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Vincolo della continuazione: la distanza temporale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva di unificare una pena per estorsione (2002-2003) con quelle per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e spaccio (2014). Secondo la Corte, l’eccessiva distanza temporale tra i fatti impedisce di riconoscere il vincolo della continuazione, poiché rende illogica la sussistenza di un medesimo disegno criminoso originario.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vincolo della Continuazione e Distanza Temporale: Quando il Tempo Spezza il Disegno Criminoso

Il concetto di vincolo della continuazione è un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, permettendo di mitigare la pena per chi commette più reati sotto l’impulso di un unico progetto criminale. Tuttavia, cosa succede quando tra un reato e l’altro intercorre un lasso di tempo considerevole? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26114 del 2025, offre un importante chiarimento, stabilendo che una distanza temporale eccessiva può essere un ostacolo insormontabile al riconoscimento della continuazione.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un’istanza presentata al Tribunale in funzione di Giudice dell’esecuzione. Il richiedente, già condannato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per singoli episodi di spaccio commessi nel 2014, aveva ottenuto l’unificazione di queste pene sotto il vincolo della continuazione. La sua richiesta, però, si estendeva anche a un’ulteriore e ben più datata condanna per estorsione, un reato commesso tra il 2002 e il 2003. Il Tribunale rigettava parzialmente l’istanza, escludendo proprio il reato di estorsione a causa della notevole distanza cronologica rispetto agli altri.

L’Ordinanza del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Secondo il Tribunale, il reato di estorsione, oltre a ledere un bene giuridico diverso, era stato commesso molto tempo prima dei delitti legati alla droga. Questa cesura temporale, di oltre dieci anni, era stata ritenuta decisiva per escludere un’unica programmazione criminosa.
Il ricorrente, attraverso il suo difensore, ha impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente trascurato un elemento cruciale: la sua stabile appartenenza, già all’epoca dell’estorsione, a un sodalizio criminale di stampo camorristico. Secondo la difesa, l’estorsione del 2002-2003 e i reati di droga del 2014 erano entrambi ‘reati scopo’ di quella stessa associazione, e quindi legati da un unico programma delinquenziale.

Il ruolo del Vincolo della Continuazione e la distanza temporale

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’articolo 671 del codice di procedura penale e dell’articolo 81 del codice penale. Per applicare il vincolo della continuazione, non è sufficiente che i reati siano della stessa indole o commessi dalla stessa persona; è necessario dimostrare che essi siano frutto di un ‘medesimo disegno criminoso’. Questo disegno deve essere concepito in un momento antecedente alla commissione del primo reato e deve abbracciare, almeno nelle sue linee generali, tutti gli episodi successivi.

L’appartenenza al sodalizio criminale non basta

La difesa ha tentato di superare l’ostacolo della distanza temporale facendo leva sulla comune matrice associativa dei reati. L’idea era che l’adesione al clan costituisse di per sé la prova di un programma criminale unitario e duraturo. Tuttavia, la Cassazione ha seguito un orientamento più rigoroso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno chiarito che, sebbene l’appartenenza a un’associazione criminale possa essere un indizio, non è di per sé sufficiente a provare il vincolo della continuazione tra reati molto distanti nel tempo.

La Corte ha ritenuto illogico sostenere che la decisione di commettere un’estorsione nel 2002 fosse contestuale alla programmazione di un’attività di narcotraffico che si sarebbe concretizzata ben dodici anni dopo. La generica condivisione del ‘programma associativo’ di un clan, che può includere estorsioni e traffico di droga, è un concetto diverso dalla specifica ideazione e programmazione di un singolo episodio criminoso, rilevante ai fini della continuazione.

Perché il reato associativo e i reati scopo possano essere unificati, è necessario che l’agente, al momento dell’adesione al sodalizio, abbia concepito una deliberazione di fondo che comprenda non solo la tipologia astratta dei futuri reati, ma anche gli elementi più significativi della loro concreta esecuzione. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna prova di una simile programmazione unitaria e specifica, limitandosi a invocare la sua appartenenza al clan come elemento di collegamento.

Le Conclusioni

La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale: il vincolo della continuazione richiede una prova rigorosa dell’unicità del disegno criminoso, che deve essere preesistente e specifico. Una distanza temporale di molti anni tra i reati costituisce un forte indicatore contrario, che può essere superato solo con elementi concreti che dimostrino una programmazione unitaria originaria. La semplice affiliazione a un’organizzazione criminale, senza ulteriori specificazioni, non è sufficiente a saldare fratture cronologiche così ampie. Questa decisione serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e concreta di tutti gli indicatori, fattuali e logici, prima di poter applicare un istituto di favore come quello del reato continuato.

Una grande distanza temporale tra due reati può impedire il riconoscimento del vincolo della continuazione?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che un lasso temporale di circa dodici anni tra un reato di estorsione e successivi reati legati al narcotraffico è un elemento decisivo per escludere l’esistenza di un medesimo disegno criminoso, rendendo illogica l’applicazione del vincolo della continuazione.

L’appartenenza a una stessa associazione criminale è sufficiente per unificare le pene per reati diversi commessi nel tempo?
No. Secondo la Corte, la semplice appartenenza a un sodalizio criminale non è di per sé sufficiente a dimostrare la continuazione tra reati molto distanti. È necessario provare che, al momento dell’adesione, l’agente avesse già concepito un piano specifico che includesse, almeno nelle linee generali, tutti i futuri reati.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’ ai fini della continuazione tra reato associativo e reati scopo?
Si intende una deliberazione di fondo, presente nella mente dell’agente al momento dell’adesione al sodalizio, che non si limiti alla generica tipologia dei reati da commettere (es. estorsioni), ma comprenda anche gli elementi più significativi che ne caratterizzeranno la concreta esecuzione futura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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