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Violazione DASPO: Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per la violazione del DASPO. L’imputato, già sottoposto a un provvedimento restrittivo, aveva omesso di presentarsi in caserma durante diverse partite della sua squadra di calcio. La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, confermando la valutazione dei giudici di merito basata sulle prove testimoniali e respingendo le contestazioni sulla pena e sull’applicazione delle misure. La condanna a 1 anno, 2 mesi e 15 giorni di reclusione e 13.700 euro di multa è diventata definitiva, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione DASPO: la Cassazione chiude il caso con una condanna definitiva

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della violazione DASPO, confermando la condanna di un soggetto che aveva ripetutamente ignorato l’obbligo di firma durante le partite della sua squadra di calcio. Questa decisione sottolinea il rigore della legge nei confronti di chi non rispetta le misure preventive volte a garantire la sicurezza negli stadi e ribadisce i limiti del ricorso in Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti.

I fatti del processo

Il caso riguarda un individuo, già destinatario di un provvedimento di DASPO emesso dal Questore nel 2017, accusato di aver omesso di presentarsi presso la stazione dei Carabinieri in occasione di una pluralità di incontri di calcio della sua squadra, un club di rilievo nazionale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello lo avevano ritenuto colpevole del reato previsto dalla legge sulle manifestazioni sportive (L. 401/1989), rideterminando la pena in 1 anno, 2 mesi e 15 giorni di reclusione e 13.700 euro di multa. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, articolando tre motivi di doglianza.

Analisi dei motivi di ricorso e la violazione DASPO

Il ricorrente ha contestato la sua colpevolezza, la correttezza nell’applicazione di un’ulteriore misura restrittiva e l’eccessività della pena. La Corte di Cassazione ha analizzato e respinto ogni motivo, dichiarando il ricorso manifestamente infondato.

La conferma della colpevolezza

Il primo motivo mirava a una nuova valutazione delle prove, in particolare delle deposizioni dei testimoni della Polizia Giudiziaria. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente ricostruito i fatti, provando che l’imputato, consapevole degli incontri sportivi (adeguatamente pubblicizzati), avesse deliberatamente violato l’obbligo di presentazione.

La pena e i precedenti specifici

Anche il terzo motivo, relativo all’eccessività della sanzione, è stato respinto. La Corte ha osservato che la pena base era stata fissata al minimo edittale, con un lieve scostamento solo per la parte pecuniaria. Gli aumenti per la continuazione (per ogni partita saltata) sono stati considerati contenuti. La decisione dei giudici di merito di non concedere ulteriori attenuanti è stata giustificata dalla presenza di ben 6 precedenti specifici a carico dell’imputato, un fattore che dimostra una particolare inclinazione a delinquere in questo ambito.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi sulla manifesta infondatezza di tutti i motivi presentati. In primo luogo, la richiesta di rivalutare le prove testimoniali è stata considerata un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio di merito, precluso in sede di legittimità. La motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata logica e coerente, fondata su elementi probatori solidi. In secondo luogo, la doglianza sull’immediata esecutività del divieto di accesso ai luoghi delle manifestazioni sportive è stata respinta, poiché la legge stessa (art. 6, comma 7, L. 401/1989) prevede che tale statuizione sia immediatamente esecutiva. Infine, la pena è stata ritenuta proporzionata, poiché applicata partendo dai minimi di legge e giustificata, nella sua severità complessiva, dai numerosi precedenti specifici dell’imputato, che deponevano contro una ulteriore mitigazione.

le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio consolidato: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato nei gradi precedenti, a meno di vizi logici evidenti nella motivazione. La decisione ribadisce la gravità della violazione DASPO, un reato che viene sanzionato con rigore, specialmente in presenza di recidiva. La presenza di precedenti specifici è un elemento determinante nella commisurazione della pena e può precludere l’accesso a benefici o a un trattamento sanzionatorio più mite. Per il ricorrente, la declaratoria di inammissibilità comporta non solo la condanna definitiva ma anche l’onere di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Quando un ricorso in Cassazione per violazione DASPO viene considerato inammissibile?
Un ricorso viene considerato inammissibile quando è manifestamente infondato, ovvero quando si limita a contestare la valutazione dei fatti e delle prove già compiuta dai giudici di merito, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella sentenza impugnata.

I precedenti penali specifici influenzano la pena per la violazione del DASPO?
Sì, i precedenti specifici hanno un peso rilevante. Nel caso esaminato, la presenza di sei precedenti per reati analoghi ha giustificato il rigetto delle richieste di ulteriore mitigazione della pena e ha confermato la correttezza del trattamento sanzionatorio applicato.

Il divieto di accesso agli stadi disposto da un giudice è immediatamente esecutivo?
Sì, la legge n. 401 del 1989 stabilisce che il capo della sentenza, anche non definitiva, che dispone il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive è immediatamente esecutivo, in coerenza con la finalità preventiva della misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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