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Vincolo della continuazione: quando è escluso?

La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di applicazione del vincolo della continuazione tra un delitto di tentata rapina e il successivo reato di false attestazioni. Il secondo reato, commesso a distanza di due anni per creare un falso alibi, è stato ritenuto frutto di una determinazione estemporanea e non parte di un unico disegno criminoso originario, requisito essenziale per il riconoscimento della continuazione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vincolo della continuazione: quando un alibi creato dopo non rientra nel piano

L’applicazione del vincolo della continuazione è un tema cruciale nel diritto penale, poiché permette di unificare più reati sotto un unico disegno criminoso, con notevoli benefici sul trattamento sanzionatorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 5458/2024) chiarisce i confini di questo istituto, specificando che un reato commesso per garantirsi l’impunità da un precedente delitto non rientra automaticamente nella continuazione se non era stato programmato fin dall’inizio.

I Fatti del Caso: Dalla Rapina al Falso Alibi

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo condannato per due distinti reati:
1. Tentata rapina aggravata, commessa a Firenze nell’agosto del 2009.
2. False attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, commesse a Torino nel novembre del 2011.

In sede di esecuzione della pena, l’imputato aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due reati. La sua tesi era che la creazione del falso alibi (una certificazione medica attestante la sua presenza altrove il giorno della rapina) fosse parte integrante dell’originario piano criminoso, ideato per garantirsi il successo dell’operazione e la successiva impunità. Il Tribunale di Torino, tuttavia, aveva respinto la richiesta, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica: Il Vincolo della Continuazione e il Disegno Criminoso

Il cuore della questione giuridica risiede nella definizione di “medesimo disegno criminoso”, requisito fondamentale per l’applicazione dell’art. 81 del codice penale. Per aversi continuazione, non basta una generica finalità o un semplice legame logico tra i reati. È necessario che l’autore, al momento della commissione del primo reato, abbia già programmato, almeno nelle sue linee essenziali, la commissione dei successivi.

La difesa sosteneva che l’idea di crearsi un alibi fosse coeva al piano della rapina. La Procura e i giudici di merito, invece, ritenevano che il reato di false attestazioni fosse frutto di una determinazione estemporanea, nata solo a seguito dell’instaurazione del procedimento penale per la rapina, e quindi non parte di un piano originario.

La Decisione della Corte sul Vincolo della Continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione. I giudici hanno stabilito che non sussistevano gli elementi per riconoscere il vincolo della continuazione tra la tentata rapina e la successiva creazione del falso alibi.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su un’analisi logica e temporale dei fatti. Il dato cruciale è la distanza di oltre due anni tra la consumazione della tentata rapina (2009) e la materiale creazione della falsa documentazione sanitaria (2011). Secondo la Corte, è “non plausibile” che un delitto commesso due anni dopo sia stato ideato preventivamente al momento della commissione del primo reato.

La condotta successiva appare, piuttosto, come una chiara “finalizzazione al conseguimento dell’impunità”. Si tratta di una scelta reattiva, occasionata dall’avvio del procedimento penale, e non di un tassello di un programma criminoso unitario. La Corte richiama l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (sentenza Gargiulo, n. 28659/2017), secondo cui per la continuazione è necessaria una verifica approfondita di indicatori concreti come l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale e la prova che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle linee essenziali, sin dall’inizio. Non è sufficiente che i reati successivi siano semplicemente una conseguenza o un mezzo per occultare il primo; devono essere parte di un’unica deliberazione originaria.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il vincolo della continuazione non può essere esteso a condotte che, sebbene logicamente collegate, nascono da decisioni successive e autonome, dettate dalle contingenze processuali. La creazione di un alibi a distanza di anni non può essere considerata parte di un unico disegno criminoso, ma rappresenta una nuova e autonoma determinazione a delinquere. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di una prova rigorosa della programmazione unitaria dei reati, distinguendo nettamente tra un piano criminoso preordinato e le strategie difensive illecite attuate a posteriori.

Quando si può applicare il vincolo della continuazione tra due reati?
Il vincolo della continuazione si applica quando più reati sono commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando i reati successivi al primo erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo fatto.

Creare un falso alibi a distanza di tempo da un reato rientra nel medesimo disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, la creazione di un falso alibi a distanza di due anni dal reato principale non rientra nel medesimo disegno criminoso, ma costituisce una determinazione estemporanea, finalizzata a ottenere l’impunità e nata in reazione all’instaurazione del procedimento penale.

La distanza di tempo tra due reati è rilevante per escludere la continuazione?
Sì, la contiguità spazio-temporale è uno degli indicatori concreti da valutare. Un notevole lasso di tempo tra un reato e l’altro, come i due anni del caso di specie, rende meno plausibile l’ipotesi che entrambi fossero parte di un unico piano originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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