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Violazione DASPO: quando è reato di pericolo concreto?

La Corte di Cassazione ha annullato l’assoluzione di un gruppo di soggetti per violazione DASPO, chiarendo che il reato si configura come di pericolo concreto. Per la condanna, non è necessario che avvenga un contatto effettivo con la tifoseria avversaria, ma è sufficiente accertare la concreta possibilità che tale incontro potesse verificarsi, creando un rischio per l’ordine pubblico. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione DASPO: quando è reato di pericolo concreto?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sulla violazione DASPO, specificando la natura del reato e i criteri per la sua configurazione. La decisione ribadisce che, ai fini della condanna, non è necessario che si verifichi un contatto fisico con la tifoseria avversaria, essendo sufficiente la creazione di un rischio concreto per l’ordine pubblico.

I Fatti del Caso: Divieto di Accesso e Assoluzione Iniziale

Il caso trae origine dal ricorso del Pubblico Ministero avverso una sentenza di assoluzione emessa dal GIP del Tribunale di Torino. Un gruppo di individui, tutti destinatari di un DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive), era stato accusato di aver violato tale divieto. Il giudice di primo grado li aveva assolti ritenendo che, sebbene si trovassero in prossimità dello stadio, non si era verificato alcun contatto effettivo con i tifosi della squadra avversaria.

Secondo il GIP, la mancanza di un incontro fisico escludeva la sussistenza del reato. La Procura ha impugnato questa decisione, sostenendo una errata interpretazione della norma.

La Questione Giuridica sulla Violazione DASPO

Il cuore della questione legale ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 6 della Legge 401/1989. Il Pubblico Ministero ha sostenuto che il giudice di merito avesse confuso il concetto di “pericolo concreto” con l'”evento dannoso”. Il reato di violazione DASPO, infatti, è un reato di pericolo, finalizzato a prevenire situazioni di rischio per la sicurezza pubblica.

L’errore, secondo l’accusa, era stato quello di richiedere la prova di un incontro avvenuto (l’evento), anziché valutare se la presenza degli imputati in un’area specifica – un noto punto di ritrovo della tifoseria locale, a circa 500 metri dal settore ospiti – costituisse di per sé una situazione di pericolo concreto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le argomentazioni del Pubblico Ministero, ritenendo fondato il ricorso per quanto riguarda la violazione del DASPO.

La Natura di Reato di Pericolo Concreto

I giudici hanno chiarito che la ratio della norma è quella di “evitare contatti umani pericolosi per la sicurezza e l’ordine pubblico”. Il legislatore ha disegnato un reato di pericolo concreto, non presunto. Ciò significa che il giudice deve accertare, attraverso l’esame della situazione effettiva, se la condotta dell’imputato abbia creato un rischio reale.

La Corte ha specificato che il giudice di primo grado ha sbagliato nel basare la sua decisione esclusivamente sulla “mancata realizzazione di un tale incontro”. Questo approccio confonde il “pericolo concreto, da accertarsi” con “l’evento del suo verificarsi”. La valutazione corretta avrebbe dovuto considerare il luogo, le vie di passaggio e sosta dei tifosi, e la potenziale possibilità di contatto, a prescindere dal fatto che questo si sia poi effettivamente realizzato. La presenza in un’area nevralgica per i flussi delle tifoserie può, di per sé, integrare il pericolo richiesto dalla norma.

L’Inammissibilità del Ricorso per un’Altra Accusa

La Corte ha invece dichiarato inammissibile il ricorso del PM relativo a un’ulteriore accusa contestata a uno solo degli imputati (ex art. 6 bis L. 401/89). In questo caso, il ricorso è stato giudicato generico e non autosufficiente, poiché criticava la valutazione del giudice sul riconoscimento dell’imputato senza allegare gli atti specifici (come verbali o fotogrammi) che avrebbero potuto smentire la motivazione della sentenza impugnata.

Le Conclusioni della Suprema Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione per tutti gli imputati in relazione alla violazione DASPO (art. 6 L. 401/89). Il caso è stato rinviato al GIP del Tribunale di Torino, in diversa persona fisica, per un nuovo giudizio che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: per configurare il reato, è sufficiente accertare la sussistenza di un pericolo concreto di contatto tra il soggetto sottoposto a DASPO e gli altri spettatori, senza che sia necessario il verificarsi effettivo dell’incontro.

Perché si configura il reato di violazione del DASPO anche senza contatto con altri tifosi?
Perché il reato previsto dall’art. 6 della L. 401/89 è un “reato di pericolo concreto”. La legge non punisce l’evento-scontro, ma la creazione di una situazione che rende concretamente possibile e probabile un incontro pericoloso per l’ordine pubblico. La presenza del soggetto con DASPO in luoghi strategici per il transito delle tifoserie è sufficiente a integrare tale pericolo.

Qual è la differenza tra pericolo concreto e pericolo presunto?
Nel pericolo presunto, la pericolosità della condotta è stabilita a priori dalla legge e non necessita di accertamento da parte del giudice. Nel pericolo concreto, come nel caso del DASPO, il giudice deve verificare caso per caso, sulla base di elementi fattuali (luogo, orario, circostanze), se la condotta ha effettivamente creato un rischio reale e tangibile per il bene protetto (l’ordine pubblico).

Cosa significa che un ricorso per cassazione deve essere “autosufficiente”?
Significa che il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari (trascrizione di atti, documenti, motivazioni specifiche) per permettere alla Corte di Cassazione di decidere sulla sua fondatezza senza dover ricercare autonomamente altri atti del processo. Se il ricorso critica la valutazione di una prova, deve riportare integralmente quella prova per dimostrare l’errore del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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