Violazione di sigilli: Inammissibile il ricorso basato su censure di merito
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il caso in esame riguardava una condanna per violazione di sigilli, dove il ricorrente tentava di rimettere in discussione l’accertamento temporale del reato senza tuttavia sollevare vizi di legittimità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Dalla Costruzione Abusiva al Ricorso
La vicenda trae origine da un’opera di sopraelevazione abusiva realizzata al terzo piano di un edificio. Nel gennaio 2013, le autorità apponevano i sigilli sull’area interessata dai lavori illeciti, nominando il futuro ricorrente come custode del bene sequestrato.
Nonostante il sequestro e una successiva sentenza di condanna passata in giudicato che ordinava la demolizione delle opere, un sopralluogo effettuato dalla polizia nel 2017 rivelava una realtà ben diversa. I lavori non solo erano proseguiti, ma erano stati anche ultimati: le unità immobiliari erano state completate in ogni loro parte, arredate e persino abitate. Di conseguenza, il custode veniva condannato per il reato di violazione di sigilli.
La Tesi Difensiva e le Censure di Merito
Nel suo ricorso per cassazione, l’imputato non contestava l’avvenuta prosecuzione dei lavori, ma si concentrava su un unico punto: la presunta incertezza sul tempus commissi delicti. Secondo la difesa, non era stato provato se la violazione fosse avvenuta prima o dopo un provvedimento di dissequestro disposto in un altro procedimento penale nell’ottobre 2015.
Questa argomentazione, tuttavia, non sollevava una questione di violazione di legge, bensì una critica diretta all’accertamento dei fatti compiuto dal giudice di merito. Il ricorrente si limitava a una contestazione generica, senza fornire alcun elemento di prova o deduzione specifica che potesse individuare una data diversa per la realizzazione dei fatti contestati.
Le Motivazioni della Cassazione sulla violazione di sigilli
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come la doglianza formulata esulasse completamente dalle censure deducibili in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione, infatti, è ammesso solo per motivi attinenti alla violazione di legge o a vizi logici della motivazione, non per una nuova valutazione delle prove.
I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi. Egli, pur essendo stato nominato custode, non aveva mai indicato quando i sigilli sarebbero stati effettivamente rimossi, né se il dissequestro fosse stato materialmente eseguito. La Corte ha ribadito che l’onere di contestare specificamente le circostanze di tempo del reato, fornendo elementi a supporto, gravava sul ricorrente. In assenza di ciò, la sua difesa si riduceva a una mera e inammissibile contestazione fattuale della ricostruzione operata dai giudici di merito, i quali avevano logicamente dedotto la prosecuzione dei lavori dalla constatazione dello stato finale dell’immobile, completato e abitato.
Le Conclusioni
La decisione riafferma con forza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti già esaminati nei due gradi di giudizio precedenti. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. In mancanza di tali elementi, come nel caso di specie, l’impugnazione viene dichiarata inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso per violazione di sigilli è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate dal ricorrente riguardavano la ricostruzione dei fatti (il cosiddetto ‘merito’), come la data esatta del reato, e non vizi di legittimità o violazioni di legge, unici motivi per cui è possibile rivolgersi alla Corte di Cassazione.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che non fosse stato provato con certezza se la violazione dei sigilli fosse avvenuta prima o dopo un provvedimento di dissequestro emesso in un altro procedimento, mettendo in dubbio il momento esatto in cui il reato era stato commesso (tempus commissi delicti).
Cosa ha evidenziato la Corte riguardo all’onere della prova?
La Corte ha sottolineato che il ricorrente si è limitato a una contestazione generica senza fornire alcuna prova o deduzione specifica per sostenere la sua tesi. Non ha indicato quando i sigilli sarebbero stati rimossi né se il dissequestro fosse stato effettivamente eseguito, rendendo le sue affermazioni mere congetture non ammissibili in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4366 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PALERMO il 17/03/1950
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
COGNOME NOME ricorre avverso sentenza di condanna per il reato di cui GLYPH comma 2, cod. pen., deducendo, con unico motivo di ricorso, violazione di legge in ordine all’affermazio della responsabilità, non essendo stato provato che la violazione dei sigilli apposti sulle edilizie abusive sia avvenuta antecedentemente o successivamente al provvedimento di dissequestro, disposto nell’ambito di un diverso procedimento penale, in data 15/10/2015.
La doglíanza formulata esula dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità, collocandosi sul piano del merito. Nel caso in disamina, il giudice a quo ha affermato che in d 25/01/2013 sono stati apposti i sigilli sull’area su cui era stata realizzata una sopraelev abusiva al terzo piano di una palazzina, e che in pari data il ricorrente è stato nominato cus Inoltre, il giudice ha evidenziato che, in relazione ai suddetti reati edilizi, i responsa hanno proceduto alla demolizione delle opere abusive ordinata con sentenza passata in giudicato n. 5174/2015 e che il personale di polizia, nel corso di un sopralluogo effettuato nel 2017 verificato che le opere edilizie oggetto di sequestro erano proseguite, essendo state ultima tutte le parti, arredate e abitate. Con riferimento specifico al motivo dedotto in appello, il a quo ha evidenziato che il ricorrente non ha fornito alcun alcuna prova in ordine prosecuzione delle opere (asseritamente avvenuta prima della definizione del giudizio di prim grado e del provvedimento di dissequestro), limitandosi genericamente a contestare il tempus commissi delicti senza fornire alcuna specifica deduzione in ordine alla individuazione alla da di realizzazione dei fatti contestati. Le opere edilizie abusive, sia pur dissequestrate, avr dovuto essere demolite in forza di sentenza di condanna, sono state invece proseguite, tan che le unità immobiliari erano abitate. Né in sede di legittimità il ricorrente indica quando i siano stati effettivamente rimossi e se il dissequestro sia stato effettivamente eseguito.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente