Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14530 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14530 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Laterza il 27/10/1978
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 03/12/2024, il Tribunale di Lecce rigettava l’appello che era stato proposto, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 11/11/2024 del G.i.p. del Tribunale di Lecce con la quale la misura cautelare degli arresti domiciliari, con il cosiddetto braccialetto elettronico, che era stata disposta nei confronti del COGNOME – in quanto gravemente indiziato dei delitti di promozione e organizzazione di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di usura e di estorsione, nonché di tali delitti-fine – era stata sostituita con la misura della custodia carcere (così ripristinando il regime cautelare che era stato originariamente disposto nei confronti del Sangiorgio).
2. Avverso tale ordinanza del 03/12/2024 del Tribunale di Lecce, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME affidato a un unico motivo con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) , cod. proc. pen., la violazione e/o l’erronea interpretazione dell’art. 276 dello stesso codice e la mancanza, contraddittorietà e/o illogicità della motivazione.
Il COGNOME lamenta anzitutto che il Tribunale di Lecce avrebbe reso una motivazione, integrativa di quella dell’impugnata ordinanza del 11/11/2024 del G.i.p. del Tribunale di Lecce, «contraddittoria con il tenore» di tale ordinanza, atteso che, mentre da questa risultava che era stata emessa ai sensi dell’art. 276 cod. proc. pen., il Tribunale del riesame ne aveva integrato la motivazione richiamando la norma processuale di cui all’art. 299, comma 4, cod. proc. pen.
Dopo avere premesso che il Tribunale di Lecce aveva comunque implicitamente richiamato il disposto dell’art. 276 cod. proc. pen., il ricorrente deduce che lo stesso Tribunale avrebbe fatto «un’errata applicazione di tale disposizione, in quanto, nel caso in esame, non ricorrono i relativi presupposti».
Il COGNOME contesta in primo luogo che il Tribunale di Lecce, dopo avere correttamente dato atto di come i provvedimenti di autorizzazione ad allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliari per recarsi dal dentista non contenessero alcuna indicazione circa particolari prescrizioni o divieti ai quali egli si sarebbe dovut attenere, in modo contraddittorio con tale corretta premessa, e anche illogico, aveva poi ritenuto che tale mancanza di specificazione delle modalità di fruizione dei permessi si potesse «colmare» (così il ricorso) sulla scorta del tenore delle richieste di autorizzazione a recarsi presso lo studio dentistico.
In secondo luogo, quanto alla valutazione delle violazioni delle prescrizioni, il ricorrente denuncia la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione per avere il Tribunale di Lecce ritenuto che il fatto che le soste intermedie che egli aveva fatto lungo il tragitto dal luogo degli arresti domiciliari allo studio dentistico e vicever presso bar, fruttivendoli e macellerie erano state «effettuate ripetutamente nell’arco della medesima giornata (es. una volta lungo il percorso di andata e una volta lungo il percorso di ritorno)» «esclude il soddisfacimento di esigenze primarie». Il COGNOME deduce che proprio il fatto che egli si era «fermato pochissimi minuti presso i suddetti esercizi commerciali» e che lo avesse talvolta fatto «ripetutamente nell’arco della medesima giornata» proverebbe «l’esatto contrario di quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame», cioè che si era trattato di soste «per motivi contingenti (come fermarsi per pochissimo tempo presso un bar per poter bere dell’acqua)», ovvero proprio per «il soddisfacimento di esigenze primarie», atteso che la «la duplice sosta L.] è stata effettuata per ordinare i beni di prima necessità prima di recarsi presso il suddetto studio medico e,
successivamente, per ritirarli , al solo scopo di ridurre al massimo i tempi di attesa relativi agli ordini ed ai pagamenti di detti beni di prima necessità».
