Violazione misura di prevenzione: la Cassazione conferma la condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di violazione misura di prevenzione, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e confermando la sua condanna. Questa decisione sottolinea come le contestazioni puramente fattuali non trovino spazio nel giudizio di legittimità e come la sussistenza del dolo possa essere desunta dal comportamento consapevole dell’agente. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso.
I Fatti del Caso: La Trasgressione del Divieto
Il Tribunale di Fermo aveva condannato un individuo per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011. La pena inflitta era di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione, poi sostituita con lavori di pubblica utilità.
Il reato contestato era la violazione misura di prevenzione. Nello specifico, l’imputato era stato sottoposto a una misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza aggravata. Tra le prescrizioni, vi era il divieto di avvicinarsi a una determinata persona e ai luoghi da essa frequentati, mantenendo una distanza minima di duecento metri. Inoltre, gli era stato vietato di entrare nel territorio di un specifico comune, Porto Sant’Elpidio. Nonostante ciò, l’uomo si era addentrato in tale comune, violando palesemente le restrizioni imposte dall’autorità giudiziaria.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandosi su due principali motivi:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Secondo il ricorrente, la sentenza del Tribunale non aveva adeguatamente motivato la sussistenza del dolo generico, ovvero la consapevolezza e volontà di commettere il reato.
2. Vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: La difesa contestava anche la pena inflitta e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lamentando una violazione degli articoli 132 e 62-bis del codice penale.
La Decisione della Suprema Corte: la violazione misura di prevenzione è confermata
La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, i motivi presentati non erano altro che “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti già accertata dal giudice di merito, attività non consentita in sede di legittimità.
La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3000 euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto la sentenza impugnata immune da vizi logici o giuridici. La motivazione fornita dal Tribunale di Fermo è stata giudicata “esauriente” e “non illogica” sia per quanto riguarda l’affermazione di responsabilità e la sussistenza del dolo, sia per il trattamento sanzionatorio applicato.
I giudici di legittimità hanno evidenziato come il Tribunale avesse correttamente valorizzato un elemento chiave: l’imputato era entrato nel territorio comunale vietato senza alcuna necessità o giustificazione, come ad esempio doversi recare presso la locale stazione dei Carabinieri. Questo comportamento dimostrava in modo inequivocabile la sua volontà di trasgredire le prescrizioni. La violazione era dunque frutto di una scelta consapevole e non di una mera negligenza o errore, integrando pienamente il dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre spunti di riflessione importanti. In primo luogo, ribadisce la netta distinzione tra il giudizio di merito, dove si accertano i fatti, e il giudizio di legittimità, dove la Cassazione valuta solo la corretta applicazione della legge. Chi intende ricorrere in Cassazione deve formulare censure che attengono a vizi di legge e non può sperare in una nuova valutazione delle prove.
In secondo luogo, la decisione chiarisce che la prova del dolo nella violazione misura di prevenzione può essere tratta da elementi fattuali inequivocabili. L’ingresso volontario e ingiustificato in un’area interdetta è di per sé sufficiente a dimostrare la coscienza e volontà di violare il precetto, rendendo difficile per la difesa sostenere l’assenza dell’elemento soggettivo del reato.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi proposti non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per il giudizio di legittimità, come nel caso in cui si limitino a contestare la ricostruzione dei fatti (cosiddette ‘doglianze in punto di fatto’) anziché denunciare violazioni di legge o vizi di motivazione.
Cosa si intende per dolo generico in questo contesto?
Per dolo generico si intende la coscienza e la volontà di compiere l’azione vietata dalla norma, ovvero la consapevolezza di trovarsi in un luogo proibito dalla misura di prevenzione e la volontà di permanervi senza alcuna giustificazione. Non è richiesto un fine specifico ulteriore.
Perché la difesa non ha potuto ottenere una nuova valutazione dei fatti?
La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma solo verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30977 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30977 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SANT’ELPIDIO A MARE il 06/06/1971
avverso la sentenza del 27/11/2024 del TRIBUNALE di FERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, il Tribunale di Fermo ha condannato NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 75, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011, alla pena di anni uno, mesi uno, giorni dieci di reclusione sostituita con lavoro di pubblica utilità.
Considerato che i motivi proposti dalla difesa, avv. NOME COGNOME (vizio di motivazione in punto responsabilità quanto alla sussistenza del dolo generico – primo motivo; vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e al diniego delle circostanze attenuanti generiche, con violazione degli artt. 132 e 62-bis cod. pen. secondo motivo) sono inammissibili perché non consentiti in sede di legittimità in quanto costituiti da mere doglianze in punto di fatto e, comunque, inerenti al trattamento punitivo, benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Ritenuto che, comunque, i motivi sono manifestamente infondati perché denunciano asserito difetto di motivazione non emergente dalla lettura del provvedimento impugnato, dalla quale emerge esauriente giustificazione della condanna, in punto responsabilità e quanto alla sussistenza del dolo (v. p. 2 della sentenza), nonché sul trattamento sanzionatorio adottato (v.p. 3).
Rilevato che il Tribunale valorizza, quanto al primo motivo, che, in violazione della prescrizione imposta, l’imputato si era addentrato nel territorio del comune di Porto Sant’Elpidio, senza alcuna necessità di recarsi alla locale Stazione dei Carabinieri al fine di comunicare il trasferimento all’interno di tale area comunale per intervenuta violazione di una previgente misura di prevenzione; questi, infatti, era stato sottoposto a nuova misura di prevenzione, aggravata rispetto a quella della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi e persone da questa abitualmente frequentati, mantenendosi a distanza di almeno duecento metri, in vigore dal 21 maggio 2021.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura indicata, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno -2025