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Violazione più grave: come si calcola la pena?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che unificava due pene per reati di droga, uno definito con patteggiamento e l’altro con rito abbreviato. L’errore del giudice dell’esecuzione è stato usare criteri disomogenei per identificare la violazione più grave. La Suprema Corte ha stabilito che il confronto deve avvenire tra le pene “al netto”, cioè quelle concretamente inflitte dopo le riduzioni per i riti speciali, garantendo un calcolo omogeneo e corretto della pena finale.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Come si Determina la Violazione più Grave tra Patteggiamento e Abbreviato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17175 del 2025, interviene su una questione cruciale in materia di esecuzione penale: come si calcola la pena complessiva quando si riconosce la continuazione tra reati giudicati con riti speciali diversi? In particolare, il caso esaminato chiarisce il criterio per individuare la violazione più grave tra una condanna a seguito di patteggiamento e una derivante da rito abbreviato. La decisione promuove un principio di omogeneità e coerenza, fondamentale per garantire la corretta determinazione della pena in fase esecutiva.

I fatti del caso

Un soggetto chiedeva al giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina del reato continuato a due distinte condanne per spaccio di lieve entità. La prima sentenza era un patteggiamento con una pena finale di un anno di reclusione e 4.000 euro di multa. La seconda, derivante da un rito abbreviato, prevedeva una pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000 euro di multa.

Il giudice dell’esecuzione accoglieva l’istanza, ma nel determinare la pena commetteva un errore. Per individuare la violazione più grave, confrontava la pena base del patteggiamento (calcolata “al lordo” della riduzione per il rito) con la pena finale del rito abbreviato (calcolata “al netto” della riduzione). Sulla base di questo calcolo disomogeneo, individuava nel reato patteggiato la violazione più grave e procedeva a determinare la pena complessiva.

Il criterio per individuare la violazione più grave

Il cuore della questione giuridica risiede nel criterio da adottare per confrontare le pene e stabilire quale sia la violazione più grave. La difesa del ricorrente sosteneva che, una volta individuato il reato base, l’aumento per il reato satellite dovesse partire dalla pena effettivamente patteggiata (“al netto”).

La Corte di Cassazione, tuttavia, rileva un errore a monte, ancora più significativo. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza Giampà), la Corte afferma che il confronto per individuare la violazione più grave deve essere condotto in modo omogeneo. Non è corretto utilizzare due pesi e due misure, confrontando una pena “al lordo” con una pena “al netto”.

Il principio corretto è quello di considerare la “pena più grave inflitta”, ovvero quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione e indicata nel dispositivo della sentenza. Pertanto, il confronto deve avvenire tra le pene finali, già comprensive delle riduzioni previste per i rispettivi riti speciali.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti al Tribunale di Roma per una nuova valutazione. Il giudice dell’esecuzione, applicando criteri di calcolo contraddittori, è pervenuto a una determinazione della pena errata. Se avesse correttamente confrontato le pene “al netto”, avrebbe dovuto individuare la violazione più grave nel reato giudicato con rito abbreviato (un anno e quattro mesi), essendo questa superiore a quella patteggiata (un anno).

Di conseguenza, la nuova determinazione della pena dovrà partire dalla sanzione inflitta con la sentenza di appello e su questa calcolare l’aumento per il reato satellite, definito con patteggiamento.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di coerenza e razionalità del sistema. L’orientamento delle Sezioni Unite ha chiarito che la nozione di “pena più grave inflitta”, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., si riferisce alla pena concretamente applicata, senza poter operare distinzioni artificiose. Le riduzioni di pena per i riti speciali sono benefici processuali che entrano a far parte della determinazione finale della sanzione e non possono essere ignorate in fase esecutiva. L’utilizzo di un criterio misto (lordo per il patteggiamento e netto per l’abbreviato) crea una “irragionevole dicotomia” che vizia il calcolo della pena complessiva.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: nel riconoscere la continuazione tra reati giudicati con riti diversi, il giudice dell’esecuzione deve sempre confrontare le pene finali effettivamente inflitte. Questo garantisce non solo l’omogeneità del calcolo, ma anche il rispetto delle scelte processuali compiute dall’imputato e dei benefici che ne derivano. Il caso torna quindi al Tribunale di Roma, che dovrà ricalcolare la pena partendo dalla base corretta, identificata ora nel reato giudicato con rito abbreviato.

Come si identifica la “violazione più grave” in un reato continuato tra sentenze di patteggiamento e rito abbreviato?
Si identifica confrontando le pene finali concretamente inflitte in ciascuna sentenza, quindi “al netto” delle riduzioni previste per i rispettivi riti speciali. La violazione più grave è quella corrispondente alla pena più alta tra quelle effettivamente irrogate.

Perché il giudice dell’esecuzione ha sbagliato nel calcolare la pena?
Il giudice ha sbagliato perché ha utilizzato un criterio di calcolo disomogeneo e contraddittorio. Ha confrontato la pena del patteggiamento calcolata “al lordo” della riduzione per il rito con la pena del rito abbreviato calcolata “al netto” della sua riduzione, pervenendo a un’errata individuazione della violazione più grave.

Qual è il principio generale stabilito dalla Cassazione per questi casi?
Il principio generale, richiamando le Sezioni Unite, è che ai fini dell’individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, si deve considerare come “pena più grave inflitta” quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione e indicata nel dispositivo della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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