Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32885 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 32885  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 17/10/2024 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che chiedeva il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, accoglieva parzialmente l’istanza depositata nell’interesse di COGNOME NOME e volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione e rideterminava la pena in anni ventitre e mesi sei di reclusione.
Avverso detto provvedimento propone ricorso l’istante a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. per non avere la Corte riconosciuto il vincolo della continuazione anche con i fatti di cui alle sentenze ai punti 10 e 11 del casellario, segnatamente la sentenza di condanna per il delitto di tentato omicidio di COGNOME NOME emessa dalla Corte di appello di Napoli il 22 settembre 2016 e la sentenza di condanna per il delitto di minaccia aggravata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 6 febbraio 2014.
La Corte aveva escluso che il tentato omicidio di NOME potesse rientrare nel progetto illecito iniziale, così come i fatti di minaccia aggravata.
Secondo il ricorrente, la motivazione contenuta nell’impugnato provvedimento sul punto sarebbe meramente assertiva in quanto afferma che Ł impossibile che fin dall’inizio della associazione il condannato avesse già in mente chi potesse essere la vittima dell’omicidio e quali ne potessero essere le modalità esecutive.
La Corte non avrebbe dato il necessario rilievo a quanto osservato sul punto dal giudice della cognizione che si era occupato della vicenda, sottolineando come tale condotta si inseriva nella dinamica del clan COGNOME Papale e nello scontro per la affermazione del potere rispetto agli scissionisti, capeggiati da COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Non solo, ma il tentato omicidio si collocava meno di un mese dopo la scarcerazione dell’imputato e di NOME dal carcere e dopo che, una volta liberi, entrambi si
erano recati e fare visita alla madre di COGNOME NOME, figlio del capoclan ucciso.
Dunque, tale condotta pare rientrare appieno nella logica criminosa dell’associazione e, ciononostante, e a dispetto delle osservazioni svolte dal giudice della cognizione, il giudice dell’esecuzione non ha ritento sussistente identità di disegno criminoso fra tale fatto e il reato associativo.
2.2 Con il secondo e il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 81 comma quarto cod. pen.
Secondo i principi piø volte ribaditi da questa Corte il limite minimo di aumento della pena in caso di piø reati posti in continuazione in caso di recidivo ex art. 99 comma quarto cod. pen. riguarda l’aumento complessivo per tali reati e nonl’aumento per il singolo reato.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte con cui chiedeva il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato.
1.1 Il primo motivo Ł infondato.
In tema di riconoscimento del vincolo della continuazione fra il reato di partecipazione ad associazione criminosa e i reati fine, al piø risalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità che ritiene che la realizzazione dei reati-fine debba essere stata deliberata già al momento della costituzione del sodalizio (Sez. 1, n. 40318 del 4/7/2013, Corigliano, Rv.257253; Sez. 1, n. 8451 del 21/1/2009, COGNOME, Rv. 243199; Sez. 1, n. 12639 de128/3/2006, COGNOME, Rv. 234100), se ne Ł aggiunto altro, preferibile, che ha riguardo non al momento della creazione dell’associazione, quanto a quello in cui il partecipe si sia determinato a farvi ingresso, essendo detto vincolo ipotizzabile a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, ove si ritenesse sufficiente la programmazione dei reati fine al momento della costituzione del sodalizio, si finirebbe per configurare una sorta di automatismo nel riconoscimento della continuazione e del conseguente beneficio sanzionatorio, in quanto tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all’art. 416bis cod. pen. (Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, COGNOME, Rv. 279430; Sez. 1, n. 1534 del 9/11/2017, dep. 2018, Giglia, Rv. 271984).
Questo collegio intende dare continuità a tale indirizzo, secondo il quale Ł configurabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine nel caso in cui questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio, non essendo necessario che tale programmazione sia avvenuta al momento della costituzione dello stesso. (Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, Sallaj, Rv. 285369 – 01).
Il provvedimento impugnato richiama tale indirizzo, affermando che dal progetto unitario nel quale sono ritenuti rientrare i reati di partecipazione all’associazione criminosa e i delitti di estorsione debbono essere ritenuti estranei il delitto di tentato omicidio e quello di minaccia aggravata poichØ sono frutto di logiche criminali fatte proprie dall’associato solo genericamente nella fase genetica, essendo impossibile che sin dall’inizio il progetto illecito avesse preordinato l’individuazione della vittima destinata e delle modalità di commissione dell’agguato.
Le argomentazioni a sostegno della tesi contraria, contenute nel ricorso, in realtà non superano tale affermazione, poichØ ribadiscono come la vittima designata fosse uno
scissionista e come l’azione sia stata deliberata immediatamente dopo la scarcerazione del COGNOME avvenuta nel settembre 2010.
Tali circostanze sottolineano, ancor di piø, la estemporaneità delle condotte criminose, come rilevata, per quanto sinteticamente, nel provvedimento impugnato.
Del resto, il giudice di merito ha già osservato che la condotta partecipativa commessa dal ricorrente, oggetto delle due sentenze di condanna già poste in continuazione fra loro, deve datarsi a far tempo dal 2008, data dell’inizio della consumazione del primo reato, fra tutti quelli posti in continuazione.
In ragione di tale precisazione Ł evidente la correttezza della conclusione cui Ł giunto il giudice dell’esecuzione che non ha ritenuto che i fatti di tentato omicidio e di minaccia aggravata, commessi nel 2010, potessero essere già stati programmati due anni prima, nel momento in cui, cioŁ, il condannato aveva fatto ingresso nel sodalizio criminoso.
1.2 Il secondo e il terzo motivo, che vengono esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono entrambi infondati.
La Corte territoriale, nel determinare l’aumento in continuazione applica il disposto dell’art. 81 comma quarto cod. pen. che stabilisce che, nel caso di riconosciuta continuazione fra fatti commessi dal recidivo ex art. 99 quarto comma cod. pen. l’aumento per la continuazione non può essere inferiore ad un terzo della pena inflitta per la violazione piø grave; tale limite Ł un limite minimo ma non un limite massimo; il limite massimo Ł quello del triplo della pena base che nel caso in esame non viene superato.
Circa le modalità di calcolo per determinare la misura del terzo, si richiama la seguente pronuncia, secondo cui il limite minimo di aumento della pena che, in caso di piø reati in concorso formale o in continuazione con quello piø grave commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma quarto, cod. pen., non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per la violazione piø grave, va riferito all’aumento complessivo per la continuazione e non alla misura di ciascun aumento successivo al primo. (Sez. 2, n. 18092 del 12/04/2016, Lovreglio, Rv. 266850 – 01).
Il provvedimento impugnato ha fatto puntuale applicazione di tale principio laddove ha precisato che il valore complessivo degli aumenti per i reati posti in continuazione, come in effetti  Ł,  non  Ł  inferiore  al  terzo  della  pena  inflitta  per  la  violazione  sanzionata  piø gravemente e, si aggiunge, non Ł superiore al triplo della stessa.
La doglianza svolta sul punto dal ricorrente, dunque, non ha fondamento, poichØ l’aumento complessivo per i reati posti in continuazione, pari ad anni dieci e mesi sei, Ł certamente superiore ad un terzo della pena di anni tredici, ma non Ł superiore al triplo della stessa.
Per le ragioni sopra evidenziate il ricorso si appalesa infondato e deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 08/07/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME