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Vincolo della continuazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato un’ordinanza che negava l’applicazione del vincolo della continuazione per un reato. La Corte ha stabilito che il giudice dell’esecuzione non può ignorare una precedente valutazione sulla continuazione tra reati, specialmente se un nuovo reato è omogeneo e commesso a soli due giorni di distanza da quelli già unificati. Il giudice deve fornire una motivazione specifica per discostarsi da tale valutazione pregressa. L’appello è stato invece respinto per reati più distanti nel tempo e non omogenei.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il vincolo della continuazione e l’obbligo di motivazione rafforzata

Il concetto di vincolo della continuazione, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, è un pilastro del nostro sistema sanzionatorio. Permette di unificare, ai fini della pena, più reati commessi in attuazione di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 28320/2025, chiarisce i doveri del giudice dell’esecuzione quando valuta tale istituto, soprattutto in presenza di precedenti decisioni sullo stesso tema. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso

Un condannato si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione per ottenere l’applicazione del vincolo della continuazione a diverse sentenze definitive. In un precedente provvedimento, il giudice aveva già unificato alcuni fatti di furto commessi nell’aprile e maggio 2018. Con la nuova istanza, il condannato chiedeva di estendere tale unificazione ad altri reati.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la richiesta, unificando i reati commessi tra settembre 2020 e gennaio 2021, ravvisando un disegno unitario legato alla documentata condizione di tossicodipendenza dell’imputato. Tuttavia, escludeva dal beneficio:
1. Un tentato furto e resistenza commessi nell’agosto 2017, per l’eccessiva distanza temporale e la mancanza di collegamento con la tossicodipendenza.
2. Un furto del 1° aprile 2018, valorizzando anche in questo caso la distanza temporale rispetto ad altri fatti del 2020.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La decisione della Cassazione sul vincolo della continuazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i due punti contestati, giungendo a conclusioni differenti.

Per quanto riguarda il reato del 2017 (tentato furto e resistenza), la Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno sottolineato che l’eterogeneità dei reati (furto e resistenza) e la notevole distanza temporale dagli altri episodi criminosi giustificavano l’esclusione dal disegno criminoso unitario. La semplice omogeneità dei reati o la vicinanza temporale non sono, da sole, sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’unica deliberazione iniziale.

La vera svolta si è avuta riguardo al furto del 1° aprile 2018. Su questo punto, la Cassazione ha accolto il ricorso e annullato con rinvio l’ordinanza. La Corte ha rilevato una palese contraddizione nella motivazione del giudice dell’esecuzione.

Le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui il giudice dell’esecuzione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può ignorare una precedente valutazione già operata, sia in fase di cognizione che di esecuzione, riguardo all’esistenza di un disegno criminoso. Nel caso specifico, i reati commessi il 3 aprile 2018 e il 5 maggio 2018 erano già stati uniti in continuazione in un precedente provvedimento.

Il furto del 1° aprile 2018 era non solo omogeneo a quelli, ma era stato commesso a soli due giorni di distanza dal primo della serie già unificata. Il Tribunale, escludendolo, non ha fornito alcuna spiegazione sul perché gli stessi indicatori (omogeneità, prossimità temporale) validi per unificare i reati del 3 aprile e del 5 maggio, non dovessero applicarsi a un fatto identico e temporalmente quasi sovrapposto.

La Cassazione ha affermato che, sebbene una precedente unificazione non sia strettamente vincolante per una nuova e più ampia richiesta, il giudice ha l’onere di confrontarsi con la ratio decidendi del provvedimento precedente. Può discostarsene, ma solo fornendo una motivazione specifica e significativa che spieghi perché i nuovi fatti, pur apparentemente rientranti nello stesso schema, debbano essere esclusi. In assenza di tale spiegazione, la decisione è viziata per illogicità.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale di coerenza e logicità nell’operato del giudice dell’esecuzione. La valutazione del vincolo della continuazione richiede un’analisi concreta e non può basarsi su formule generiche. Quando esistono già provvedimenti che hanno delineato un certo disegno criminoso, ogni successiva decisione che intenda discostarsene per fatti cronologicamente e tipologicamente vicini deve essere supportata da una motivazione rafforzata. La libertà di giudizio non può mai tradursi in arbitrarietà o in una motivazione contraddittoria, a garanzia dei diritti del condannato e della coerenza del sistema giudiziario.

Il giudice dell’esecuzione è sempre libero di negare il vincolo della continuazione anche se i reati sono molto vicini nel tempo?
No. Sebbene il giudice goda di piena libertà di giudizio, non può ignorare una precedente valutazione che ha già riconosciuto la continuazione per reati omogenei e temporalmente vicini. Se intende escludere un nuovo reato quasi coevo e della stessa natura, deve fornire una motivazione specifica e logica per spiegare tale differenza di trattamento.

La distanza temporale tra i reati è un ostacolo assoluto al riconoscimento della continuazione?
Sì, una notevole distanza temporale, specialmente se unita all’eterogeneità dei reati, è un forte indicatore contrario al riconoscimento di un unico disegno criminoso. Nel caso di specie, i reati del 2017 sono stati esclusi proprio per questo motivo, presumendo che non potessero essere stati programmati insieme a quelli commessi anni dopo.

Una precedente decisione che riconosce la continuazione è vincolante per il futuro?
Non ha un carattere vincolante in senso assoluto, specialmente se la nuova richiesta è più ampia. Tuttavia, il giudice successivo non può ignorarla. Deve confrontarsi con le ragioni di quella decisione (la ratio decidendi) e, se si discosta, deve motivare in modo approfondito le ragioni della sua diversa valutazione, sulla base del quadro complessivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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