Violazione di domicilio aggravato: quando il ricorso è troppo generico
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un importante spunto di riflessione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Il caso riguarda una condanna per violazione di domicilio aggravato, confermata in Appello e giunta al vaglio della Suprema Corte. L’esito, tuttavia, è una declaratoria di inammissibilità che sottolinea un principio fondamentale della procedura penale: la necessità di formulare motivi di ricorso specifici e non generici.
I fatti del caso
L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di violazione di domicilio, con l’applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose. Nello specifico, l’azione criminosa era stata caratterizzata dalla rottura di un lucchetto per poter accedere all’interno dell’abitazione. La difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, contestando la ricostruzione dei fatti e la sussistenza dell’aggravante.
L’aggravante nella violazione di domicilio e la decisione della Corte
L’aggravante della violenza sulle cose, in un contesto di violazione di domicilio aggravato, si configura quando l’agente, per introdursi nell’altrui dimora, danneggia o forza un bene materiale, come una porta, una finestra o, come in questo caso, un lucchetto. La Corte d’Appello aveva ritenuto provata tale circostanza basando la propria decisione sulle dichiarazioni della persona offesa, che aveva testimoniato circa la recente rottura del lucchetto, riconducendo tale evento alla consumazione del reato. La motivazione della sentenza di secondo grado appariva quindi logica e ben argomentata, collegando la violenza sulla cosa (la rottura) alla finalità di violare il domicilio.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rilevandone la palese genericità. I giudici di legittimità hanno osservato come l’atto di impugnazione non si confrontasse compiutamente con la motivazione della sentenza d’appello. In altre parole, il ricorrente si era limitato a riproporre le proprie doglianze in modo vago, senza attaccare specificamente il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale per affermare la sua responsabilità in ordine all’aggravante.
Secondo la Cassazione, la sentenza impugnata aveva motivato in modo logico sulla strumentalità della violenza sulla cosa rispetto alla violazione di domicilio. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso dell’imputato, definito a sua volta generico, non era riuscito a confutare efficacemente le argomentazioni dei giudici di merito. La genericità del motivo di ricorso lo rende inidoneo a introdurre un valido tema di discussione davanti alla Corte, che non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso rispetto alla decisione impugnata, ma è necessario individuare con precisione i vizi della sentenza, siano essi violazioni di legge o difetti di motivazione, e argomentare in modo puntuale le proprie ragioni. La mancata critica specifica alla ratio decidendi della sentenza d’appello ha portato, nel caso di specie, a una condanna definitiva per violazione di domicilio aggravato e al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, senza che il merito della questione potesse essere nuovamente discusso.
Per quale reato è stato condannato l’imputato nei gradi di merito?
L’imputato è stato condannato per il reato di violazione di domicilio aggravato dalla violenza sulle cose.
Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile a causa della sua genericità, in quanto non si confrontava in modo specifico e compiuto con le motivazioni logiche della sentenza della Corte d’Appello.
Su quali prove si basava la Corte d’Appello per confermare l’aggravante della violenza sulle cose?
La Corte d’Appello ha basato il suo riconoscimento dell’aggravante sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, la quale ha testimoniato in merito alla recente rottura di un lucchetto, riconducendo tale circostanza alla consumazione del reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19298 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19298 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Caltanissetta ne ha confermato la condanna per il reato di violazione di domicilio aggravato.
Rilevato che il motivo di ricorso è generico nella misura in cui non si confronta compiutamente con la motivazione della sentenza, atteso che, sulla configurabilità dell’aggravante della violenza sulle cose, la Corte ha argomentato in maniera logica il suo riconoscimento sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in merito alla recente rottura del lucchetto ed alla riconducibilità di tale circostanza alla consumazione del reato La sentenza dunque ha motivato sulla strumentalità della violenza sulla cosa rispetto alla violazione di domicilio, rimanendo implicitamente confutato il motivo d’appello proposto dall’imputato, il quale era peraltro a sua volta generico.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
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