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Violazione sorveglianza speciale: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per violazione sorveglianza speciale, chiarendo che per la sussistenza del reato è sufficiente la consapevolezza di trovarsi fuori dal comune di residenza obbligatoria. La Corte ha inoltre escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di allontanamento di tre ore e ha precisato le corrette modalità procedurali per richiedere il riconoscimento della continuazione in appello.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Quando la Condanna è Inevitabile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36584/2025, offre importanti chiarimenti sulla violazione sorveglianza speciale, un reato che sanziona chi non rispetta le prescrizioni imposte da questa misura di prevenzione. La pronuncia analizza tre aspetti cruciali: l’elemento soggettivo del reato, l’applicabilità della causa di non punibilità per tenuità del fatto e le corrette modalità procedurali per richiedere il riconoscimento della continuazione in appello. Analizziamo nel dettaglio la decisione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato Comune, veniva condannato sia in primo grado che in appello per essersi allontanato dal territorio comunale. In particolare, le forze dell’ordine lo avevano trovato in un Comune limitrofo nel pomeriggio di un giorno di novembre, violando così le prescrizioni della misura di prevenzione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione sull’elemento soggettivo: La difesa sosteneva la mancanza di prova della volontà di violare la misura, asserendo che l’imputato non avesse riconosciuto i Carabinieri in borghese e non avesse quindi tentato di fuggire deliberatamente al loro controllo.
2. Violazione di legge per mancato riconoscimento della tenuità del fatto: Si chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., argomentando che un allontanamento di sole 2 o 3 ore in un comune vicino costituisse una condotta di lieve entità, priva di un pregiudizio significativo per l’interesse protetto dalla norma.
3. Mancato esame della richiesta di continuazione: L’imputato lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente respinto la sua richiesta di unificare la pena di questo reato con altre condanne precedenti, sostenendo falsamente che le sentenze a supporto non fossero state depositate.

L’analisi della Corte sulla violazione sorveglianza speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le argomentazioni della difesa con una motivazione chiara e rigorosa su ogni punto.

L’Elemento Soggettivo: Basta la Consapevolezza

Sul primo motivo, la Cassazione ha stabilito che, ai fini della configurabilità del reato di violazione sorveglianza speciale, è irrilevante che l’imputato abbia o meno riconosciuto le forze dell’ordine. L’elemento soggettivo richiesto (il dolo) consiste unicamente nella coscienza e volontà di trovarsi al di fuori del territorio del comune di soggiorno obbligato. Poiché il ricorrente non ha mai contestato di essere consapevole di trovarsi in un altro Comune, il motivo è stato giudicato inammissibile per mancanza di confronto con la logica della sentenza impugnata.

La Non Applicabilità della Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la valutazione del giudice di merito, secondo cui un allontanamento durato circa tre ore (dalle 15:30 alle 18:30) non costituisse un’offesa di particolare tenuità, non fosse manifestamente illogica. La durata della violazione è stata considerata un indice significativo della consistenza dell’offesa all’interesse tutelato dalla legge. La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice del merito, se quest’ultima non è viziata da palesi errori logici.

Le Regole Processuali per la Richiesta di Continuazione

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il terzo motivo per una ragione puramente processuale. La richiesta di riconoscimento della continuazione era stata presentata in appello tramite una semplice memoria scritta, depositata cinque giorni prima dell’udienza. La Cassazione ha chiarito che questo non è lo strumento corretto. Una simile richiesta, che introduce una nuova questione nel giudizio, deve essere avanzata tramite l’istituto dei “motivi nuovi” (art. 585, comma 4, c.p.p.), da depositare entro il termine di quindici giorni prima dell’udienza. Tale formalità è necessaria per consentire al giudice e alle altre parti di prendere adeguata e tempestiva conoscenza della richiesta. L’utilizzo di uno strumento errato ha reso la richiesta, e di conseguenza il motivo di ricorso, inammissibile.

Le motivazioni della decisione

La decisione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa sia della norma sostanziale che di quella processuale. Dal punto di vista sostanziale, viene ribadito che la violazione sorveglianza speciale è un reato di pericolo che si perfeziona con la sola disobbedienza consapevole alla prescrizione, a prescindere da ulteriori intenti o dal contatto con le forze dell’ordine. La valutazione sulla tenuità del fatto, invece, viene ancorata a elementi oggettivi come la durata della violazione, lasciando al giudice di merito un margine di apprezzamento sindacabile solo per illogicità manifesta.
Sul piano processuale, la sentenza sottolinea l’importanza del rispetto delle forme e dei termini previsti dal codice. L’introduzione di nuove istanze nel giudizio d’appello, come quella sulla continuazione, richiede strumenti specifici (i motivi nuovi) che garantiscano il contraddittorio e un corretto svolgimento del processo, non potendo essere veicolata tramite atti generici come le memorie.

Le conclusioni

Questa pronuncia consolida alcuni principi fondamentali in materia di misure di prevenzione e di diritto processuale penale. In primo luogo, conferma che la difesa nel reato di violazione sorveglianza speciale non può fondarsi sulla mancata percezione di un controllo di polizia, ma deve concentrarsi sulla prova di un’eventuale inconsapevolezza dell’allontanamento. In secondo luogo, evidenzia come la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. sia di difficile accoglimento quando la violazione non è meramente istantanea. Infine, serve da monito sull’importanza cruciale del formalismo processuale: sbagliare lo strumento per presentare un’istanza può renderla inammissibile, precludendone l’esame nel merito.

Per commettere il reato di violazione della sorveglianza speciale è necessario sapere di essere controllato dalle forze dell’ordine?
No. Secondo la sentenza, per la configurazione del reato è sufficiente la consapevolezza di trovarsi in un luogo diverso da quello in cui si ha l’obbligo di soggiorno, essendo irrilevante che l’imputato abbia o meno riconosciuto i Carabinieri.

Un allontanamento di poche ore dal comune di residenza può essere considerato un fatto di particolare tenuità e quindi non punibile?
Non necessariamente. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che hanno escluso la non punibilità, ritenendo che una violazione durata tre ore (dalle 15:30 alle 18:30) costituisca un indice della consistenza dell’offesa e della sua non tenuità.

Come si può chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati nel giudizio di appello?
La richiesta deve essere avanzata tramite “motivi nuovi” ai sensi dell’art. 585, comma 4, c.p.p., da depositare nel termine di quindici giorni prima dell’udienza. La sentenza ha stabilito che una semplice memoria scritta, depositata pochi giorni prima, non è lo strumento processuale idoneo e rende la richiesta inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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