Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2070 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2070 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Messina il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Messina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 09/06/2023 dalla Corte d’Appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla omessa pronuncia sulla sospension condizionale richiesta dalla COGNOME COGNOME, e la declaratoria di inammissibilità d ricorsi nel resto e di irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità della ricorrente;
letta la memoria di replica del difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
Con sentenza del 09/06/2023, la Corte d’Appello di Messina ha parzialmente riformato (riconoscendo il vincolo della continuazione con i reat irrevocabilmente accertati sul medesimo immobile, rideterminando il trattamen sanzionatorio e confermando nel resto) la sentenza emessa dal Tribunale Messina, in data 04/11/2022, con la quale COGNOME NOME NOME COGNOME NOME erano stati condannati alla pena di giustizia in relazione al de violazione di sigilli di cui al capo c). Il Tribunale aveva invece dichiarato non procedere, per intervenuta prescrizione, con riferimento alle ulteriori imput contravvenzionali dì cui ai capi a) e b), relative alla prosecuzione in zona dei lavori accertati successivamente a quelli oggetto della precedente senten condanna della COGNOME COGNOME e del COGNOME, divenuta irrevocabile nel 2019.
Ricorrono per cassazione con unico atto la COGNOME COGNOME ed il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ome declaratoria di estinzione anche del reato di violazione di sigilli. Si ri il contenuto dell’atto di appello, in cui era stata evidenziata l’erroneità sia d della sospensione della prescrizione, sia della individuazione del mom consumatívo del reato, che non poteva essere identificato nella da accertamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori violazioni (02/02/2016), ma nella data (23/10/2 in cui COGNOME NOME – madre e suocera dei ricorrenti, coimputata decedut nelle more del giudizio – aveva ricevuto materiale sanitario, corredato da re documento di trasporto: circostanza ritenuta dalla difesa indicativa del fa la donna, sin da quella data, aveva abitato nell’immobile per cui è cau osserva che, comunque, il dies a quo non poteva essere individuato oltre il 20/03/2015, data in cui il tecnico COGNOME, incaricato dal COGNOME, aveva presentato istanza di sanatoria (egli aveva tra l’altro confermato, in dibatt che la COGNOME abitava in loco sin dal primo suo accesso).
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione per omessa pronuncia su richiesta di sospensione condizionale formulata dalla COGNOME. Si deduce che la pena rideterminata a seguito del riconoscimento della continuazione pot essere oggetto del beneficio, pur se cumulata a quella irrogata con la sen irrevocabile; tuttavia la Corte d’Appello aveva ignorato la specifica ri formulata, al riguardo, in sede di conclusioni.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIOatore AVV_NOTAIO sollec l’annullamento della sentenza limitatamente alla omessa pronuncia sulla richi della COGNOME COGNOME, e la declaratoria di inammissibilità nel resto del rico dell’imputata (per la quale si sollecita anche l’irrevocabilità dell’afferma responsabilità) e di quello del COGNOME.
b GLYPH
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore replica alla requisitoria del P.G., sviluppando il motivo concernente l’estinzione del reato per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che debbano essere integralmente condivise le conclusioni rese dal AVV_NOTAIOatore AVV_NOTAIO nella propria requisitoria.
Il primo motivo di ricorso, comune ad entrambi gli imputati, è manifestamente infondato.
Secondo un consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, richiamato anche dalla Corte territoriale, «il momento consumativo del reato di violazione di sigilli può essere ritenuto coincidente con quello dell’accertamento sulla base di elementi indiziari, di considerazioni logiche, ovvero di fatti notori e massime di esperienza – salvo che venga rigorosamente provata l’esistenza di situazioni particolari o anomale, idonee a confutare la valutazione presuntiva e a rendere almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto» (Sez. F, n. 34281 del 30/07/2013, COGNOME, Rv. 256644 – 01. In senso conforme, cfr. anche Sez. 6, n. 5871 del 06/12/2018, dep. 2019, Rv. 275030 – 01, secondo la quale «il momento consumativo del reato previsto dall’art. 334 cod. pen. può essere ritenuto, anche sulla base di elementi indiziari, coincidente con quello dell’accertamento, salvo che venga rigorosamente provata l’esistenza di situazioni idonee a confutare la valutazione presuntiva e a rendere almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto»).