Quanto alla valorizzazione, da parte del Tribunale di Lecce, del post che era apparso sul profilo Instagram del figlio NOME nel quale figurava una fotografia di padre e figlio con la scritta: «I leoni torneranno a governare e le scimmie torneranno a mangiare le banane. Ricordatelo sempre», il Sangiorgio deduce che: a) non vi era alcuna prova che, come affermato dal Tribunale di Lecce, tale post esprimesse «un pensiero condiviso tra i due» (padre e figlio); b) tenuto conto che il figlio NOME è un ragazzo di 16 anni ed è incensurato, sarebbe illogico reputare, come ha fatto il Tribunale di Lecce, che la frase citata rappresentasse «la magnificazione del potere dei COGNOME e un monito per i relativi nemici»; c) la stessa frase era stata pubblicata il giorno del mese di giugno 2024 in cui egli aveva ottenuto gli arresti dorniciliari, con la conseguenza che sarebbe «evidente la sua irrilevanza ai fini dell’aggravamento della misura, atteso che la frase risale ad epoca ben precedente alle presunte violazioni», le quali sono state contestate a partire dal 16/09/2024.
Quanto, infine, alla valorizzazione, da parte del Tribunale di Lecce, delle aggressioni che erano state compiute ai danni di NOME COGNOME cioè uno dei principali collaboratori di giustizia con riferimento alle accuse mosse al COGNOME, il ricorrente deduce che: a) tali aggressioni non hanno «nulla a che vedere con le ritenute violazioni delle prescrizioni delle autorizzazioni» che egli avrebbe commesso il 16/09/2024, il 07/10/2024, il 14/10/2024, il 21/10/2024 e il 28/10/2024; b) la prima aggressione ai danni del COGNOME, «a dire dello stesso P.M., sarebbe stata commessa da parte di tre persone rimante ignote e, pertanto, non è in alcun modo riconducibile all’odierno ricorrente» e «per le stesse ragioni non è in alcun modo ricollegabile al Sangiorgio la successiva aggressione che avrebbe subito il COGNOME».
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo è manifestamente infondato.
Si deve anzitutto escludere che il Tribunale di Lecce, nell’integrare la motivazione dell’ordinanza del 11/11/2024 del G.i.p. del Tribunale di Lecce, sia entrato in contraddizione con il tenore di quest’ultima, atteso che il Tribunale del riesame: da un lato, ha mostrato di essere consapevole di come il suddetto provvedimento del 11/11/2024 fosse stato «motivato in ragione delle reiterate violazioni alle prescrizioni sottese alla misura cautelare in corso, da parte del prevenuto», e, quindi, sulla base dell’art. 276 cod. proc. pen.; dall’altro lato, h sviluppato la propria motivazione argomentando come «le violazioni alle prescrizioni sussistano» e, quindi, sul presupposto che la sostituzione della misura
fosse stata operata dal G.i.p. del Tribunale di Lecce, appunto, sulla base dello stesso art. 276 cod. proc. pen.
In secondo luogo, non si può reputare né contraddittorio né illogico ritenere, come ha fatto il Tribunale di Lecce, che «sono le stesse istanze di autorizzazione, presentate dall’appellante, a circoscrivere il contenuto dell’autorizzazione» a recarsi presso lo studio medico dentistico.
Infatti, poiché col disporre «V° si autorizza» il G.i.p. del Tribunale di Lecce aveva autorizzato il COGNOME a fare solo quanto lo stesso COGNOME aveva richiesto di essere autorizzato a fare – cioè allontanarsi dal proprio domicilio «per raggiungere lo studio medico , per il tempo strettamente necessario a sottoporsi alle cure mediche concordate e farvi ritorno» – e non altro, non risulta affatto contraddittorio né illogico ritenere che la stessa autorizzazione si dovesse ritenere concessa con la suddetta prescrizione per cui l’allontanamento dal domicilio era consentito esclusivamente «per raggiungere lo studio medico , per il tempo strettamente necessario a sottoporsi alle cure mediche concordate e farvi ritorno».
Quanto alle violazioni delle prescrizioni e alla loro valutazione, si deve rammentare che il comma 1 dell’art. 276 cod. proc. pen. rimette al potere discrezionale del giudice la sostituzione della misura cautelare in atto con un’altra più grave, quale che sia la prescrizione trasgredita, «tenuto conto dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione».
Escluso il carattere sanzionatorio di tale previsione, se ne è individuata la ratio nel principio di adeguatezza, di cui tale norma costituisce attuazione, diretta a regolare le conseguenze dell’inosservanza delle prescrizioni imposte con la misura cautelare al fine di adattarla alla mutata situazione che consegue a trasgressioni che, per le loro caratteristiche oggettive e soggettive, siano tali da fare ritenere la misura in atto non più sufficiente a fronteggiare le esigenze cautelari (Sez. 6, n. 58435 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 275040-01).
