Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26847 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26847 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Palermo il 21/04/1943
avverso l’ordinanza del 18/03/2025 della Corte d’appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Palermo, in funzione di Giudice dell’ esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione , proposta nell’interesse d i NOME COGNOME tra reati giudicati con quattro sentenze irrevocabili, due delle quali relative a reati che, con ordinanza della Corte di appello di Palermo, quale Giudice dell ‘ esecuzione, aveva ritenuto riuniti dal vincolo della continuazione.
L ‘ ordinanza evidenzia che, in relazione al reato di concorso nel tentativo di estorsione di cui alla sentenza sub 1), è stata esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991, quanto all’agevolazione di cosa nostra o all’utilizzo del metodo mafioso; sicché non si è reputata, tale condotta, frutto di una programmazione unitaria rispetto al delitto di partecipazione all’associazione cosa nostra di cui alla condanna sub 4).
Ad analoghe conclusioni è pervenuto il Giudice dell’esecuzione in ordine alla sentenza sub 2), relativa al reato di cui agli artt. 56, 110, 73, comma 1bis e 6 d.P.R. n. 309 del 1990, commesso ad aprile 2008, in quanto si è riscontrato che il fatto giudicato con tale sentenza, è stato commesso in epoca successiva rispetto al delitto di partecipazione all’associazione mafiosa (sino al gennaio del 2008), concludendo nel senso della mancanza di prova rispetto all ‘ iniziale programmazione di tale reato nel momento in cui il partecipe si era determinato ad aderire al sodalizio.
Avverso detta ordinanza, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, avv. V. COGNOME denunciando due vizi.
2.1. Con il primo motivo si deduce erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
La sentenza sub 1), effettivamente, ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991, e quella di cui a ll’art. 628 , comma terzo, n. 3 cod. pen., ma il Giudice dell’esecuzione non ha notato che i concorrenti nel reato sono tutti soggetti che appartengono all’associazione mafiosa denominata RAGIONE_SOCIALE e che la società RAGIONE_SOCIALE, creditrice che pretendeva il pagamento di false fatture, era riconducibile a soggetti di origine meridionale e che dalla vicenda erano emersi rapporti tra COGNOME e la famiglia mafiosa dei COGNOME.
Peraltro, COGNOME è stato condannato, con pronuncia irrevocabile, proprio per aver assunto, all’interno del sodalizio mafioso, la posizione di punto di riferimento dell’associazione a Milano e per aver intrattenuto rapporti, con molteplici esponenti mafiosi, come terminale milanese dell ‘ organizzazione del traffico di cocaina, quindi come stabile punto di riferimento per le attività delittuose di cosa nostra a Milano.
L ‘ estorsione tentata, commessa in concorso a Milano, dal dicembre 2005 all’aprile 2007, è stata attuata in un arco temporale ravvicinato rispetto al fatto associativo commesso a Milano e Palermo fino al gennaio 2008.
Ciò al di là del fatto che non si tratta di reati della stessa indole perché non ledono la stessa norma incriminatrice; ma si tratta, comunque, di reati omogenei per comunanza di caratteri fondamentali, per le condizioni ambientali e per l’evidente inclinazione verso un’identica tipologia criminosa. Di qui la carente, illogica e contraddittoria motivazione.
Inoltre, si evidenzia che i reati di cui alle sentenze sub 3) e 4) sono già stati riconosciuti avvinti dal vincolo della continuazione tra loro. Peraltro, il reato di cui alla sentenza sub 2) è stato commesso in Milano nell’aprile 2008, quindi, ad una distanza temporale di appena tre mesi rispetto al reato di cui all’art. 416 -bis cod.
pen. (commesso fino al gennaio 2008) e al ristretto perimetro temporale in cui ricade anche la condotta di cui alla sentenza sub 3).
Tali fatti, quindi, sono stati realizzati in un arco temporale ravvicinato e nello stesso contesto territoriale, con analoghe modalità operative.
