Violazione Arresti Domiciliari: Anche una Breve Passeggiata è Reato
La violazione degli arresti domiciliari è un tema delicato che spesso solleva interrogativi sui limiti della misura cautelare. Quando si può dire che una persona abbia effettivamente trasgredito agli obblighi imposti dal giudice? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14772/2024) fa chiarezza, stabilendo che anche una semplice e breve passeggiata fuori casa, senza una valida giustificazione, è sufficiente per integrare il reato. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari che aveva presentato ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. L’imputato era stato condannato per essersi allontanato in più occasioni dalla propria abitazione. La sua linea difensiva si basava sul fatto che questi allontanamenti consistevano in brevi passeggiate lungo la via adiacente alla sua residenza e che, pertanto, non si era mai sottratto completamente ai controlli delle forze dell’ordine. A suo avviso, tale condotta non avrebbe dovuto essere considerata penalmente rilevante allo stesso modo di una fuga vera e propria.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente non fossero altro che la riproposizione di deduzioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha sottolineato come l’appello non si confrontasse adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, un requisito fondamentale per l’ammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni sulla Violazione degli Arresti Domiciliari
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione rigorosa della misura degli arresti domiciliari. La Corte ha chiarito che il reato si configura con il semplice atto di uscire dall’abitazione senza autorizzazione. Non hanno alcuna rilevanza, in assenza di concreti elementi giustificativi, né le motivazioni personali né la circostanza che il soggetto non si sia del tutto sottratto ai controlli. Passeggiare nella via limitrofa, anche per pochi minuti, costituisce un allontanamento dal luogo di detenzione e, di conseguenza, una piena violazione degli arresti domiciliari. La sentenza impugnata aveva già dato conto dei plurimi episodi di allontanamento, e il tentativo del ricorrente di minimizzarli è stato giudicato infondato.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la misura degli arresti domiciliari impone un obbligo di permanenza assoluta all’interno del luogo indicato, e qualsiasi allontanamento non autorizzato è penalmente sanzionabile. La decisione serve da monito: non esistono “violazioni minori”. Il semplice fatto di varcare la soglia di casa senza un giustificato motivo espone al rischio di una condanna. Inoltre, la declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato per l’imputato non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un ricorso palesemente infondato.
È considerata violazione degli arresti domiciliari una breve passeggiata nella via adiacente alla propria abitazione?
Sì, secondo l’ordinanza, qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo di detenzione domiciliare, incluse brevi passeggiate nelle vicinanze, integra il reato di violazione degli arresti domiciliari se non supportato da concreti elementi giustificativi.
Il fatto di non essersi completamente sottratto ai controlli della polizia può essere una valida giustificazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la circostanza che il ricorrente non si fosse del tutto sottratto ai controlli è irrilevante ai fini della configurazione del reato. Ciò che conta è l’allontanamento non autorizzato dall’abitazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione in un caso come questo?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione della colpa nell’aver proposto un ricorso infondato, al pagamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14772 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14772 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è volto a riproporre deduzioni che non si misurano con la motivazione della sentenza impugnata, in cui è stato dato conto dei plurimi episodi nei quali il ricorrente è uscito dall’abitazione, seppur in alcuni casi passeggiando lungo la via limitrofa, ciò che vale ad integrare il contestato reato, non essendo rilevanti i motivi e la circostanza che il ricorrente almeno in alcune occasioni non si fosse del tutto sottratto ai controlli, ciò in assenza di concreti elementi giustificativi della condotta;
Ritenuto in conclusione che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 gennaio 2024
Il Consigliere estensore