Violazione di sigilli: la Cassazione conferma la condanna e chiarisce sulla prescrizione
Il reato di violazione di sigilli rappresenta una tutela fondamentale per l’autorità delle decisioni giudiziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali su due aspetti centrali di questo illecito: il calcolo dei termini di prescrizione in presenza di sospensioni processuali e gli elementi di prova sufficienti a fondare una condanna. Analizziamo la decisione per comprendere i principi affermati dai giudici.
I Fatti del Caso: L’Uso Indebito di un Immobile Sotto Sequestro
Il caso riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per i delitti di violazione di sigilli e sottrazione di beni sottoposti a sequestro. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza concedendo le attenuanti generiche, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato.
Secondo l’accusa, l’imprenditore aveva continuato a utilizzare, almeno parzialmente, i locali di una società da lui amministrata, nonostante fossero stati sottoposti a sequestro. Gli elementi a sostegno della tesi accusatoria erano molteplici: i locali erano stati trovati puliti e con il materiale di scarto riordinato, l’impianto di illuminazione e una stufetta elettrica erano accesi, e, fatto determinante, sul posto erano presenti due operai intenti a smontare un camion su incarico dello stesso imputato.
Il Ricorso in Cassazione: Prescrizione e Responsabilità
L’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. L’intervenuta prescrizione del reato: Secondo la difesa, il termine massimo di prescrizione sarebbe maturato prima della pronuncia della Cassazione.
2. L’errata valutazione della responsabilità: La difesa contestava la condanna per violazione di sigilli, sostenendo che si trattasse di un’attribuzione di responsabilità oggettiva. Si argomentava che il sequestro penale fosse stato annullato e che il vincolo amministrativo residuo vietasse solo l’esercizio dell’attività commerciale, non l’uso generico dei locali.
Le Motivazioni della Corte sulla Violazione di Sigilli
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Le motivazioni della Corte sono state nette e precise su entrambi i punti sollevati dalla difesa.
In primo luogo, riguardo alla prescrizione, i giudici hanno rigettato l’eccezione. Hanno chiarito che, sebbene il termine ordinario sarebbe scaduto, nel calcolo bisognava tenere conto di un periodo di sospensione di 210 giorni, causato da un rinvio del processo richiesto proprio dalla difesa. Questa sospensione ha spostato in avanti la data di estinzione del reato, rendendo l’eccezione infondata.
In secondo luogo, e con riferimento alla responsabilità per il reato, la Corte ha ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero generiche e non in grado di scalfire la solida motivazione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano correttamente individuato una serie di elementi logici e fattuali che, letti insieme, conducevano inequivocabilmente a ritenere l’imputato responsabile. Tra questi:
* L’interesse esclusivo: Nessun altro, se non l’imputato, avrebbe avuto interesse a mantenere puliti e ordinati i locali.
* L’uso attivo: La presenza di utenze elettriche funzionanti era un chiaro indicatore della ripresa, seppur parziale, dell’attività.
* L’incarico diretto: La presenza di operai che agivano su suo esplicito incarico costituiva la prova più diretta del suo coinvolgimento.
* L’assenza di giustificazioni: L’imputato non aveva mai denunciato accessi abusivi né fornito una versione alternativa plausibile dei fatti.
La Corte ha quindi concluso che non si trattava di responsabilità oggettiva, ma di una colpevolezza provata attraverso una serie di indizi gravi, precisi e concordanti.
Le Conclusioni: Quando un Ricorso Diventa Inammissibile
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La sentenza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso in Cassazione, per essere accolto, deve confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata, evidenziando vizi logici o giuridici concreti, e non limitarsi a riproporre genericamente la propria versione dei fatti.
Come si calcola la prescrizione se il processo viene rinviato su richiesta della difesa?
Il periodo di sospensione del processo, causato da un rinvio richiesto dalla difesa, non viene conteggiato ai fini del calcolo della prescrizione. Di conseguenza, il termine finale per l’estinzione del reato viene posticipato di una durata pari a quella della sospensione.
Quali prove possono dimostrare la colpevolezza per il reato di violazione di sigilli?
La colpevolezza può essere provata non solo con prove dirette, ma anche attraverso un insieme di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Nel caso specifico, elementi come la pulizia dei locali, l’attivazione delle utenze elettriche e la presenza di operai che agivano su incarico dell’imputato sono stati considerati sufficienti a dimostrare la sua responsabilità.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30153 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
P
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 26/9/2023 la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia emessa il 22/11/2021 dal locale Tribunale, concedeva ad NOME COGNOME le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, così rideterminando nella misura del dispositivo la pena inflitta con riguardo ai delitti di cui agli artt. 110, 349, 334 pen.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputato, in primo luogo eccependo l’intervenuta prescrizione dei reati, definitivamente maturata l’11/12/2023. Di seguito, e con riguardo al profilo soggettivo del reato ex art. 349 cod. pen., si contesta la mancata riqualificazione ai sensi degli artt. 335 cod. pen. o 350 cod. pen., riscontrandosi, diversamente, un giudizio di responsabilità a titolo oggettivo. Al riguardo, si precisa che il sequestro penale dei locali e dell’are antistante sarebbe stato annullato il 26/7/2016, permanendo un vincolo amministrativo che avrebbe vietato al ricorrente soltanto l’esercizio dell’attività d autocarrozzeria, non anche l’uso dei capannoni e dell’area antistante.
Considerato che l’eccezione di cui al primo motivo è manifestamente infondata. Premesso che la contestazione è stata correttamente fissata al 30/11/2016, data dell’accertamento delle violazioni, costituendo dunque onere difensivo – non assolto – la prova di un eventuale e precedente tempo di commissione dei reati; tanto premesso, la prescrizione sarebbe maturata al 30/5/2024, ai sensi degli artt. 157-161 cod. pen., dunque successivamente alla pronuncia della sentenza di appello. Inoltre, deve essere considerata la sospensione del termine di prescrizione dal 26/4/2021 al 22/11/2021, pari a 210 giorni, per rinvio richiesto dalla difesa; con conseguente maturazione dello stesso termine soltanto al 26/12/2024.
Considerato, poi, in ordine ai delitti di violazione di sigilli e di sottrazi dei beni sottoposti a sequestro, che la sentenza ha adeguatamente individuato elementi a conferma dell’accusa, evidenzianclo che: a) il 30/11/2016, i locali della società amministrata dal ricorrente erano stati trovati puliti, con materiale d scarto riordinato, quel che nessun soggetto diverso dal COGNOME avrebbe avuto interesse a fare. Lo stesso soggetto, peraltro, non aveva segnalato accessi illegittimi o non autorizzati; b) all’interno del capannone erano stati trovati un stufetta elettrica e l’impianto di illuminazione accesi, elementi indicativi del ripresa – quantomeno parziale – della medesima attività, di cui il ricorrente, come minimo, non poteva che essere a conoscenza; c) tale ultimo elemento ha trovato conferma nel fatto che sul posto erano stati trovati due dipendenti della cooperativa (originariamente coimputati, poi assolti), i quali stavano smontando
un camion proprio su incarico dello stesso imputato; d) quest’ultimo, infine, non aveva offerto alcuna plausibile versione alternativa di quanto riscontrato. Ebbene, l’impugnazione non si confronta con tutti questi argomenti, limitandosi a considerazioni generiche e di fatto che non costituiscono effettiva censura alla solida ed adeguata motivazione resa dalla Corte di appello.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle , spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M-
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
Il Presidente
Il Cqnsigliere estensore
GLYPH