Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35215 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35215 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Bologna il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 10/10/2024 del tribunale di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME, c concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibiltà del ricorso; udite le conclusioni del difensore di parte civile AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso e depositato conclusioni e nota spese; udite le conclusioni del difensore dell’imputato AVV_NOTAIO che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Ancona condannava COGNOME NOME, previa riqualificazione, in ordine al reato di cui al capo b), al combinato disposto dagli artt. 93, 95 del DPR 380/01.
GLYPH Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE NOME mediante il proprio difensore deducendo tre motivi di impugnazione.
Deduce, con il primo, il vizio di violazione di legge e di motivazione. Sostiene che la condotta per cui è intervenuta condanna farebbe riferimento a lavori intervenuti subito dopo la Scia del 7.12.2018, con conseguente prescrizione del reato alla data del 8.12.2023. Vi sarebbe altresì, alla luce di quanto sopra osservato, vizio di motivazione per illogicità e contraddittorietà laddove il termine di decorrenza del reato è stato individuato a decorrere dalla successiva e seconda Scia in varante, del 10.10.2019. Si aggiunge, a supporto, che al momento della seconda Scia i lavori erano già in corso, e trattandosi di un reato istantaneo decorrente dal momento dei lavori andrebbe ribadita l’intervenuta prescrizione del reato. In ogni caso e in subordine, la prescrizione sarebbe maturata comunque prima della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge per difetto di correlazione tra accusa e sentenza atteso che la condanna avrebbe avuto riguardo ad un fatto nuovo.
Con il terzo motivo rappresenta il vizio di violazione di legge in relazione alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile ed il vizio di motivazione a fronte della assenza di connessione diretta dei profili di danno riconosciuti rispetto al reato rinvenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sotto un profilo di priorità logico-giuridica, deve essere esaminato innanzitutto il secondo motivo di impugnazione. Che appare del tutto infondato posto che la contestazione primigenia riguardava non solo l’assenza della previa autorizzazione ex art. 94, e 95 del DPR 380/01, ma anche la assenza, rispetto alle opere realizzate, della “presentazione di idonea documentazione tecnica (elaborato grafico e relazione tecnica esplicativa) attestanti l’insussistenza d pregiudizi per la stabilità dell’immobile”. Tale ultima contestazione appare pienamente riconducibile nell’alveo della fattispecie ex artt. 93 e 95 del DPR 389/01 come ritenuto dal giudice in via di riqualificazione, senza quindi che possa lamentarsi la violazione dedotta. Si rammenta, in proposito, che l’obbligo di correlazione tra accusa e sentenza è violato non da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione
dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato, per cui l nozione strutturale di “fatto” va coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Sez. 1, n. 35574 del 18/06/2013 Rv. 257015 – 01 COGNOME); sul piano poi, del concreto fatto di reato, si è osservato che la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e l’accertamento contenuto in sentenza si verifica solo quando il fatto accertato si trovi, rispetto a quello contestato, rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale tale da recare un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015 (dep. 03/02/2016 ) Rv. 265946 – 01 Addio; Sez. 5, n. 33878 del 03/05/2017 Rv. 271607 – 01 COGNOME), cosicchè non sussiste violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza quando non muta il fatto storico sussunto nell’ambito della contestazione (cfr. sez. 3, n. 5463 del 05/12/2013 (dep. 04/02/2014) Rv. 258975 – 01 COGNOME).
