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Violazione Daspo: la reiterazione esclude la tenuità

La Corte di Cassazione ha stabilito che la ripetuta violazione dell’obbligo di presentazione legato al Daspo, anche se concentrata in un breve lasso di tempo, dimostra una gravità tale da escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il comportamento dell’imputato e le giustificazioni implausibili fornite sono state determinanti per confermare la condanna, evidenziando una totale incomprensione del disvalore della propria condotta.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Daspo: Quando la Reiterazione Osta alla Particolare Tenuità del Fatto

La violazione Daspo rappresenta un tema di grande attualità nel diritto penale sportivo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 30820/2025) offre spunti cruciali su come la reiterazione della condotta influenzi la valutazione della sua gravità, escludendo l’applicazione di istituti di favore come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: la condanna per la violazione degli obblighi

Il caso riguarda un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione del Daspo, che includeva l’obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia in occasione di incontri sportivi. L’imputato non ottemperava a tale obbligo per ben 12 volte nell’arco di circa tre mesi, commettendo il reato previsto dall’art. 6 della legge n. 401 del 1989 in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Per queste omissioni, veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Roma che in secondo grado dalla Corte d’Appello alla pena di 1 anno, 7 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre a una multa di 15.500,00 euro. L’imputato decideva quindi di ricorrere per cassazione.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa presentava due principali motivi di doglianza:
1. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non riconoscere la particolare tenuità del fatto. La difesa evidenziava che le 12 violazioni si erano concentrate in soli tre mesi, a fronte di una durata complessiva del Daspo di cinque anni, periodo nel quale l’imputato si era poi attenuto alle prescrizioni.
2. Errata valutazione per la pena e le attenuanti generiche: Si lamentava che la Corte d’Appello avesse negato le attenuanti generiche e confermato la pena basandosi su una valutazione errata delle giustificazioni fornite dall’imputato, le quali, secondo la difesa, rientravano nel legittimo esercizio del diritto di difesa.

Le motivazioni della Corte sulla violazione Daspo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi proposti una mera riproposizione di censure già correttamente respinte nei gradi di merito. La Suprema Corte ha confermato la logicità e la correttezza giuridica della motivazione della Corte d’Appello, che aveva valutato la gravità complessiva della condotta del ricorrente.

Gravità della condotta e comportamento dell’imputato

I giudici hanno sottolineato diversi elementi chiave per escludere sia la tenuità del fatto sia la concessione delle attenuanti:
Reiterazione della condotta: Le 12 violazioni in un arco temporale ristretto non sono state viste come un fattore di minor gravità, ma al contrario come un indice di una persistente e consapevole volontà di sottrarsi all’obbligo imposto.
Comportamento temerario: L’imputato aveva asserito di non aver violato il Daspo semplicemente perché non era stato sorpreso allo stadio, dimostrando di non aver compreso la natura dell’obbligo di presentazione, che è autonomo rispetto al divieto di accesso agli impianti sportivi.
Giustificazioni implausibili: La giustificazione addotta per le assenze (visite ai parenti della moglie) è stata giudicata implausibile e, soprattutto, mai comunicata preventivamente alle autorità competenti. Questo comportamento è stato interpretato come un segnale della totale assenza di comprensione del disvalore dei propri atti.

La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha correttamente collegato tutti questi elementi per fondare un giudizio di gravità della condotta, che giustifica pienamente sia la sanzione inflitta sia la decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nella valutazione della gravità di un reato, non conta solo il danno materiale, ma anche e soprattutto l’atteggiamento del reo nei confronti del precetto violato. La ripetuta violazione Daspo, accompagnata da giustificazioni pretestuose e da una palese incomprensione dei propri doveri, delinea una personalità non meritevole di trattamenti sanzionatori di favore. La decisione sottolinea che l’obbligo di presentazione è una componente essenziale della misura di prevenzione e la sua violazione sistematica non può essere derubricata a fatto di lieve entità, indipendentemente dalla durata complessiva del Daspo.

La violazione ripetuta dell’obbligo di presentazione del Daspo può essere considerata di lieve entità?
No. Secondo la Corte, la reiterazione della condotta (in questo caso, 12 volte in tre mesi) è un elemento che dimostra una significativa gravità e impedisce di qualificare il fatto come di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.

Giustificare le assenze con motivi personali, come una visita ai parenti, è sufficiente a evitare la condanna per violazione Daspo?
No. La Corte ha ritenuto tali giustificazioni ‘implausibili’ e, soprattutto, non preventivamente comunicate all’autorità. Questo comportamento, unito alla manifesta incomprensione della gravità dei propri atti, ha contribuito a confermare la condanna.

Il fatto che le violazioni siano avvenute in un periodo di tempo limitato rispetto alla durata totale del Daspo ha qualche rilevanza?
Nel caso specifico, la Corte non ha attribuito rilevanza a questa circostanza. Al contrario, ha focalizzato l’attenzione sulla frequenza delle violazioni in quel breve arco temporale come indice della gravità della condotta e della noncuranza dell’imputato verso l’obbligo imposto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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