In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, deve ritenersi immune da censure la valutazione della Corte territoriale, che ha indicato la data di consumazione del reato ascritto in questa sede agli imputati nel 03/02/2016, data in cui gli operanti ebbero a constatare l’avvenuta esecuzione di altri lavori (ulteriori a quelli accertati nel 2014, per i quali era sta emessa sentenza di condanna ormai irrevocabile), consistenti “nella realizzazione della tampognatura esterna, tramezzatura interna, intonaci al fino, realizzazione degli impianti, dei pavimenti, collocazione di infissi interni ed esterni”.
Tale individuazione del dies a quo per il computo del termine prescrizionale è stata contestata dalla difesa ricorrente, che ha riproposto la diversa data del 23/10/2014, relativa alla consegna – comprovata da documenti di trasporto – di traverse sanitarie alla originaria coimputata COGNOME NOME (deceduta nelle more del giudizio), la quale, nella prospettazione difensiva, era l’unica occupante dell’immobile per cui è causa.
Deve osservarsi, al riguardo, che la doglianza presenta connotazioni meramente reiterative rispetto a quanto già esaminato e motivatamente disatteso dalla Corte territoriale (cfr. pag. 6 seg.). Si è in particolare osservato, nell sentenza impugnata, che nessun rilievo decisivo poteva attribuirsi al predetto
materiale, essendo l’indirizzo indicato nel documento di trasporto coincidente con quello di residenza degli imputati (figlia e genero della COGNOME), ed essendo l’immobile per cui è causa sorto a poca distanza da quello abitato dai ricorrenti, in una località pressoché isolata e priva di diversificazione toponomastica ed anagrafica di residenza. Si tratta di un percorso argonnentativo immune da rilievi di contraddittorietà o illogicità manifesta.
Del tutto generico appare poi l’ulteriore rilievo difensivo volto ad individuare la data del commesso reato al 15/03/2015, data di presentazione di un’istanza di sanatoria. Appare invero assorbente il fatto – già evidenziato dal primo giudice (cfr. pag. 7 della sentenza di primo grado) – che dalla presentazione di tale istanza nulla può inferirsi, con l’indispensabile rigore imposto dall’elaborazione giurisprudenziale precedentemente richiamata, in ordine alla effettiva ultimazione degli specifici lavori accertati nel febbraio 2016.
Appare poi superfluo porre in evidenza che, con riferimento alla predetta data di accertamento, il termine massimo prescrizionale di sette anni e sei mesi non era interamente decorso, anche prescindendo dai periodi di sospensione della prescrizione (in relazione ai quali deve peraltro convenirsi con il primo giudice che – cfr. pag. 7, in nota – aveva computato, per il rinvio in periodo di sospensione COVID, l’intero termine di 64 giorni: cfr. sul punto Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432 – 02).
E’ invece fondato il motivo concernente la sola COGNOME COGNOME.
Invero, la rideterminazione della pena operata in appello, previo riconoscimento della continuazione con la condanna irrevocabile già riportata, consente in astratto la concedibilità della sospensione condizionale della pena, sulla quale peraltro la Corte d’Appello non risulta essersi pronunciata, con conseguente necessità di annullare sul punto la sentenza, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Messina.
Le considerazioni fin qui svolte impongono altresì una declaratoria di inammissibilità dei ricorsi nel resto, e di irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità della COGNOME COGNOME; il COGNOME deve infine essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla applicabilità della sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corre di Appello di Messina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME NOME. Visto l’art. 624 cod. proc. pen., dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità della medesima imputata. Dichiara inammissibile il ricorso di
COGNOME NOME che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 20 dicembre 2023