LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Violazione misura di prevenzione: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione misura di prevenzione. L’imputato aveva trasgredito il divieto di entrare in un determinato comune, imposto da una misura di sorveglianza speciale aggravata. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero mere doglianze sui fatti, non ammissibili in sede di legittimità, e ha confermato la solidità della motivazione della sentenza di condanna riguardo l’intenzionalità della violazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione misura di prevenzione: la Cassazione conferma la condanna

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di violazione misura di prevenzione, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e confermando la sua condanna. Questa decisione sottolinea come le contestazioni puramente fattuali non trovino spazio nel giudizio di legittimità e come la sussistenza del dolo possa essere desunta dal comportamento consapevole dell’agente. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso.

I Fatti del Caso: La Trasgressione del Divieto

Il Tribunale di Fermo aveva condannato un individuo per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011. La pena inflitta era di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione, poi sostituita con lavori di pubblica utilità.

Il reato contestato era la violazione misura di prevenzione. Nello specifico, l’imputato era stato sottoposto a una misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza aggravata. Tra le prescrizioni, vi era il divieto di avvicinarsi a una determinata persona e ai luoghi da essa frequentati, mantenendo una distanza minima di duecento metri. Inoltre, gli era stato vietato di entrare nel territorio di un specifico comune, Porto Sant’Elpidio. Nonostante ciò, l’uomo si era addentrato in tale comune, violando palesemente le restrizioni imposte dall’autorità giudiziaria.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandosi su due principali motivi:

1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Secondo il ricorrente, la sentenza del Tribunale non aveva adeguatamente motivato la sussistenza del dolo generico, ovvero la consapevolezza e volontà di commettere il reato.
2. Vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: La difesa contestava anche la pena inflitta e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lamentando una violazione degli articoli 132 e 62-bis del codice penale.

La Decisione della Suprema Corte: la violazione misura di prevenzione è confermata

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, i motivi presentati non erano altro che “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti già accertata dal giudice di merito, attività non consentita in sede di legittimità.

La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3000 euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto la sentenza impugnata immune da vizi logici o giuridici. La motivazione fornita dal Tribunale di Fermo è stata giudicata “esauriente” e “non illogica” sia per quanto riguarda l’affermazione di responsabilità e la sussistenza del dolo, sia per il trattamento sanzionatorio applicato.

I giudici di legittimità hanno evidenziato come il Tribunale avesse correttamente valorizzato un elemento chiave: l’imputato era entrato nel territorio comunale vietato senza alcuna necessità o giustificazione, come ad esempio doversi recare presso la locale stazione dei Carabinieri. Questo comportamento dimostrava in modo inequivocabile la sua volontà di trasgredire le prescrizioni. La violazione era dunque frutto di una scelta consapevole e non di una mera negligenza o errore, integrando pienamente il dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre spunti di riflessione importanti. In primo luogo, ribadisce la netta distinzione tra il giudizio di merito, dove si accertano i fatti, e il giudizio di legittimità, dove la Cassazione valuta solo la corretta applicazione della legge. Chi intende ricorrere in Cassazione deve formulare censure che attengono a vizi di legge e non può sperare in una nuova valutazione delle prove.

In secondo luogo, la decisione chiarisce che la prova del dolo nella violazione misura di prevenzione può essere tratta da elementi fattuali inequivocabili. L’ingresso volontario e ingiustificato in un’area interdetta è di per sé sufficiente a dimostrare la coscienza e volontà di violare il precetto, rendendo difficile per la difesa sostenere l’assenza dell’elemento soggettivo del reato.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi proposti non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per il giudizio di legittimità, come nel caso in cui si limitino a contestare la ricostruzione dei fatti (cosiddette ‘doglianze in punto di fatto’) anziché denunciare violazioni di legge o vizi di motivazione.

Cosa si intende per dolo generico in questo contesto?
Per dolo generico si intende la coscienza e la volontà di compiere l’azione vietata dalla norma, ovvero la consapevolezza di trovarsi in un luogo proibito dalla misura di prevenzione e la volontà di permanervi senza alcuna giustificazione. Non è richiesto un fine specifico ulteriore.

Perché la difesa non ha potuto ottenere una nuova valutazione dei fatti?
La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma solo verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati