Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14431 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 7/2025
CC – 07/01/2025
R.G.N. 36757/2024
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANT’ANASTASIA il 06/02/1969
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’01/10/2024, la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME al fine di ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra il delitto di omicidio giudicato dalla sentenza n. 1/2017 in data 12/07/2017 della Corte di assise di Avellino e i delitti in materia di stupefacenti oggetto della sentenza n. 1155/2018 in data 12/07/2018 del Giudice per l’udienza preliminare di Napoli, parzialmente confermata dalla Corte di appello di Napoli.
L’istanza si basava sulla circostanza del legame tra l’omicidio di NOME COGNOME, consumato il 29/04/2015, e il credito vantato dal cognato di NOME COGNOME nei confronti del genero della vittima. La sentenza che aveva condannato NOME per reati in materia di stupefacenti aveva accertato la sua militanza in un’associazione dedita all’importazione e alla raffinazione di sostanze droganti e una serie di fatti connessi che abbracciavano un arco temporale tra il 2012 e il 2015 e quindi anche l’epoca di commissione dell’omicidio.
Il giudice dell’esecuzione aveva tuttavia ritenuto che non vi fosse prova che il delitto piø grave consumato il 29/04/2015 fosse stato preordinato al momento in cui erano state iniziate le altre condotte criminose, perchØ la dinamica rivelava che fu conseguenza di una decisione maturata a seguito di lunghe infruttuose trattative e al culmine di un’animata discussione come reazione d’impeto del Bruno ad un gesto minaccioso di NOME.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 14431/2025 Roma, lì, 14/04/2025
2. Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso e ha dedotto vizi di cui all’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 81 cod. pen., di cui all’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 671 cod. proc. pen. e di cui all’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. per omessa e contraddittoria motivazione rispetto alle sentenze irrevocabili.
Ha dedotto in particolare che il giudice dell’esecuzione non aveva tenuto conto che già era stata riconosciuta la continuazione tra altri fatti relativi ad importazione di cocaina, ricomprendenti anche condotte coeve all’omicidio con perfetta coincidenza di date. Non aveva tenuto conto del fatto che l’omicidio di NOME era indissolubilmente legato allo spaccio di stupefacenti e ciò si poteva ricavare dalla stessa sentenza che aveva avuto ad oggetto i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309/90 e che li aveva valorizzati per riconoscere il vincolo di continuazione per quegli illeciti. Non aveva preso in considerazione una serie valutazioni in fatto contenute in quella sentenza che dimostravano tale legame.
Sostiene la difesa che la motivazione sul punto Ł mancante perchØ «il tema non Ł l’omicidio programmato quale reato del sodalizio sin dalla sua costituzione ma Ł la continuazione tra l’omicidio, avvenuto in data 29/04/2015 e la vicenda di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, consumata proprio lo stesso giorno in data 29/04/2015, quest’ultima già posta in continuazione con le vicende di narcotraffico avvenute nel biennio 2012 e 2013».
La difesa ritiene che l’ordinanza si sia concentrata esclusivamente sul delitto associativo e abbia seguito un ragionamento fallace.
3. Il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
L’ipotesi di cui all’art. 81, comma 2, cod. pen. ricorre quando i fatti sono riferibili ad un medesimo, originario, disegno criminoso. L’unicità di disegno, egualmente necessario per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615).
Occorre invece per il riconoscimento della continuazione «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, í successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea » (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Deve evincersi dagli elementi in atti una iniziale programmazione e deliberazione avente ad oggetto una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e
organizzati, purchØ risultino almeno in linea generale previsti, in funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. Deve, invece, escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto piø se genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il movente-scopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (cfr. Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
La giurisprudenza esprime con continuità, quale requisito essenziale ai fini dell’applicazione dell’art. 81, comma 2, cod. pen., una «preordinazione di fondo» (cfr. ex multis Sez. 1, n. 37832 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276842 – 01; Sez. 1, n. 32475 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 256119 01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 – 01), locuzione che impone la verifica di elementi univoci circa la rappresentazione previa, seppur di massima, delle singole condotte via via commesse nell’arco temporale in cui si sviluppa il disegno criminoso.
Il giudice dell’esecuzione ha applicato correttamente il costante orientamento che richiede la prova di una previa programmazione del delitto e l’ha esclusa per via del fatto che la dinamica dell’omicidio giudicato dalla sentenza n. 1/2017 in data 12/07/2017 della Corte di assise di Avellino, avvenuto due anni dopo il reato associativo oggetto della sentenza n. 1155/2018 in data 12/07/2018, senza una previa programmazione ma avvenuto al culmine di una trattativa fallita, rivela che esso fu deciso molto tempo dopo avere iniziato le altre condotte inerenti il traffico e lo spaccio di stupefacenti.
Travisando questo argomento, il ricorrente sostiene che il giudice dell’esecuzione aveva erroneamente ragionato come se nel programma associativo del sodalizio ex art. 74 d.P.R. n. 309/90 dovesse essere ricompreso il delitto di omicidio e non aveva invece tenuto conto della connessione tra gli affari in materia di stupefacenti e il delitto di omicidio.
Tuttavia la censura non si confronta nØ con i presupposti della continuazione, che non si possono ravvisare solo nell’omogeneità degli interessi sottesi agli illeciti, come sembra argomentare il ricorrente, nØ con il ragionamento, immune da fratture logiche, del giudice dell’esecuzione, che ha evidenziato l’estemporaneità della decisione omicidiaria (NOME uccise NOME d’impeto durante un incontro degenerato in animata discussione e solo quando la vittima alzò un bastone contro di lui).
In realtà il provvedimento impugnato ha ampiamente esaminato le valutazioni della difesa sul collegamento tra le condotte in materia di stupefacenti e quell’omicidio, ma ha motivatamente escluso che quando il condannato aveva programmato i delitti in materia di stupefacente avesse inserito nel suo disegno criminoso la decisione di uccidere COGNOME senza che questa considerazione avesse nulla a che fare con il programma criminoso dell’associazione alla quale aveva aderito.
Il ricorso quindi, oltre a richiedere una rivalutazione nel merito, si fonda su premesse in diritto manifestamente errate e su censure del tutto eccentriche rispetto ai contenuti del provvedimento impugnato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. Cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/01/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME