Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46816 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46816 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a GELA il 15/12/1958
avverso la sentenza del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo la Corte di appello di Caltanissetta confermava quella con cui il Tribunale di Gela, in data 14 novembre 2023, aveva riconosciuto NOME COGNOME colpevole del delitto di cui all’art. 75 d.lgs. n. 15 del 2011, per avere, nei mesi di marzo e aprile 2021, violato le prescrizio inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno cui era sottoposto, associandosi, in tre occasioni, a sogget pregiudicati.
Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia deducendo vizi della motivazione.
La sentenza impugnata non avrebbe compiutamente accertato se l’imputato stesse effettivamente svolgendo attività lavorativa e se, pertanto, gli incontri i due nipoti fossero – come già dedotto con l’appello – del tutto occasiona difettando il necessario presupposto dell’abitualità di frequentazione.
Inoltre, nonostante i rilievi sviluppati nell’atto di appello, la Corte sar pervenuta al giudizio di penale responsabilità senza verificare, come imposto dalla giurisprudenza di legittimità, l’elemento soggettivo e l’idoneità de condotta a vanificare il controllo da parte delle Forze di polizia, pur in presenz circostanze di fatto che deponevano per l’esistenza di un errore, ingenerato dal stesso contenuto del decreto, ovverosia il convincimento che – a fronte dello svolgimento di un attività lavorativa lecita – egli non dovesse munirsi autorizzazione. La condotta del ricorrente non sarebbe, dunque, da alcuna volontà di ribellione all’obbligo imposto.
Il Sostituto Procuratore generale, intervenuto con requisitoria depositata in data 12 novembre 2024, ha prospettato l’inammissibilità del ricorso.
In data 20 novembre 2024 la difesa ha depositato memoria con cui ha replicato alle conclusioni del Sostitùto Procuratore generale e ribadito le ragi del ricorso, con ampia citazione della giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve, in via preliminare, osservarsi che la requisitoria del Sostitu Procuratore generale è stata presentata il giorno 12 gennaio 2024 e, dunque, quando era già spirato il termine di quindici giorni (da computarsi interi e lib
con esclusione sia del dies a quo, sia del dies ad quem) prima dell’udienza del 27 novembre 2024, posto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
Delle relative argomentazioni e conclusioni, dunque, il Collegio non terrà conto, essendo il rispetto di detto termine funzionale alle esigenze di effettivi adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell’udienza cui le parti n sono ammesse a comparire, potendo trasmettere memorie di replica fino al quinto giorno antecedente (Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, R., Rv. 276414).
Il ricorso, che deduce censure manifestamente infondate, dev’essere dichiarato inammissibile.
Come già chiarito dalla sentenza in verifica, costituisce orientamento ermeneutico indiscusso quello secondo cui il reato di cui all’art. 75 d.lg settembre 2011, n. 159 – nella parte in cui punisce la violazione, da parte d soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, della prescrizione specifica, per legge impostagli, «di non associarsi abitualmente all persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza» – implica una serialità di comportamenti (Sez. 1, n. 43858 del 01/10/2013, COGNOME, Rv. 257806; Sez. 1, n. 46915 del 10/11/2009, COGNOME, Rv. 245687; Sez. 1, n. 6767 del 31/05/1996, COGNOME, Rv. 205177), ovvero una reiterata frequentazione (ancorché non necessariamente coincidente con una relazione interpersonale particolarmente assidua o addirittura costante, con una comunanza di vita e di interessi: Sez. 6, n. 28985 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 262153; Sez. 1, n. 5978 del 13/03/2000, COGNOME, Rv. 216015).
2.1. La nozione della «associazione a pregiudicati», anche a prescindere dal pur prescritto requisito della abitualità, presuppone infatti un’unio un’aggregazione o un collegamento che non posseggano carattere isolato (Sez. 1, n. 36123 del 30/06/2004, COGNOME, Rv. 229838).
L’abitualità, poi, nella presente fattispecie come in quelle consimili previs nella legislazione penale, è caratterizzata dalla ripetizione nel tempo de medesima condotta vietata (Sez. 1, n. 48686 del 29/09/2015, COGNOME, Rv. 265666, in motivazione). Quale reato necessariamente abituale, il reato in scrutinio si perfeziona con il compimento di una sequela minima di episodi, collegati da una matrice unificante, cui si lega la lesione del bene giurid protetto; episodi che compongono un’unica violazione del medesimo precetto (nel resto abituale, dovendosi escludersi l’applicabilità della continuazione, sal il caso in cui la serie reiterativa sia interrotta da una sentenza di conda ovvero intercorra un notevole intervallo temporale tra le diverse manifestazioni: cfr. da ultimo, con riguardo ai maltrattamenti in famiglia, Sez. 6, n. 56961 d
19/10/2017, F., Rv. 272200). Nel solco di tali ineccepibili considerazioni, pronunce di legittimità più recenti (Sez. 1, n. 53403 del 10/10/2017, Iurlaro, Rv 271902; Sez. 1, n. 27049 del 09/05/2017, COGNOME, Rv. 270635) hanno rimarcato come il reato in esame si configuri, dunque, soltanto nel caso d plurimi e stabili contatti e frequentazioni dell’imputato con soggetti pregiudica È stato a ragione osservato che, proprio in ragione della natura abituale d comportamento, il contenuto minimo della violazione non può consistere, come talora in passato sostenuto (Sez. 1, n. 47109 del 26/11/2009, COGNOME, Rv. 245882), nel mero superamento del singolo episodio di frequentazione. Si deve viceversa trattare di un numero significativo di condotte reiterative, capaci essere apprezzate nel loro univoco significato rivelatore dell’abitualità trasgressione.
2.2. Sotto il profilo dell’elemento psicologico, per integrare il delitt violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale è sufficiente il d generico, e cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di violare le prescrizio del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale, nella specie quella di rincasare entro una determinata ora, a nulla rilevando le finali che abbiano ispirato la condotta del sorvegliato speciale (così, nella vigen disciplina, Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 20.7, COGNOME, v. 270262, nonché, in relazione a quella precedente, Sez. 1, n. 3303 del 1988, COGNOME, Rv. 177860/01). Non è, infatti, richiesto che l’agente abbia agito al fine di frusta compromettere le esigenze di controllo sottesa ad ogni singola prescrizione o all’intero provvedimento.
La dimenticanza dell’esistenza dell’obbligo, nel momento in cui questo doveva essere adempiuto, non è incompatibile con l’elemento soggettivo; essa, piuttosto, può tradursi in una ignoranza del precetto penale che rileva nei lim di cui all’art. 5 cod. pen., come vigente a seguito della dichiarazione illegittimità costituzionale pronunciata con sentenza della Corte costituzionale n 364 del 1988 (dr. Sez. 6, n. 58227 del 23/10/2018, COGNOME, Rv. 274814). L’agente, pertanto, potrà invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penal solo se inevitabile.
Ciò premesso in diritto, la sentenza ha fatto buon governo dei suindicati principi e ha in primo luogo chiarito che i contatti dell’imputato con i sogge pregiudicati – lungi dall’essere occasionali – erano invece continui, poiché frequentazione era causata dalla comune attività lavorativa di vendita di prodott
ortofrutticoli GLYPH e GLYPH molluschi, GLYPH gravando sull’imputato l’onere di richiedere un’autorizzazione all’Autorità giudiziaria.
Si tratta di motivazione perfettamente in linea con quanto statuito da Sez. 1 n. 5396 del 01/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280974, secondo cui «Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 75, d.lgs. 6 settembre 2011, n. in relazione all’art. 8, comma 4, del medesimo d.lgs., con riferimento al violazione, da parte del sorvegliato speciale, della prescrizione di non associa abitualmente a persone che abbiano subito condanne o siano sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, è irrilevante il suo rapporto di parentela affinità con tali persone, potendo egli in ogni tempo, qualora ne abbia necessit per motivi leciti, formulare apposita istanza volta ad ottenere di esse autorizzato ad incontrare i familiari, ancorché versino nelle predette situazioni».
La censura secondo cui l’imputato aveva maturato l’errato convincimento che – a fronte dello svolgimento di un’attività lavorativa lecita – non doves munirsi di autorizzazione, è interamente versata in fatto, oltre che confliggen con la tesi sostenuta nell’appello secondo la quale l’errato convincimento vertev sulla qualifica dei soggetti con cui si era associato, ritendo che costoro dovesse rispondere ad entrambi i criteri indicati dalla norma (ovverosia pregiudicati sottoposti a misura di prevenzione).
La Corte di appello ha altresì adeguatamente motivato in punto di acquisita consapevolezza, da parte del sorvegliato speciale, delle condanne in capo ai soggetti abitualmente frequentati, in ragione del rapporto parentale che legava.
Si tratta di motivazione aderente al principio espresso in sede di legittimi secondo cui « In tema di violazione del divieto, imposto al sorvegliato speciale di associarsi abitualmente con persone che abbiano riportato condanne o che siano sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, è necessario accertare in concreto la conoscenza, da parte del soggetto sottoposto alla misura d prevenzione, dei pregiudizi gravanti sulle persone frequentate, desunta da elementi fattuali concludenti, come quelli attinenti al contesto socio-ambiental in cui si collocano i rapporti con il soggetto pregiudicato, o ad altri fa sintomatici della relativa conoscenza, a prescindere dalla circostanza che l sentenze di condanna a carico del terzo frequentato dal proposto siano o meno riportate nel certificato penale spedito a richiesta di privati, la cui conoscen normativamente preclusa a terzi» (Sez. 1, n. 37163 del 19/07/2019, Giordano, Rv. 276945).
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che detta motivazione resiste alle censure reiterative e a-specifiche contenute nel ricorso, con cui non si confronta
Alla declaratoria d’inammissibilità, consegue, ai sensi dell’art. 616 co proc. Pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente