Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30820 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30820 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il 20/06/1987
avverso la sentenza del 20/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME Leopoldo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 20 novembre 2024, con la quale la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del 28 novembre 2023, con la quale il Tribunale di Roma lo ha condannato alla pena di anni 1, mesi 7, giorni 10 di reclusione, ed euro 15.500,00 di multa per il reato continuato di cui all’art. 6, legge n. 401 del 1989, perché, sottoposto a Daspo, con obbligo di presentazione, non ottemperava a tale obbligo in diverse occasioni, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso;
che, con un primo motivo di doglianza, si lamentano la violazione di legge e il vizio d motivazione, per avere il giudice del merito omesso di applicare l’art. 131-bis, cod. pen., avendo ritenuto ostativa la reiterazione della condotta, ripetuta per ben 12 volte in circa tre mesi, se tuttavia aver tenuto conto che il delitto si riferisce a un periodo di tempo circoscritto, di mesi, rispetto all’intero arco temporale della vigenza del Daspo, ovvero 5 anni, comunque successivamente rispettato dal ricorrente, con ciò omettendo di valorizzare la condotta susseguente al reato, alla quale invece la disposizione codicistica attribuisce espressamente rilevanza;
che, con un secondo motivo, si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione, per avere il giudice del merito confermato l’applicazione della pena inflitta in primo grado e negat l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, avendo stigmatizzato la giustificazione dell propria condotta da parte dell’imputato, senza aver tenuto conto che si trattava di semplice esercizio del diritto di difesa;
che la difesa ha depositato memoria, con cui ribadisce quanto già dedotto.
Considerato che entrambi i motivi non risultano consentiti dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivi dei profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corre argomenti giuridici di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base dell sentenza impugnata;
che la mancata applicazione della causa di non punibilità, da un lato, e la fissazione de trattamento sanzionatorio, dall’altro, risultano riconducibili alla medesima motivazione, ovver alla valutazione di gravità della condotta del ricorrente, correttamente condotta dal giudi d’appello, il quale ha tenuto conto – oltre che della mancanza di elementi positivi di giudizi del comportamento temerario del ricorrente, che asseriva di non aver violato il Daspo per il solo fatto di non essere stato sorpreso allo stadio, e non invece per non essersi presentato presso gli uffici di polizia – sebbene gli obblighi di presentazione fossero stati fissati presso altro uffi venire incontro alle esigenze dell’imputato – , che questi non aveva comunicato in alcun modo alcun impedimento all’autorità, che aveva addotto come giustificazione per violazione dell’obbligo di comparizione il fatto di aver visitato i parenti della moglie, e che, unitamen tali circostanze, doveva tenersi conto della reiterazione della condotta, ripetuta ben 12 volte circa tre mesi e del fatto che questi aveva fornito implausibili giustificazioni, con ciò dimostra di non avere minimamente compreso il disvalore dei suoi atti.
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato
Tenuto conto che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricor
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratori dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle
spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2025.