Tanto premesso, si deve ritenere che il Tribunale di Lecce abbia adeguatamente esercitato la discrezionalità a esso spettante, fornendo una congrua giustificazione della propria decisione, e che, a fronte di ciò, il ricorrente finisca col richiedere una rivalutazione dell’entità e dei motivi delle accertate violazioni alle prescrizioni che gli erano state imposte con i provvedimenti autorizzativi, il che non è possibile fare in questa sede.
Con riguardo a tali violazioni, si deve anzitutto osservare che, come è stato correttamente rilevato dal Tribunale di Lecce, i provvedimenti del G.i.p. autorizzavano il Sangiorgio esclusivamente a «raggiungere lo studio medico», il che escludeva la possibilità di effettuare delle soste intermedie lungo il tragitto per recarsi presso tale studio e per fare poi ritorno a casa.
In secondo luogo, con riguardo alla valutazione dell’entità, dei motivi e delle circostanze di tali violazioni, il ricorrente ha anzitutto trascurato di confrontar compiutamente con le circostanze, che sono state riportate e in parte specificamente sottolineate dal Tribunale di Lecce, che egli: a) in un caso (il 16/09/2024), era entrato in un negozio di articoli sportivi; b) in un altro caso ( 14/10/2024), si era intrattenuto a colloquiare con NOME COGNOME, che aveva incrociato alla guida della sua autovettura; c) in alcuni casi (in particolare, 21/10/2024), era entrato negli esercizi commerciali nonostante ciò avrebbe potuto essere fatto dal figlio, che lo aveva invece atteso in macchina (sicché il Tribunale di Lecce ha non illogicamente ritenuto che la sosta fosse in realtà finalizzata ad avere dei colloqui, ancorché brevi, con persone del paese); d) in un altro caso (sempre il 21/10/2024), si era addirittura recato presso la piazza centrale del paese (sicché il Tribunale di Lecce ha del tutto logicamente ritenuto che la sosta fosse esclusivamente finalizzata a incontrare e salutare amici e conoscenti); e) infine, il 28/10/2024, si era fermato sull’uscio della macelleria, interloquendo con soggetti che si trovavano all’interno di tale esercizio commerciale.
A fronte di violazioni delle prescrizioni che risultavano pertanto evidentemente dirette a incontrare le persone del paese e a colloquiare con esse, il Tribunale di Lecce ha ritenuto, in modo che non è né contraddittorio né illogico, che, tenuto conto della personalità del COGNOME – che negli ambienti criminali era stato battezzato come “o re” di Laterza le stesse violazioni fossero finalizzate a mostrarsi in giro per tale paese al fine di riaffermare il suo potere e di dimostrare come egli fosse in grado di prevalere anche sui controlli dello Stato, aggirandosi per Laterza «secondo il registro del “capo clan” che tutto muove e controlla».
Si tratta, come si diceva, di una valutazione dei motivi delle violazioni compiute dal Sangiorgio che appare priva di contraddizioni e di illogicità, tanto meno manifeste, e rispetto alla quale non si può reputare illogica neppure la valorizzazione, da parte del Tribunale di Lecce, del già ricordato post sul profilo Instagram del figlio del COGNOME, in quanto effettivamente logicamente espressivo dell’affermazione del ristabilimento del “dominio” sulla comunità di Laterza – a seguito della concessione degli arresti domiciliari e, poi, addirittura, con l’aggirarsi del Sangiorgio per il paese -, di cui sia il post sia tale aggirarsi erano logicamente ritenuti manifestazione.
Né appare, infine, manifestamente illogica, l’evidenziazione, in un consimile contesto, delle duplici aggressioni che, ancorché compiute da ignoti, avevano avuto per obiettivo – e la prima di esse con i caratteri di una spedizione punitiva -, proprio un soggetto che era uno dei principali collaboratori di giustizia con riferimento alle accuse mosse al Sangiorgio.
Si deve quindi ritenere che il Tribunale di Lecce abbia correttamente valutato che l’entità, i motivi e le circostanze delle accertate violazioni che erano state
commesse dal COGNOME fossero tali da necessitare il disposto inasprimento del presidio cautelare nei confronti dello stesso COGNOME.
4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc.
pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento
della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 07/03/2025.