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Vincolo della continuazione: quando la richiesta è chiara?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava inammissibile una richiesta di applicazione del vincolo della continuazione per presunta indeterminatezza. La Corte ha stabilito che la domanda era sufficientemente chiara e che, in ogni caso, i chiarimenti forniti dal difensore durante l’udienza camerale sono sufficienti a superare ogni dubbio, poiché il procedimento di esecuzione consente di precisare e integrare la domanda iniziale.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il vincolo della continuazione: basta la chiarezza in udienza

L’istituto del vincolo della continuazione è uno strumento fondamentale nel diritto penale esecutivo, consentendo di unificare più condanne sotto un unico disegno criminoso e rideterminare la pena complessiva in modo più favorevole al condannato. Tuttavia, la richiesta per la sua applicazione deve essere chiara. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29720 del 2025, chiarisce che la presunta indeterminatezza della domanda può essere superata dai chiarimenti forniti in udienza, annullando una decisione di inammissibilità di un Tribunale.

I fatti di causa: una richiesta di unificazione delle pene

Un condannato, tramite il suo difensore, presentava un’istanza al Tribunale competente, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra diversi reati. La richiesta riguardava specificamente cinque sentenze: due recenti e altre tre per le quali la continuazione era già stata riconosciuta con un precedente provvedimento. L’obiettivo era estendere tale vincolo anche alle due nuove condanne, unificando così l’intero percorso criminale sotto un’unica logica.

La decisione del Giudice dell’Esecuzione e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale dichiarava l’istanza inammissibile per “indeterminatezza dell’oggetto”. Secondo il giudice, non era chiaro se la richiesta riguardasse solo le due sentenze più recenti o se si estendesse anche a quelle già oggetto della precedente unificazione. Questa incertezza, a dire del Tribunale, rendeva impossibile una decisione nel merito.
Contro tale ordinanza, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il ricorrente sosteneva che l’oggetto della richiesta era, in realtà, chiarissimo: unificare tutte e cinque le sentenze. Tale chiarezza emergeva sia dal testo dell’istanza, che allegava tutti i provvedimenti, sia soprattutto dai chiarimenti forniti oralmente dal difensore durante l’udienza camerale, su esplicita richiesta del giudice stesso.

Le motivazioni della Cassazione: il vincolo della continuazione e il principio di chiarezza

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Secondo la Suprema Corte, l’affermazione di indeterminatezza del petitum (l’oggetto della domanda) era infondata. Il giudice di primo grado aveva commesso un errore nel non considerare adeguatamente il contenuto complessivo dell’istanza e, soprattutto, le precisazioni fornite in udienza.
La Corte ha ribadito un principio cruciale: il procedimento di esecuzione non ha la natura di un’impugnazione e, pertanto, non è soggetto al rigido rispetto del principio devolutivo. Questo significa che la domanda iniziale può essere precisata e persino integrata nel corso del procedimento, anche oralmente durante l’udienza. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione aveva chiesto delucidazioni e il difensore le aveva fornite, elencando puntualmente le cinque sentenze da unificare. A quel punto, ogni dubbio sull’oggetto della domanda era svanito. La stessa reazione del giudice, che aveva riassunto la richiesta confermando di aver compreso (“Lei mi ha detto queste sentenze, quindi su queste vuole la continuazione”), dimostrava l’avvenuto chiarimento. Di conseguenza, dichiarare l’istanza inammissibile per una indeterminatezza ormai superata è stata una decisione errata.

Le conclusioni: l’importanza dei chiarimenti nel procedimento esecutivo

La sentenza in esame rafforza un importante principio di garanzia per il condannato in fase esecutiva. Stabilisce che la chiarezza della richiesta di vincolo della continuazione è un requisito essenziale, ma eventuali imprecisioni iniziali possono essere sanate nel contraddittorio. Il giudice dell’esecuzione ha il dovere di considerare i chiarimenti forniti dalla difesa, specialmente se da lui stesso sollecitati, per definire correttamente l’oggetto del decidere. Ignorare tali precisazioni e trincerarsi dietro un formalismo eccessivo costituisce una violazione di legge che giustifica l’annullamento del provvedimento. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti al Tribunale per un nuovo giudizio che dovrà, questa volta, entrare nel merito della richiesta.

Una richiesta al giudice dell’esecuzione può essere dichiarata inammissibile se non è perfettamente chiara fin dall’inizio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una richiesta può essere precisata e integrata anche nel corso dell’udienza. Se i chiarimenti forniti dalla difesa sono sufficienti a delineare con precisione l’oggetto della domanda (petitum), il giudice non può dichiararla inammissibile per indeterminatezza iniziale.

È possibile integrare una domanda durante l’udienza nel procedimento di esecuzione?
Sì. Il procedimento di esecuzione non è un’impugnazione e non è sottoposto allo stretto rispetto del principio devolutivo. Pertanto, è consentita la precisazione e l’integrazione della domanda anche dopo la sua proposizione, come avvenuto nel caso di specie durante l’udienza camerale.

Qual è stato l’errore del Tribunale nel dichiarare inammissibile la richiesta per il vincolo della continuazione?
L’errore del Tribunale è stato quello di non tenere conto dei chiarimenti forniti dal difensore durante l’udienza. Nonostante il giudice avesse chiesto e ottenuto delucidazioni precise, elencando le cinque sentenze interessate, ha poi dichiarato l’istanza inammissibile per una indeterminatezza che, di fatto, era già stata superata e risolta nel corso del contraddittorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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