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Violazione di sigilli: quando il ricorso è inammissibile

Un soggetto condannato per violazione di sigilli su un immobile abusivo ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la mancata prova del momento esatto del reato. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, qualificando le doglianze come questioni di merito non valutabili in sede di legittimità, poiché il ricorrente non ha fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi, limitandosi a contestazioni generiche.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione di sigilli: Inammissibile il ricorso basato su censure di merito

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il caso in esame riguardava una condanna per violazione di sigilli, dove il ricorrente tentava di rimettere in discussione l’accertamento temporale del reato senza tuttavia sollevare vizi di legittimità. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Dalla Costruzione Abusiva al Ricorso

La vicenda trae origine da un’opera di sopraelevazione abusiva realizzata al terzo piano di un edificio. Nel gennaio 2013, le autorità apponevano i sigilli sull’area interessata dai lavori illeciti, nominando il futuro ricorrente come custode del bene sequestrato.

Nonostante il sequestro e una successiva sentenza di condanna passata in giudicato che ordinava la demolizione delle opere, un sopralluogo effettuato dalla polizia nel 2017 rivelava una realtà ben diversa. I lavori non solo erano proseguiti, ma erano stati anche ultimati: le unità immobiliari erano state completate in ogni loro parte, arredate e persino abitate. Di conseguenza, il custode veniva condannato per il reato di violazione di sigilli.

La Tesi Difensiva e le Censure di Merito

Nel suo ricorso per cassazione, l’imputato non contestava l’avvenuta prosecuzione dei lavori, ma si concentrava su un unico punto: la presunta incertezza sul tempus commissi delicti. Secondo la difesa, non era stato provato se la violazione fosse avvenuta prima o dopo un provvedimento di dissequestro disposto in un altro procedimento penale nell’ottobre 2015.

Questa argomentazione, tuttavia, non sollevava una questione di violazione di legge, bensì una critica diretta all’accertamento dei fatti compiuto dal giudice di merito. Il ricorrente si limitava a una contestazione generica, senza fornire alcun elemento di prova o deduzione specifica che potesse individuare una data diversa per la realizzazione dei fatti contestati.

Le Motivazioni della Cassazione sulla violazione di sigilli

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come la doglianza formulata esulasse completamente dalle censure deducibili in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione, infatti, è ammesso solo per motivi attinenti alla violazione di legge o a vizi logici della motivazione, non per una nuova valutazione delle prove.

I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non aveva fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi. Egli, pur essendo stato nominato custode, non aveva mai indicato quando i sigilli sarebbero stati effettivamente rimossi, né se il dissequestro fosse stato materialmente eseguito. La Corte ha ribadito che l’onere di contestare specificamente le circostanze di tempo del reato, fornendo elementi a supporto, gravava sul ricorrente. In assenza di ciò, la sua difesa si riduceva a una mera e inammissibile contestazione fattuale della ricostruzione operata dai giudici di merito, i quali avevano logicamente dedotto la prosecuzione dei lavori dalla constatazione dello stato finale dell’immobile, completato e abitato.

Le Conclusioni

La decisione riafferma con forza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti già esaminati nei due gradi di giudizio precedenti. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. In mancanza di tali elementi, come nel caso di specie, l’impugnazione viene dichiarata inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso per violazione di sigilli è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate dal ricorrente riguardavano la ricostruzione dei fatti (il cosiddetto ‘merito’), come la data esatta del reato, e non vizi di legittimità o violazioni di legge, unici motivi per cui è possibile rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che non fosse stato provato con certezza se la violazione dei sigilli fosse avvenuta prima o dopo un provvedimento di dissequestro emesso in un altro procedimento, mettendo in dubbio il momento esatto in cui il reato era stato commesso (tempus commissi delicti).

Cosa ha evidenziato la Corte riguardo all’onere della prova?
La Corte ha sottolineato che il ricorrente si è limitato a una contestazione generica senza fornire alcuna prova o deduzione specifica per sostenere la sua tesi. Non ha indicato quando i sigilli sarebbero stati rimossi né se il dissequestro fosse stato effettivamente eseguito, rendendo le sue affermazioni mere congetture non ammissibili in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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