Violazione di sigilli: l’Errore di Diritto non Esclude il Dolo
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di violazione di sigilli, chiarendo i confini tra la buona fede dell’imputato e la consapevolezza richiesta per la configurazione del reato. La decisione sottolinea un principio fondamentale: l’erronea convinzione di adempiere a un dovere non è sufficiente a scriminare la condotta quando l’agente è pienamente cosciente dell’esistenza di un vincolo giudiziario.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato previsto dall’art. 349, comma 2, del codice penale. L’imputato, nominato custode di un immobile sottoposto a sequestro a causa di un abuso edilizio, aveva proceduto alla demolizione del manufatto. In sua difesa, sosteneva di aver agito nella convinzione di adempiere a un obbligo imposto dall’Ufficio tecnico comunale, finalizzato al ripristino dello stato dei luoghi. La Corte di Appello di Napoli, pur riformando parzialmente la pena, aveva confermato la sua responsabilità penale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una mancata valutazione della sua buona fede.
Il Ricorso per Cassazione e la Violazione di Sigilli
Il ricorrente ha incentrato la sua difesa sull’assenza di dolo, affermando di aver violato i sigilli non con l’intento di eludere il provvedimento giudiziario, ma con quello di conformarsi a un ordine amministrativo. Secondo la sua tesi, la sua azione era mossa dalla volontà di ripristinare la legalità, demolendo l’abuso edilizio.
Tuttavia, il ricorso è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte. I giudici di legittimità hanno osservato che le censure mosse dall’imputato non introducevano nuovi elementi di diritto, ma miravano a una rivalutazione del merito dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha ritenuto l’argomentazione difensiva infondata, confermando quanto già stabilito dai giudici di merito. Innanzitutto, è stato accertato che l’imputato era perfettamente consapevole dell’esistenza del sequestro e del suo ruolo di custode. Era quindi a conoscenza del vincolo apposto sull’immobile e del fine per cui era stato imposto.
L’elemento cruciale della decisione risiede nella distinzione tra errore di fatto ed errore di diritto. L’errore in cui sarebbe caduto il ricorrente non riguardava la percezione della realtà materiale (errore di fatto), ma l’interpretazione delle norme giuridiche (errore di diritto). Egli credeva erroneamente che l’ordine di demolizione comunale prevalesse sul vincolo del sequestro penale.
La Corte ha ribadito che un errore di diritto può scusare la condotta solo in presenza di una “oggettiva ed insuperabile oscurità della norma”, una circostanza del tutto assente nel caso di specie. La disciplina relativa al sequestro e alla violazione di sigilli è chiara e non si presta a interpretazioni ambigue. Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’azione dell’imputato era supportata dal dolo, inteso come coscienza e volontà di manomettere i sigilli, a prescindere dal fine ultimo che egli si proponeva di raggiungere.
Le Conclusioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un principio consolidato: la presenza di un provvedimento di sequestro impone un obbligo di astensione assoluto da qualsiasi intervento sul bene, anche se motivato da intenzioni apparentemente lecite come il ripristino della legalità violata. L’errore sulla gerarchia delle fonti normative o sulla portata dei propri obblighi di custode non costituisce una valida causa di giustificazione, confermando la piena sussistenza del reato di violazione di sigilli.
È possibile violare i sigilli di un immobile sotto sequestro per eseguire un ordine di demolizione comunale?
No. La sentenza chiarisce che l’obbligo di custodire un bene sotto sequestro prevale e impone di astenersi da qualsiasi manomissione, anche se finalizzata a eseguire un ordine amministrativo come la demolizione di un abuso edilizio.
La convinzione di agire in buona fede può escludere il reato di violazione di sigilli?
No, non in questo caso. La Corte ha stabilito che l’errore dell’imputato era un errore di diritto (credere che l’ordine di demolizione avesse la precedenza sul sequestro) e non un errore di fatto. Un errore di diritto non esclude il dolo, a meno che la norma non sia oggettivamente oscura e insuperabile, condizione non riscontrata in questa vicenda.
Cosa ha deciso la Corte di Cassazione riguardo al ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, ha confermato la condanna e ha aggiunto il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30165 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30165 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CARDITO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 22/9/2023 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia emessa il 10/3/2022 dal Tribunale di Napoli Nord, riduceva nei termini del dispositivo la pena irrogata a NOME COGNOME con riguardo al delitto di cui all’art. 349, comma 2, cod. pen.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputato, chiedendo l’annullamento della decisione che non avrebbe valutato la buona fede del soggetto, il quale avrebbe violato il sequestro nella convinzione di adempiere ad un obbligo finalizzato al ripristino dello stato dei luoghi.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché – riproponendo le medesime censure avanzate alla Corte di appello – tende ad ottenere in questa sede una nuova e non consentita lettura delle stesse emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole invero preclusa alla Corte di legittimità. In particolare, la sentenza d appello ha sottolineato che lo COGNOME era di certo consapevole dell’esistenza del sequestro, della nomina a custode e del fine per il quale il vincolo era stato apposto; ancora, ha evidenziato che il supposto errore (di diritto, non di fatto) ne quale il ricorrente sarebbe caduto – violare i sigilli per eseguire la demolizion dell’abuso, come imposto dall’Ufficio tecnico comunale – non potrebbe valere a scriminare la condotta, potendo rilevare, infatti, soltanto in presenza di una oggettiva ed insuperabile oscurità della norma, non dedotta né riscontrata nel caso di specie. In forza di questi elementi, e dunque con argomento non manifestamente illogico e non censurabile, è stato confermato il dolo del delitto di violazione dei sigilli, con conferma della condanna.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
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Il Presidente
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