2. Quanto al primo motivo, va ribadito l’indirizzo di legittimità, ormai consolidato, per cui in tema di violazioni della normativa antisismica, la contravvenzione di cui all’art. 95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, laddove abbia ad oggetto l’omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e l’inizio dei lavori senza previa autorizzazione, in violazione degli obblighi sanciti dagli artt 93 e 94 d.P.R. citato, costituisce fattispecie “a consumazione prolungata”, avente natura di reato permanente, la cui consumazione perdura in ragione del protrarsi dell’offesa al bene tutelato della pubblica incolumità e cessa con l’adempimento dei suddetti obblighi di legge, da parte dell’interessato, ovvero con l’ultimazione RAGIONE_SOCIALE opere (Sez. 3 – n. 19871 del 18/03/2025 (dep. 28/05/2025) Rv. 288104 01) In altri termini (cfr. sez. 3 – n. 2210 del 16/12/2021 (dep. 19/01/2022) Rv. 282410 – 01) in tema di legislazione antisismica, le contravvenzioni di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a che il responsabile, rispettivamente, non presenti la relativa denuncia con l’allegato progetto, non termini l’intervento oppure non ottenga la relativa autorizzazione. Nel caso in esame, a fronte di una contestazione sostanzialmente aperta, posto che i fatti sono contestati come successivi alle due Scia del 2018 e del 2019 e in considerazione della circostanza, dedotta in sentenza e non contestata, per cui nel dicembre del 2019 i lavori erano ancora ”
in fase di attuazione ” mentre gli oneri di cui alle norme prima citate ven adempiuti solo il 6 marzo 2020, “a lavori già ultimati”, è erroneo il ca difensivo circa la individuazione del dies a quo di decorrenza della prescri massima quinquennale, la quale alla luce dei dati sopra citati (con la vo ritenersi dunque, in base agli atti disponibili, in corso ancora in prossim primi di marzo 2020) e di un decreto di citazione a giudizio del 25.2.2022 ( pag. 2 della sentenza) non risultava dunque maturata alla data di pubblicazi della sentenza impugnata, del 10.10.2024.
3. Riguardo al terzo motivo, deve premettersi che “ai fini della condan generica al risarcimento dei danni, non è necessaria la prova della conc esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della pot capacità lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causal questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente” – (Conf sent. n. 9266/1994, Rv. 199071) Sez. 6, n. 28216 del 25/09/2020, Rv. 279625 01). Come rappresentato in sentenza, l’effettuazione dei lavori in assenza adempimenti imposti dalla legislazione antisismica come sopra indicati prodotto nei confronti della parte civile un danno, patrimoniale e moral danno è consistito nel timore di pericoli statici ingenerato dalla asse adempimenti in materia antisismica (certamente, almeno prima facie, idonei a tranquillizzare sul tema della statica se realizzati) e parimenti, un danno s stato causato dagli esborsi affrontati in sedi giudiziarie in correlazi condotte e agli inadempimenti accertati. Quel che qui interessa è la relaz causale tra i citati danni e le condotte ascritte.
Si osserva che, secondo quanto affermato da Sez. 4, n. 12175 d 03/11/2016, dep. 2017, Rv. 270384, «ai fini della pronuncia di condan generica … non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussiste danni ed il nesso di causalità tra questi e l’azione dell’autore dell’illecit sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di consegue dannose: la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera declaratoria jur cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esiste danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione (Sez. 6, n. 92 26/04/1994 – dep. 26/08/1994, COGNOME ed altro, Rv. 199071)». Non possono quindi contestarsi come viziate le considerazioni del giudice in proposito censurate, in ordine alla carenza di prova sul legame causale tra il fat conseguenze dannose, perché tal tipo di accertamento sarà oggetto del verifiche da compiersi nella sede propria, che è quella del giudizio civile.
La conclusione non muta pur assumendo in premessa altro orientamento interpretativo per il quale “ai fini della condanna generica al risarcime
danni, non è sufficiente la sussistenza di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, occorrendo la prova, sia pure con modalità sommaria, dell’an debeatur, essendo rinviata al separato giudizio civile soltanto la determinazione quantitativa del danno” (diff. Sez. 6, n. 9266 del 26/04/1994, Rv. 199071) – Sez. 6, n. 16765 del 18/11/2019, dep. 2020, Rv. 279418 -).
Con la sentenza impugnata, infatti, il giudice, come sopra sintetizzato, ha argomentato sulla sussistenza del danno entro i limiti della sufficienza, atteso che il parametro dell’apprezzamento della verifica del danno si attesta sull’ammissibilità di modalità sommarie di accertamento e di valutazioni probabilistiche. Mentre il richiamo difensivo ad intervenute compensazioni RAGIONE_SOCIALE spese attiene a profili diversi non inerenti ai parametri di giudizio considerati e da considerarsi dal giudice nella sede in esame.
4. Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE. Con condanna, inoltre, dell’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge.
P.Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 24/09/2025.