Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2053 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 23/02/2023 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso di NOME sia dichiarato inammissibile e che la sentenza sia annullata senza rinvio nei confronti di COGNOME, per essere il reato estinto per morte dell’imputato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 febbraio 2023, la Corte di appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Palermo del 10 novembre 2021, con cui gli imputati erano stati condannati per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 349, secondo comma, cod. pen., 44, comma 1, lettera b), del d.P.R. n.
AS
380 del 2001, per avere violato i sigilli apposti ad un immobile (NOME nella qualità custode giudiziario), sul quale avevano realizzato numerose opere edilizie abusive.
La Corte territoriale ha dichiarato non doversi procedere in ordine alla contravvenzione urbanistica, perché estinta per intervenuta prescrizione e ha corrispondentemente ridotto la pena per il residuo reato di violazione di sigilli a sei mesi di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si censurano vizi della motivazione e la violazione della disposizione incriminatrice, con riferimento alla penale responsabilità dell’imputato COGNOME, per concorso con la moglie, custode dell’immobile sequestrato. Mancherebbe in atti la prova di un contributo materiale o morale dello stesso, non essendo stato individuato un dato specifico in tal senso se non la circostanza che i coniugi fossero in regime di comunione legale dei beni e comproprietari del terreno oggetto dell’imputazione e che la ricorrente fosse presente al momento dei controlli operati dalla polizia giudiziaria.
2.2. In secondo iuogo, si denuncia la violazione degli artt. 62-bis, 133, 134 cod. pen., oltre che vizi della motivazione in relazione alla mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto all’aggravante contestata, di cui all’art. 349, secondo comma, cod. pen.
La difesa ha depositato certificato di morte di COGNOME NOME in data 10 maggio 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Visto il certificato di morte depositato dalla difesa, la sentenza deve essere annullata senza rinvio nei confronti di COGNOME NOME, per essere il reato estinto per morte dell’imputato.
Il ricorso di NOME è inammissibile, perché basato su mere asserzioni del tutto sganciate da rilievi critici alla motivazione della sentenza impugnata.
Quanto alla responsabilità penale – oggetto della prima doglianza – la stessa è stata correttamente desunta dai giudici di primo e secondo grado, con conforme valutazione, dalla circostanza che l’imputata è proprietaria dell’area e dell’immobile in questione, è custode della stessa, è stata trovata sul luogo in cui i lavori abusivi erano proseguiti nel corso dell’ispezione svolta dalla polizia
giudiziaria; né ha fornito spiegazioni alternative rispetto alla prosecuzione dei lavori stessi.
Quanto, invece, al trattamento sanzionatorio e al bilanciamento delle circostanze – oggetto della seconda doglianza – i giudici di primo e secondo grado, a fronte di una pena molto modesta, hanno correttamente valutato la mancanza di elementi tali da orientare il giudizio nel senso di una prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante di cui all’art. 349, secondo comma, cod. pen. Né la difesa ha, con il ricorso per cassazione, prospettato compiutamente l’esistenza di elementi pretermessi o scorrettamente valutati a tal fine dai giudici di merito.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, perché il reato estinto per morte dell’imputato.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/10/2023