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Violazione di sigilli: quando il ricorso è infondato

Due fratelli, custodi giudiziali della propria azienda di autodemolizioni sottoposta a sequestro, sono stati condannati per violazione di sigilli. La Corte di Cassazione ha dichiarato il loro ricorso inammissibile, confermando che la continuazione di attività commerciali sul bene non rientrava nei lavori di bonifica autorizzati e che la non occasionalità della condotta, unita alla recidiva, impediva il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione di sigilli: la Cassazione chiarisce i limiti del custode giudiziale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sul reato di violazione di sigilli, offrendo importanti chiarimenti sui doveri del custode giudiziale e sui limiti di un’eventuale autorizzazione all’accesso al bene sequestrato. Il caso esaminato riguarda due fratelli, titolari di un’azienda di autodemolizioni, che, nonostante fossero stati nominati custodi del proprio terreno sottoposto a sequestro penale, hanno continuato a svolgere attività illecite, mascherandole dietro un permesso di bonifica.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine nel 2015, quando l’azienda di autodemolizioni dei due fratelli viene sottoposta a sequestro penale. Gli stessi titolari vengono nominati custodi giudiziali del sito. Tre anni dopo l’apposizione dei sigilli, nel 2019, vengono sorpresi mentre svolgono attività di manipolazione e commercio di merce presente all’interno dell’area sequestrata.

La difesa degli imputati si è basata su un’autorizzazione all’accesso ottenuta nel 2016, finalizzata a compiere lavori di bonifica del terreno. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ritenuto i due fratelli colpevoli del reato di violazione di sigilli in concorso (artt. 110 e 349 c.p.), condannandoli a una pena di un anno di reclusione e 200 euro di multa ciascuno. Avverso tale decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione.

L’Analisi della Corte sulla violazione di sigilli

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno sottolineato come il tentativo della difesa di fornire una ricostruzione alternativa dei fatti non sia ammissibile in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza impugnata.

Nel merito, la Corte ha evidenziato due punti cruciali:

1. L’attività non era una bonifica: Gli accertamenti della Polizia Giudiziaria avevano inequivocabilmente dimostrato che i due fratelli non stavano compiendo i lavori di bonifica autorizzati tre anni prima. Al contrario, erano intenti in una vera e propria attività commerciale e di manipolazione dei beni, ignorando completamente il vincolo reale apposto sul sito.
2. Mancato rispetto delle condizioni: L’autorizzazione alla bonifica prevedeva condizioni precise, come lo svolgimento delle operazioni sotto il controllo della P.G. e il conferimento del materiale in discariche autorizzate. Nessuno di questi requisiti è risultato essere stato rispettato o dimostrato dagli imputati.

Le motivazioni del rigetto

La motivazione della Corte si fonda su una logica stringente. I giudici di merito hanno correttamente valorizzato le prove, dalle quali emergeva una condotta del tutto incompatibile con i doveri del custode e con i limiti dell’autorizzazione ricevuta. L’accesso al sito, concesso per un fine specifico (la bonifica), era stato illecitamente trasformato in un’opportunità per proseguire l’attività commerciale.

Inoltre, la Corte ha respinto anche il secondo motivo di ricorso, con cui si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). La decisione si basa sulla constatazione che la condotta degli imputati non era affatto occasionale. Il prosieguo dell’attività non consentita, unito al fatto che entrambi fossero recidivi reiterati, ha costituito un ostacolo insormontabile all’applicazione del beneficio, che presuppone la non abitualità del comportamento illecito.

Conclusioni

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale: il custode giudiziale ha il preciso dovere di preservare il bene sequestrato e di astenersi da qualsiasi attività che possa violare il vincolo imposto dall’autorità. Un’autorizzazione a compiere atti specifici, come una bonifica, non può mai essere interpretata come un via libera per riprendere l’attività commerciale interrotta dal sequestro. La condotta non occasionale e la presenza di precedenti penali specifici, inoltre, precludono la possibilità di invocare la particolare tenuità del fatto, confermando la piena responsabilità penale per la violazione di sigilli.

Cosa costituisce violazione di sigilli da parte di un custode giudiziale?
Costituisce violazione di sigilli qualsiasi attività sul bene sequestrato che esuli dai meri compiti di conservazione o dalle specifiche autorizzazioni ricevute. Nel caso specifico, continuare a manipolare e commercializzare la merce presente nel sito, anziché limitarsi ai lavori di bonifica autorizzati, integra il reato.

Perché l’autorizzazione a entrare nel sito per la bonifica non ha scagionato gli imputati?
L’autorizzazione è stata ritenuta irrilevante perché i lavori di bonifica non risultavano essere mai stati portati a compimento. Inoltre, il permesso prevedeva condizioni specifiche, come il controllo da parte della Polizia Giudiziaria e lo smaltimento autorizzato, che non sono state rispettate. L’attività svolta era palesemente commerciale e non di bonifica.

Per quale motivo è stata negata l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché la condotta degli imputati non era occasionale. La Corte ha sottolineato che il prosieguo di un’attività non consentita e il fatto che entrambi fossero recidivi reiterati sono indici di una condotta illecita non sporadica, incompatibile con i presupposti per l’applicazione di tale beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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