i giudici hanno specificato che tale istanza non può essere presentata in sede di legittimità. La disciplina transitoria della Riforma Cartabia prevede che, per le sentenze divenute irrevocabili dopo la sua entrata in vigore, la richiesta di sostituzione della pena detentiva debba essere rivolta al giudice dell’esecuzione. Pertanto, il condannato potrà presentare l’istanza una volta che la sentenza di condanna sarà diventata definitiva.

Infine, la Corte ha ritenuto legittima la negazione delle attenuanti generiche basata sui precedenti penali dell’imputato, anche in assenza di una contestazione formale di recidiva, poiché tali precedenti sono un indice rilevante della ‘capacità a delinquere’ secondo l’art. 133 del codice penale.

Le Conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa sentenza sono significative. In primo luogo, consolida il principio secondo cui la violazione sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno è sempre un delitto, indipendentemente dalla specifica prescrizione violata. Questo comporta pene più severe e termini di prescrizione più lunghi. In secondo luogo, delinea il corretto percorso procedurale per accedere alle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia, indirizzando i condannati al giudice dell’esecuzione e non alla Corte di Cassazione. La pronuncia offre quindi un importante punto di riferimento per la corretta applicazione delle norme sulle misure di prevenzione e sulle sanzioni penali.

Violare l’obbligo di rientrare a casa a un certo orario, imposto dalla sorveglianza speciale, è un reato grave (delitto)?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, qualsiasi violazione delle prescrizioni connesse alla misura della ‘sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno’, inclusa quella relativa all’orario di rientro, costituisce un delitto e non una semplice contravvenzione, data la maggiore intensità della misura di prevenzione violata.

È possibile chiedere l’applicazione delle nuove pene sostitutive (es. lavori di pubblica utilità) direttamente alla Corte di Cassazione?
No. La sentenza chiarisce che, in base alla disciplina transitoria della Riforma Cartabia, la richiesta di sostituzione della pena detentiva deve essere presentata al giudice dell’esecuzione una volta che la sentenza di condanna è diventata definitiva, non durante il giudizio di legittimità davanti alla Cassazione.

I precedenti penali di una persona possono essere usati per negare le attenuanti generiche anche se non è stata contestata la recidiva?
Sì. La Corte ha confermato che il richiamo ai precedenti penali dell’imputato è un criterio legittimo per negare le circostanze attenuanti generiche, in quanto costituisce uno degli indici previsti dall’art. 133 del codice penale per valutare la ‘capacità a delinquere del colpevole’, indipendentemente dalla contestazione formale della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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