Violazione Sorveglianza Speciale: Anche 5 Minuti di Ritardo Costano Caro
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione, confermando che la violazione sorveglianza speciale si configura anche con un ritardo minimo nel rispettare le prescrizioni. Questo caso dimostra come la giustificazione dell’assenza di un’intenzione specifica di violare la legge non sia sufficiente a escludere la responsabilità penale, essendo richiesto soltanto il dolo generico.
I Fatti del Caso
Un soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, era stato condannato dalla Corte d’Appello per non aver rispettato l’obbligo di rincasare entro le ore 20:00. Il ritardo contestato era di circa cinque minuti. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’assenza di intenzionalità nella sua condotta, un argomento volto a escludere l’elemento soggettivo del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte d’Appello era corretta nel ritenere che un ritardo di pochi minuti, seppur minimo, fosse sufficiente a integrare il reato contestato. La Corte ha sottolineato che tale ritardo era comunque il risultato di una scelta volontaria del ricorrente, che aveva “dilatato” i tempi della sua uscita, assumendosi il rischio di non rientrare puntualmente.
Le Motivazioni: Il Dolo Generico è Sufficiente per la violazione sorveglianza speciale
Il fulcro della decisione risiede nella natura dell’elemento soggettivo richiesto per il reato di violazione sorveglianza speciale, previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: per questo tipo di delitto è sufficiente il dolo generico.
Questo significa che non è necessario dimostrare un fine particolare o una volontà specifica di commettere il reato. È sufficiente che il soggetto:
1. Sia consapevole degli obblighi a cui è sottoposto in qualità di sorvegliato speciale.
2. Ponga in essere volontariamente una condotta contraria a tali obblighi.
Le finalità che hanno ispirato la condotta del sorvegliato sono, a tal fine, del tutto irrilevanti. La Corte ha evidenziato come la scelta consapevole di “calibrare i tempi” in modo tale da rischiare il ritardo costituisce di per sé quella cosciente volontà di violare le prescrizioni che integra il dolo generico. Di conseguenza, il motivo del ricorso, basato sull’assenza di intenzionalità, è stato respinto in quanto non si confrontava con questo principio giuridico consolidato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma la rigidità con cui vengono interpretate le prescrizioni imposte con le misure di prevenzione. Per i soggetti sottoposti a sorveglianza speciale, non esistono margini di tolleranza: anche una minima negligenza o un errore di calcolo nel rispettare gli orari può portare a una condanna penale. La decisione serve da monito: la semplice consapevolezza degli obblighi impone un dovere di diligenza massima, e qualsiasi deviazione volontaria, anche se di lieve entità, è penalmente rilevante. Il ricorso inammissibile ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.
Per configurare il reato di violazione della sorveglianza speciale è richiesto un fine specifico?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza dell’obbligo e la volontà di violarlo, a prescindere dalle finalità della condotta.
Un ritardo di pochi minuti nel rientrare a casa può costituire reato per un sorvegliato speciale?
Sì. Secondo l’ordinanza, anche un ritardo di circa cinque minuti è sufficiente per integrare la violazione, se addebitabile a una scelta volontaria del soggetto, come quella di calibrare con troppa approssimazione i tempi di rientro.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in un caso simile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3579 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3579 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PRAIA A MARE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2019 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Ritenuto l’unico motivo posto da NOME COGNOME IPerrotta a sostegno dell’impugnazione è interamente versato in atto ed è, comunque, manifestamente infondato.
Alla sentenza impugnata che ha considerato sufficiente ad integrare la violazione della prescrizione di rincasare entro le ore 20.00 un ritardo di cira cinque minuti sul rilievo che esso era, comunque, addebitabile alla volontaria scelta di calibrare i tempi dell’uscita dilatandoli, il ricorrente continua ad opporre l’assenza di intenzionalità della condotta senza confrontarsi con l’orientamento ermeneutico indiscusso secondo cui, per integrare il delitto di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, a norma dell’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011, è sufficiente il dolo generico e cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di violare le prescrizioni del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale, a nulla rilevando le finalità che abbiano ispirato la condotta del sorvegliato speciale (così, nella vigente disciplina, Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 20.7, Confortino, v. 270262, nonché, in relazione a quella precedente, Sez. 1, n. 3303 del 1988, COGNOME, Rv. 177860/01).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i10 ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 7 dicembre 2023.