Di qui la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza che ha omesso di confrontarsi con la circostanza che il tentativo di acquisto e di importazione di sostanze stupefacenti da Panama è stato commesso, comunque, nell’orbita della partecipazione di Bonanno alla consorteria criminosa denominata cosa nostra ; anzi a tale ultima associazione il ricorrente ha partecipato proprio quale rappresentante del sodalizio nella compravendita di grossi quantitativi di stupefacente del tipo cocaina, da organizzazioni mafiose diverse, quali camorra e ‘ ndrangheta , attraverso la consegna, per conto di cosa nostra , di un’ingente somma di denaro all’intermediario con i venditori panamensi (v. p. 11 e ss. del ricorso ove si indicano gli elementi derivati dalle sentenze di condanna che militano nel senso prospettato).
Sostiene il ricorrente che l’identità del disegno criminoso è ravvisabile anche sotto il profilo soggettivo, perché i singoli fatti sono stati tutti voluti e deliberati fin dal momento in cui impugnante ha dato inizio alla sua attività illecita in favore di cosa nostra , trattandosi di fatti omogenei, di identica tipologia di reati con relativi beni giuridici resi corrispondenti.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di inosservanza ed erronea applicazione di legge penale in ordine alle circostanze temporali della commissione dei reati.
Si sostiene che l’ordinanza esclude che i reati siano state commessi a distanza ravvicinata dal punto di vista temporale.
Invece, si rileva che non è esclusa la continuazione dal fatto che un notevole lasso di tempo separa la commissione di un episodio delittuoso dagli altri.
Peraltro, nel caso di specie gli episodi criminosi sono vicini nel tempo perché il reato di cui alla sentenza sub 2), diversamente da quanto indicato nel capo di imputazione (commesso nel 2008), inizia già nel corso del 2007, quando il ricorrente, prima di essere raggiunto da provvedimento di fermo di indiziato di reato associativo, nell’ambito del processo deciso con la sentenza sub 4), consegnava al coimputato una somma di denaro pari a 45.000,00 € , a titolo di finanziamento per l’associazione criminosa che rappresentava, al fine di organizzare un’operazione di trasporto e acquisto del quantitativo di cocaina da panamensi oggetto di contestazione.
La vicinanza delle condotte, quella associativa, fino a gennaio 2008 e quella contestata nella sentenza n. 4) (aprile 2008), sono sintomo di continuazione, per essere invariata la modalità della condotta, la tipologia dei reati e dei beni giuridici lesi.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è parzialmente fondato.
1.1. Il primo motivo è fondato nei limiti innanzi illustrati.
È noto che la giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Rv. 271903) ha affermato che il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria, ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame. Di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda, anche solo con riguardo ad alcuni reati maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento.
Dunque, le valutazioni espresse in proposito nel giudizio di cognizione assumono una rilevanza indicativa da cui il Giudice dell’esecuzione può anche prescindere, ma solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui tali ultimi fatti, e soprattutto gli episodi omogenei rispetto a quelli tra cui il vincolo è stato riconosciuto, non possono essere ricondotti, a differenza degli altri, al delineato disegno (Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Ibba, Rv. 219529; Sez. 1, n. 19358 del 22/02/2012, COGNOME, Rv. 252781; Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013, COGNOME, Rv. 258227).
Più specificamente, di recente, questa Corte ha considerato necessaria la valutazione (Sez. 1, n. 2867 del 08/11/2023, dep. 2024, Palermo, Rv. 285809 01), da parte del Giudice dell’esecuzione, del riconoscimento del vincolo, avvenuto in sede di cognizione, tra reati commessi in un arco temporale al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli costituenti oggetto della domanda, sicché il giudice che ritenga di non accoglierla, anche solo con riguardo a taluni illeciti commessi in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la pregressa valutazione effettuata dal giudice di merito (in tale ultimo senso, cfr. Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 271903 – 01; Sez. 1, n. 37041 del 26/06/2019, COGNOME, Rv. 276944 – 01).
