Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43190 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43190 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Sesto San Giovanni il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/5/2024 del Tribunale di Milano
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso o di rigettarlo
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 maggio 2024 il Tribunale di Milano, adito ex art. 310 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva aggravato la misura degli arresti domiciliari applicata a NOME COGNOME, sostituendola con la custodia in carcere.
Il Tribunale ha ritenuto che la misura degli arresti domiciliari fosse divenuta inidonea a contenere il pericolo di reiterazione del reato, stante la gravità delle trasgressioni, poste in essere dall’indagato.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che gli incontri tra il ricorrente e NOME COGNOME non fossero stati occasionali e per avere trascurato sia che non è noto il contenuto dei colloqui intercorsi tra i due, sia che il ricorrente è incensurato e si era consegnato all’autorità giudiziaria italiana, una volta venuto a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico, nel cui ambito il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto idonei gli arresti domiciliari, pur a fronte della richiesta del Pubblico ministero di applicazione della misura della custodia in carcere. Peraltro, prima dell’incontro del 20 febbraio 2024, nel corso dell’interrogatorio, il ricorrente aveva rilasciato dichiarazioni accusatorie anche nei confronti di NOME COGNOME, oltre che autoaccusatorie e di chiamata in correità di terzi su circostanze non conosciute dagli inquirenti. Non vi sarebbe alcuna prova che i due soggetti, incontratisi casualmente e per breve tempo, avessero inteso discutere su un’eventuale ripresa dell’attività illecita di spaccio di sostanze stupefacenti internazionali; anzi tutte le circostanze evidenziate e, in particolar modo, le dichiarazioni accusatorie, rilasciate in sede di interrogatorio, avrebbero smentito la volontà di una ripresa dei rapporti tra COGNOME e COGNOME. Peraltro, il ricorrente si sarebbe allontanato dalla Spagna e, quindi, sradicato dall’ambiente criminale in cui aveva operato. Anche laddove si volessero qualificare i due incontri in questione come violazioni delle prescrizioni, si tratterebbe di un fatto di lieve entità, non idoneo a smentire le precedenti valutazioni di idoneità della misura degli arresti domiciliari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova ripercorrere le vicende più salienti della fattispecie in esame, al fine della sua migliore comprensione.
Il 30 ottobre 2023, in relazione al delitto di partecipazione a un’associazione dedita al narcotraffico e a più reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari, tenuto conto della sua incensuratezza e del positivo
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comportamento, estrinsecatosi nella costituzione spontanea e nella confessione resa.
Il 13 dicembre 2023, su istanza della difesa, il Giudice per le indagini preliminari aveva autorizzato l’indagato a recarsi tutti i lunedì e giovedì dalle 9,30 alle 11,30 presso il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, per colloqui e controlli.
Con provvedimento del 15 febbraio 2024 l’indagato – ad integrazione e modifica dell’ordinanza cautelare emessa il 30 ottobre 2023 – era stato autorizzato a partecipare a una serie di incontri, organizzati dall’anzidetto RAGIONE_SOCIALE ogni lunedì, a partire dal 19 febbraio 2024, e ad allontanarsi dalla propria abitazione un’ora prima degli appuntamenti.
Con successivi provvedimenti l’indagato aveva ricevuto altre autorizzazioni ad uscire dalla propria abitazione.
Era risultato che il 22 febbraio 2024 NOME COGNOME e NOME COGNOME erano arrivati insieme al RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, avendo anche viaggiato con lo stesso convoglio della metropolitana, sul quale prima era salito COGNOME e, a una stazione successiva, COGNOME. I due si erano intrattenuti in una conversazione di almeno 12 minuti all’esterno del RAGIONE_SOCIALE, prima di farvi ingresso.
Il 26 febbraio 2024 COGNOME aveva raggiunto il RAGIONE_SOCIALE con la metropolitana insieme con la sua compagna. Una volta arrivato, pur essendo in ritardo, si era trattenuto all’esterno, invece di accedervi, in attesa di COGNOME che lo aveva raggiunto con un taxi condotto da un altro coindagato. All’uscita dal RAGIONE_SOCIALE si erano intrattenuti a parlare e avevano poi effettuato insieme il viaggio di ritorno fino ad una fermata, in cui COGNOME era sceso.
