Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30906 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30906 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Arpino Rosario nato a SANT’NOME COGNOME il 27/10/1963
avverso la sentenza del 21/06/2024 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo. l’annullamento senza rinvio della sentenza. impugnata.
L’avvocato COGNOME Alessandro chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 21/06/2024, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado, con la quale il Tribunale di Cassino ha condannato Arpino Rosario in relazione al reato di cui all’art. 349, comma secondo, cod. pen., per avere, nella qualità di custode delle opere edilizie effettuate su un immobile sottoposto a sequestro in data 17/05/2011, violato i sigilli realizzando nuove opere edilizie, consistite nella collocazione degli infissi della porta di ingresso, nella intonacatura, tinteggiatura e pavimentazione del locale che veniva adibito a scopi commerciali.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione Arpino Rosario, e ne ha chiesto l’annullamento formulando due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo di ricorso l’imputato lamenta violazione di legge e vizio della motivazione, posto che la Corte d’appello non ha tenuto in conto che il provvedimento ablatorio di sequestro probatorio, risalente al 2011, aveva perso efficacia a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione dei reati edilizi contestati, pronunciata in data 27/03/2017. Il ricorrente assume che, pur in assenza di un provvedimento formale di dissequestro, peraltro, disposto per finalità probatorie, e di un provvedimento rimozione dei sigilli, questi abbiano sostanzialmente perso efficacia ope legis, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione, non producendo più effetti sull’immobile su cui erano stati apposti e non sussistendo più l’esigenza di accertamento dei fatti. Pertanto, nelle ipotesi in cui i sigilli vengano privati rilevanza giuridica, essendo venuto meno il provvedimento di sequestro, il privato ha facoltà di rimuoverli senza attendere l’intervento degli organi esecutivi all’uopo delegati (Sez.3, n.44288 del 30/10/2019).
Ne segue che il passaggio in giudicato della sentenza ha determinato la perdita di efficacia ope legis del sequestro probatorio e il conseguente venir meno dei sigilli e che la condotta contestata, posta in essere oltre tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza, non ha arrecato alcuna lesione dell’interesse protetto, da individuarsi nell’esigenza di impedire l’immutatio loci.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione di legge e difetto di motivazione, in relazione alla prova dell’elemento soggettivo del reato in contestazione, posto che egli ha agito nel convincimento del venir meno del · sequestro e della perdita di efficacia dei sigilli e che ha atteso ben tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza prima di riprendere possesso dell’immobile, evidenziandosi l’erroneo convincimento della caducazione del vincolo e della perdita di efficacia dei sigilli. Tuttavia, nell’apparato motivazionale della sentenza impugnata non vi è alcun riferimento ai profili soggettivi del reato, essendosi la Corte limitata a constatare la materiale e oggettiva condotta di prosecuzione delle opere.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l’annullamento senza rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La prima censura è manifestamente infondata. Il ricorrente richiama il precedente giurisprudenziale Sez.3, n.44288 del 30/10/2019, assumendo che la sentenza di declaratoria di prescrizione del reato edilizio abbia comportato
automaticamente la cessazione degli effettivi del sequestro probatorio, pur in assenza di un provvedimento formale di dissequestro e che, conseguentemente, una volta cessato il vincolo cautelare, anche i sigilli apposti sull’immobile abbiano perso rilevanza giuridica.
Tuttavia, deve precisarsi che, in linea di principio, nel caso siano venute meno le esigenze probatorie per effetto della definizione del procedimento con sentenza irrevocabile, qualora il giudice di merito nulla abbia disposto in ordine al bene in sequestro, in particolare non disponendo il sequestro preventivo o conservativo, se la sentenza non è stata impugnata, l’interessato deve rivolgersi al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen., affinchè sia accertata l’illegittima protrazione del vincolo, sia disposta la revoca della misura e la restituzione delle cose sottoposte a sequestro e siano, conseguentemente, rimossi i sigilli.
Tanto premesso, nel caso in esame si precisa che non rileva il precedente giurisprudenziale richiamato dal ricorrente, secondo il quale, in tema di violazione , di sigilli, il dissequestro, determinando la cessazione del vincolo cautelare, priva i sigilli di rilevanza giuridica ed impedisce la configurabilità stessa del reato ove privato li rimuova senza attendere l’intervento degli organi esecutivi all’uopo delegati. Il precedente suddetto concerne infatti il caso in cui era stato notificat un decreto di avvenuto dissequestro del manufatto, e in cui gli imputati avevano ripreso »il’attività edilizia prima della materiale rimozione dei sigill dell’esecuzione del provvedimento di dissequestro (Sez.3, n.44288 del 30/10/2019, Rv. 277181; Sez.3, n. 8668 del 01/03/2007; Sez.6, n. 6342 del 30/05/1994)). Tale precedente ha quindi ribadito un indirizzo non maggioritario e di matrice più sostanziale, secondo cui il delitto di violazione di sigilli non si configura allorché la ripresa dell’attività edilizia sia avvenuta prima della rimozione dei sigilli, ma successivamente alla revoca del sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, atteso che il fine di assicurare la conservazione ed identità della cosa risulta superato dalla nuova statuizione del giudice che ha disposto il dissequestro. Pertanto, il dissequestro, determinando la cessazione del vincolo cautelare, priva i sigilli di rilevanza giuridica ed impedisce la configurabilità stessa del reato ove privato li rimuova senza attendere l’intervento degli organi esecutivi all’uopo delegati, evidenziandosi il venir meno delle esigenze di tutela sottese dalla norma violata, di natura funzionale e non meramente formale.
Tuttavia, nel caso in disamina, l’asserto di base invocato dal ricorrente è erroneo in quanto manca un provvedimento che abbia disposto il dissequestro. Né può affermarsi che il sequestro probatorio abbia perso i suoi effetti ope legis, in quanto nessuna norma prevede la caducazione automatica del vincolo a seguito della pronuncia di sentenza irrevocabile di assoluzione. Dunque, in linea di fatto,
in mancanza di un provvedimento di dissequestro, il vincolo permane e produce i suoi effetti.
In conclusione, la fattispecie in esame ha un ambito applicativo più ristretto e diverso da quello che concerne il precedente giurisprudenziale richiamato dal
ricorrente, che non lambisce la controversa questione, su cui si registra una divergenza di orientamenti, se il delitto di violazione di sigilli si configuri o me
anche quando la ripresa dell’attività edilizia sia avvenuta successivamente alla pronuncia di dissequestro del bene ( cioè quando il sequestro ha cessato gli effetti)
ma prima della rimozione dei sigilli da parte degli organi dell’esecuzione
(Sez. 3, n.
5130 del 22/09/2016, Rv. 2697; Sez.3, n.2241 del 18/10/2016), e che, quindi, concerne una casistica ben diversa, in cui non vi è allineamento
tra efficacia del provvedimento di dissequestro e protrazione degli effetti dei sigill
apposti al momento del sequestro, ma non ancora materialmente rimossi.
2. La seconda doglianza, concernente l’elemento soggettivo del reato, non è
stata dedotta con i motivi di appello, concernenti la perdita di efficacia de sequestro probatorio (motivo 1) e il diniego della causa di non punibilità di cui
all’art. 131 bis cod. pen. Essa è pertanto inammissibile, a norma dell’art. 606 comma, 3 cod. proc. pen.
3.Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così è deciso, 07/02/2025