Tali principi interpretativi sono stati reputati applicabili anche al caso in cui il riconoscimento della continuazione sia già intervenuto, per alcuni provvedimenti definitivi, in fase esecutiva (tra le altre, Sez. 1, a n. 6224 del 13/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285790 -01).
Ciò posto, deve riscontrarsi, limitatamente alla sentenza sub 2) che non vi è espressa motivazione in ordine alla prossimità temporale tra i fatti decisi con quel provvedimento e i reati, già ritenuti in continuazione, di cui alle sentenze n 3) e 4).
Invero, risulta che, per questi ultimi, con ordinanza della Corte di appello di Palermo del 7 giugno 2023, è stato riconosciuto il vincolo della continuazione tra fatti commessi nell ‘ anno 2004 e fino al 2005 (sentenza sub 3), nonché per reato associativo e delitti di cui all ‘ art. 73 TU Stup., fatti commessi sino al gennaio 2008 (sentenza sub 4).
Dunque, i reati giudicati con la sentenza sub 2) si collocano in evidente prossimità temporale rispetto a tali ultimi fatti, trattandosi di delitti commessi dal ricorrente nel mese di aprile 2008.
La stringata motivazione resa con riferimento ai reati oggetto di tale sentenza (v. p. 5 e 6 dell ‘ ordinanza), si limita a rilevare che l’istante aveva segnalato, a sostegno della richiesta di riconoscimento della continuazione, elementi fattuali per i quali sono stati riunificati sotto il vincolo della continuazione i reati di cui alle sentenze sub 3) e 4).
Tanto, senza altro aggiungere rispetto al tema della collocazione temporale delle condotte decise con la sentenza sub 2).
1.2. Il secondo motivo e tutte le restanti deduzioni difensive, sono infondate.
Con riferimento al delitto di cui alla sentenza sub 1) si rileva che non è manifestamente illogica la motivazione della Corte di appello di Palermo laddove segnala l ‘ avvenuta esclusione, in sede di cognizione, della circostanza di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 e , comunque, l’assenza di elementi indicativi dell’esistenza di un programma unitario, iniziale, al momento dell’adesione di Bonanno a cosa nostra . Peraltro, sul punto, il ricorso non è specifico, posto che il preciso dies a quo della partecipazione non viene indicato nemmeno dal ricorrente.
Si tratta di motivazione in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334; 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481) non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali.
Sotto tale profilo, è dunque non rivedibile, nella presente sede, il giudizio di merito svolto nell ‘ordinanza impugnata, in base al quale il Giudice dell ‘ esecuzione ha escluso che l’estorsione , peraltro non aggravata ai sensi dell ‘ art. 7 legge cit., sia stata già programmata all’inizio della adesione di Bonanno al sodalizio di cui alla sentenza sub 4). Del resto, gli argomenti prospettati sul punto, appaiono versati in fatto e, quindi, non consentiti dinanzi a questa Corte.
Appare, infine, conforme all ‘ indirizzo di questa Corte considerare ostativo ex art. 671 cod. proc. pen., il decorso di un ampio contesto temporale tra reati oggetto di provvedimenti definitivi.
Invero, il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, tra i quali figura senz ‘ altro , la contiguità spazio─temporale, oltre ad ulteriori indici (quali le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita) e il fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali; la giurisprudenza, peraltro, precisa che non è sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Segue l ‘ annullamento del provvedimento impugnato, limitatamente alla richiesta di continuazione in relazione ai reati di cui alla sentenza della Corte di appello di Milano del 19 febbraio 2013, divenuta irrevocabile il 12 novembre 2014, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione (Corte Cost., sent. n. 183 del 2013).
Il ricorso, nel resto, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla continuazione con i reati di cui alla sentenza della Corte di appello di Milano del 19 febbraio 2013, irrevocabile il 12 novembre 2014, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso, il 22 maggio 2025