3. A fronte di tali circostanze, il Tribunale, dopo avere preso atto di una certa confusività dei diversi provvedimenti autorizzatori, emessi dal Giudice per le indagini preliminari, che non consentiva di accreditare l’ipotesi della consapevole “evasione” del ricorrente dal luogo di detenzione in determinate giornate, ha considerato che, ad ogni modo, l’indagato aveva il divieto, impartito originariamente, di comunicare con persone diverse dai familiari conviventi nonché con pregiudicati e coindagati ma, ciononostante, si era trattenuto a parlare con NOME COGNOME, indiziato di essere compartecipe del sodalizio e concorrente nelle transazioni di stupefacente focalizzate nei capi 2, 4, 6, 9, 11, 12, 14 dell’imputazione provvisoria (riportati nelle pagine 1-7 del provvedimento impugnato).
Il Collegio della cautela ha poi rilevato che, se è vero che le autorizzazioni concesse ai due indagati avevano favorito il loro incontro il 22 febbraio 2024, è altresì indubitabile che di ciò essi avevano approfittato per intrattenersi in un colloquio, che era vietato sulla base dell’originaria misura applicata.
Del pari, il 26 febbraio 2024 il ricorrente, una volta raggiunto il RAGIONE_SOCIALE con la compagna alle 9.50, invece di accedervi subito e di contenere il ritardo per l’incontro fissato alle 9.30, si era intrattenuto all’esterno fino all’arrivo d NOME. L’attesa del coindagato all’esterno evidenziava la volontà di incontro, confermata anche dal fatto che, terminati i rispettivi appuntamenti ed usciti dai locali del RAGIONE_SOCIALE, i due avevano lasciato in disparte la compagna di COGNOME, rimasta in attesa, e si erano appartati in un breve colloquio a due volontariamente riservato. Ricongiuntisi con la donna, tutti e tre, conversando, avevano raggiunto la stazione della metropolitana per intraprendere insieme il viaggio di rientro alle rispettive destinazioni, sul medesimo treno, in costante compagnia.
Secondo il Tribunale, le occasioni di incontro, pur favorite dai provvedimenti di autorizzazione concessi, erano state non solo strumentalizzate ma anche ricercate e coltivate proprio per riattivare, in violazione degli scopi della misura cautelare applicata, il rapporto con COGNOME, il quale, dal 2018 sino ad epoca recente, era stato il principale interlocutore dell’appellante nel vasto traffico internazionale di droga, condotto tra Spagna e Italia. Il ruolo organizzativo che COGNOME aveva avuto nel traffico e l’analoga posizione di COGNOME evidenziavano la preoccupazione – in termini cautelari connessi al pericolo di recidiva – che i colloqui e gli incontri, tra loro vietati e ben evitabili con minimo di attenzione, laddove vi fosse stata la volontà degli interessati, fossero stati occasione per favorire la reiterazione dei reati.
Il Tribunale ha aggiunto che le violazioni non potevano dirsi modeste e soprattutto rivelavano l’assoluta disinvoltura con la quale l’indagato aveva violato le prescrizioni degli arresti domiciliari, non appena se ne era presentata l’occasione, avendo solo poco prima ottenuto l’autorizzazione a frequentare il RAGIONE_SOCIALE.
4. Siffatte argomentazioni sono esenti da vizi, rilevabili in questa sede.
Deve ribadirsi che, in tema di violazione degli arresti domiciliari, la locuzione “fatto di lieve entità”, contenuto nell’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen., allude a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari del caso concreto (così Sez. 5, n. 3175 dell’8/11/2018, dep. 2019, Leonardi, Rv. 275260 – 01; Sez. 4 n. 13348 del 9/2/2018, COGNOME, Rv. 272943 – 01).
Nel caso in esame, il Collegio della cautela ha valutato la gravità e le circostanze delle violazioni e ha formulato un’adeguata e logica motivazione,
come tale non sindacabile, in ordine alla non riconducibilità della condotta addebitata al ricorrente nell’ambito del fatto di “lieve entità”.
Di contro, il ricorrente non si è adeguatamente confrontato con la motivazione del provvedimento impugnato, posto che, nella sostanza, ha contestato in maniera assertiva il ragionamento articolato dal Collegio della cautela, senza però evidenziare profili di effettiva illogicità, e ha sollecitat questa Corte a compiere una non consentita rivalutazione degli elementi emersi.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178 – 01).
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24 settembre 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presicéryte