Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13643 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13643 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria a firma del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 maggio 2022, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma aveva applicato a NOME la misura cautelare della custodia cautelare in carcere, per il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (artt. 61, n. 11-quinquies, 583quinquies, 585 e 416-bis.1 cod. pen.).
Con sentenza del 31 maggio 2023, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato il COGNOME in ordine al reato a lui ascritto.
Con ordinanza del 12 giugno 2023, Giudice per l’udienza preliminare aveva sostituito la misura in atto con quella degli arresti domiciliari, prescrivend all’imputato di non comunicare con persone diverse dai conviventi.
Con ordinanza del 19 giugno 2023, il giudice procedente, ai sensi dell’ad. 276 cod. proc. pen., aveva aggravato la misura, sostituendola con quella della custodia cautelare in carcere, in quanto il COGNOME, come comunicato dalla polizia giudiziaria, aveva violato le prescrizioni a lui imposte, essendo stato sorpreso il 12 giugno 2023, alle ore 22,50, nell’abitazione nella quale era ristretto, insieme ad almeno altre quattro persone con lui non conviventi, con le quali stava facendo una festa con musica ad alto volume e fuochi d’artificio.
Avverso tale ordinanza, il COGNOME aveva proposto appello, deducendo che, non vedendosi in ipotesi di aggravamento automatico, l’applicazione della misura di massimo rigore sarebbe risultata giustificata solo in presenza di violazioni gravi delle prescrizioni, laddove, invece, nel caso di specie, si era trattat di un episodio di trascurabile importanza, riducibile a una mera “leggerezza”: volere festeggiare il rientro a casa dal carcere. L’aggravamento, inoltre, non si presentava giustificato, in considerazione della condotta processuale dell’imputato, che aveva ammesso gli addebiti e cercato una transazione con la vittima.
La difesa, in data 3 agosto 2023, aveva depositato una memoria, con la quale, da un lato, aveva contestato la configurabilità del reato e dell’aggravante di cui all’ad. 416-bis.1 cod. pen. e, dall’altro, aveva sostenuto che, in realtà, non vi era stata da parte dell’imputato alcuna violazione del divieto di comunicare con terzi, posto che egli si era limitato a subire la festa a sorpresa che gli era stata organizzata da amici e parenti.
Con ordinanza del 31 agosto 2023, il Tribunale di Roma – Sezione Riesame ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME e ha confermato l’ordinanza del 19 giugno 2023.
Avverso l’ordinanza del Tribunale, il NOME ha proposto, con due separati atti, ricorso per cassazione.
Il ricorso datato 7 settembre 2023 si compone di un unico motivo, con il quale il ricorrente deduce la violazione dell’ad. 276 cod. proc. pen.
Rappresenta che, con la memoria depositata il 3 agosto 2023, la difesa non intendeva contestare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma sottoporre all’esame del Tribunale l’intera vicenda.
Sostiene, poi, che la festa sarebbe stata organizzata dai parenti dell’imputato a sua insaputa, per festeggiarne il ritorno a casa. L’imputato avrebbe solo subito
il festeggiamento organizzato dai suoi parenti. Sostiene, inoltre, che la festa, al momento dell’intervento della polizia giudiziaria, sarebbe iniziata «forse solo da pochi minuti».
Il ricorso datato 14 settembre 2023, si compone di un unico motivo, con il quale il ricorrente deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 274, 275 e 276 cod. proc. pen.
Contesta l’ordinanza impugnata, sotto il profilo del rispetto dei principi di adeguatezza e di proporzionalità, sostenendo che il Tribunale non avrebbe «adeguatamente valutato le circostanze segnalate nell’appello, ovvero che la festa per la scarcerazione era stata organizzata da terze persone e non dal ricorrente, il quale l’ha concretamente subita».
Il Tribunale avrebbe errato nel dare rilievo «ad una potenziale condotta astratta per la quale lo stesso ricorrente ben avrebbe poi:uto impedire ogni festeggiamento se avesse voluto rispettare la prescrizione imposta», in quanto «si tratta di un’argomentazione che, da una parte, omette di valutare in concreto la condotta specifica del soggetto nei confronti del quale ha operato l’aggravamento e, dall’altra, non si confronta con la volontarietà che caratterizza la violazione di un obbligo prescrittivo connesso all’adozione di una misura cautelare».
Il ricorrente, inoltre, contesta l’ordinanza impugnata nella parte in cui valorizza «l’argomento del RAGIONE_SOCIALE» e quello «della volontà del ricorrente di ribadire attraverso il festeggiamento della scarcerazione, “coram popolo”, il totale disprezzo e disinteresse di quest’ultimo per i provvedimenti della pubblica autorità». Tali argomenti sarebbero privi di coerenza logica poiché la vicenda processuale che ha visto coinvolto l’imputato non avrebbe nulla a che vedere con i procedimenti a carico di alcuni componenti della famiglia COGNOME, ai quali era stato contestato il reato associativo.
Il AVV_NOTAIO generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. I motivi di entrambi gli atti – che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati – sono inammissibili.
Essi, invero, sono privi di specificità, perché meramente reiterativi di identiche doglianze proposte con i motivi di gravame, disattese nell’ordinanza impugnata
con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto (cfr. pagine 2 e 3 dell’ordinanza), con le quali il ricorrente non s effettivamente confrontato.
Il Tribunale, con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza, ha rilevato che era oramai sopraggiunta la sentenza di primo grado.
Quanto alla sussistenza dei presupposti per l’aggravamento della misura, ha ritenuto la memoria e l’atto d’appello completamente infondati.
In particolare, ha posto in evidenza che era del tutto irrilevante stabilire se la festa fosse stata organizzata dal NOME o dai suoi parenti, atteso che ciò che rilevava era che l’imputato si era volontariamente e consapevolmente intrattenuto con persone non conviventi, essendo ben consapevole che ciò non gli era consentito.
Il Tribunale ha escluso che il prevenuto fosse stato colto di sorpresa da un festeggiamento di cui ignorava l’organizzazione, appena iniziato e dal quale non avrebbe avuto modo di sottrarsi. Sotto tale profilo, ha evidenziato che, dall’informativa di polizia giudiziaria, risultava che: il COGNOME aveva comunicato l’arrivo nell’abitazione alle ore 18,05; la polizia giudiziaria er intervenuta presso l’abitazione, constatando la violazione deille prescrizioni, alle 22,50; la polizia giudiziaria era intervenuta a seguito della segnalazione proveniente da alcuni cittadini, relativa a schiamazzi e rumori molesti provenienti dall’abitazione del NOME. Da tali elementi ha desunto che l’imputato, al momento del sopralluogo della polizia giudiziaria, si trovasse in casa già da diverse ore e che, tra l’inizio dei festeggiamenti e il sopralluogo, fosse comunque passato un lasso considerevole di tempo, durante il quale i cittadini avevano segnalato gli schiamazzi e gli agenti si erano recati sul posto. L’imputato, dunque, in ogni caso, avrebbe avuto sicuramente il tempo e il modo per interrompere sul nascere il festeggiamento.
Si tratta di una motivazione corretta in diritto e congrua in fatto, in relazion alla quale il ricorrente non ha dedotto alcun rilevante vizio logico, limitandosi a formulare alcune generiche asserzioni.
Si presenta manifestamente infondata la censura, contenuta nel secondo atto, con la quale il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe motivato facendo ricorso ad argomenti astratti. Invero, il Tribunale ha dato rilievo a elementi concreti, emergenti dagli atti di polizia giudiziaria, dai quali ha desunto che l’imputato, in ogni caso, sarebbe stato in grado di sottrarsi alla festa, anche se organizzata dai suoi parenti.
Parimenti infondata è la censura, sempre contenuta nel secondo atto, con la quale il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di considerare che la violazione dell’obbligo prescrittivo deve essere volontaria. Al riguardo deve essere
evidenziato che il Tribunale, dagli elementi emersi dagli atti di polizia giudiziaria ha desunto – senza incorrere in alcun vizio logico – che l’imputato, per un considerevole lasso di tempo, si era volontariamente e consapevolmente intrattenuto con persone non conviventi, essendo ben consapevole che ciò gli era inibito dal provvedimento con il quale gli erano stati concessi gli arresti domiciliari
La censura legata «all’argomento del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» è manifestamente infondata. Il Tribunale, nel valutare la gravità della trasgressione, ha evidenziato che la violazione del divieto di contatti con estranei era stata piuttosto plateale, sicché risultava evidente l’intenzione dell’imputato di annunciare al quartiere il suo ritorno a casa, di mostrare il totale disprezzo per i provvedimenti della pubblica autorità, di riaffermare il controllo del gruppo familiare sul territorio. Il Tribun ha evidenziato come lo stesso reato contestato era relativo a un fatto che era stato realizzato per ribadire l’onore della famiglia e la volontà di controllo del territori
Si tratta di una motivazione che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non appare affatto viziata sotto il profilo logico, ma anzi risulta coerent con il fatto di reato contestato e con le relative aggravanti.
Sotto altro profilo, va evidenziato che il Tribunale aveva fatto precedere le argomentazioni in questione da tutta un’altra serie di elementi, ponendo in rilievo come tali elementi fossero, di per sé, già sufficienti a evidenziare la palese gravità della violazione. Rispetto a tale motivazione, la censura in esame risulta carente anche sotto il profilo della decisività, atteso che il ricorrente non ha dimostrato che la motivazione dell’ordinanza, venendo meno le argomentazioni relative al RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tutti gli altri elementi, non sarebbe risultata più sufficiente a fondare il giudizio di gravità della violazione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 15 dicembre 2023.