Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18269 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18269 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Castellammare di Stabia il 10/1/1972 avverso l’ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Napoli del 18/11/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 18.11.2024, il g.i.p. del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato una richiesta di applicazione della disciplina della continuazione in relazione ai fatti giudicati con le seguenti tre sentenze irrevocabili di condanna nei confronti di NOME COGNOME: 1) sentenza del g.i.p. del Tribunale di Napoli dell’1.12.2021 di condanna per la partecipazione al clan camorristico COGNOME da settembre 2007 a settembre 2008 e per alcune estorsioni aggravate ex art. 416bis .1 cod. pen., commesse da dicembre 2007 e da novembre 2008; 2) sentenza del g.i.p. del Tribunale di Napoli del 5.10.2022 di condanna per la partecipazione al clan camorristico COGNOME a partire dal 3.2.2009, per la partecipazione ad un’associazione finalizzata al narcotraffico in data anteriore e prossima al 10.9.2007 e per una serie di estorsioni aggravate ex art. 416bis .1 cod. pen. commesse tra novembre 2006 e il 2009; 3) sentenza del g.i.p. del Tribunale di Napoli del 18.1.2023 di condanna per un’estorsione commessa tra il 2006 e il 2007.
Il g.i.p. ha evidenziato l’impossibilità di ravvisare l’identità del disegno criminoso in considerazione dell’ampio arco temporale di commissione dei fatti, sicchØ non Ł possibile che Cavaliere avesse già programmato sin dal primo reato di porre in essere nei decenni successivi gli
altri reati di associazione, estorsione e detenzione di armi, posto che la sola contiguità temporale esistente tra alcuni dei fatti commessi non appare dimostrativa di un progetto che comprendesse tutte le violazioni fin dall’inizio.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME articolando un unico motivo, con cui, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
In particolare, il ricorrente si duole che il giudice dell’esecuzione, nel negare la sussistenza del vincolo della continuazione, abbia trascurato di considerare quanto evidenziato nell’istanza introduttiva e, cioŁ, che: a) le sentenze sub 1) e 2) hanno riconosciuto entrambe il vincolo della continuazione interna tra i reati associativi e i reati-fine di estorsione e armi ivi contestati; b) la sentenza sub 2) ha riconosciuto l’unicità del disegno criminoso tra i reati estorsivi commessi nel 2006 e il reato associativo decorrente da marzo 2009, statuendo la perdurante operatività dell’associazione camorristica COGNOME anche dopo il 3 febbraio 2009 (data di cessazione della permanenza del reato della prima sentenza) e, dunque, riconoscendo l’identità dei contesti associativi sub 1) e 2), in cui Cavaliere era inserito in modo continuativo; c) la sentenza sub 3) ha ad oggetto un’estorsione commessa tra il 2006 e il 2007, sicchØ il giudice avrebbe dovuto riconoscere la continuazione tra tale fatto e quelli sub 1) e 2).
Il ricorso sottolinea che i reati di estorsione e i reati in materia di armi sono quelli tipicamente utilizzati dalla criminalità organizzata per la realizzazione dei propri fini, allo scopo di reperire fondi e di esercitare il controllo sul territorio. Rientrando, dunque, nel programma associativo, fin dall’inizio gli associati hanno preordinato le estorsioni ai danni di tutti gli imprenditori e commercianti della zona, sicchØ la vittima viene individuata non per la sua specificità, ma per la sua appartenenza alla categoria.
Di conseguenza, Ł evidente la sussistenza di un comune progetto delittuoso, dal momento che i reati sono stati commessi durante il periodo di appartenenza di Cavaliere al medesimo clan COGNOME, nello stesso ambito territoriale (Castellammare di Stabia) e per agevolare le attività del gruppo mafioso, nell’ambito del quale egli era inserito con un ruolo operativo nel settore delle estorsioni.
Con requisitoria scritta del 15.1.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
L’ordinanza impugnata non ha preso concretamente in considerazione i diversi fatti oggetto delle sentenze di cui alla richiesta di applicazione della disciplina della continuazione, limitandosi genericamente a escludere la sussistenza di un medesimo disegno criminoso sulla base di una motivazione sinteticamente centrata sull’ampiezza dell’arco temporale di commissione dei reati.
Si tratta di una motivazione, oltre che concisa, anche alquanto approssimativa, perchØ non tiene conto che ricorre, invece, una indubbia contiguità temporale, e talvolta addirittura una sovrapponibilità, tra alcuni dei reati giudicati con le diverse sentenze.
NØ l’ordinanza ha fatto riferimento ad altri due elementi di significativa rilevanza ai fini della eventuale individuazione di una preordinata programmazione dei reati.
Il primo Ł che le condanne delle prime due sentenze abbiano riguardato entrambe il reato di
partecipazione di Cavaliere alla stessa associazione di stampo camorristico, per due distinti periodi temporali ma quasi senza soluzione di continuità.
Il secondo Ł che le medesime due sentenze abbiano già riconosciuto il vincolo della c.d. continuazione interna tra il reato associativo e alcuni reati di estorsione aggravati dalla finalità di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa: si tratta di fatti commessi nell’ambito del medesimo contesto associativo e nello stesso ambito spazio-temporale.
In questo modo, il giudice dell’esecuzione, in primo luogo, non ha in alcun modo considerato che, in tema di reato associativo, l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato con riferimento alla data finale cui si riferisce l’imputazione ovvero alla diversa data ritenuta in sentenza, o, nel caso di contestazione c.d. aperta, alla data della pronuncia di primo grado, sicchØ la successiva prosecuzione della medesima condotta illecita oggetto di accertamento può essere valutata quale presupposto per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i vari episodi (Sez. 2, n. 680 del 19/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277788 – 01; Sez. 6, n. 3054 del 14/12/2017, dep. 2018, P.g. in proc. COGNOME e altri, Rv. 272138 – 01).
In secondo luogo, l’ordinanza impugnata non ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente e con un’unica sentenza, e può escludere l’esistenza del vincolo in questione solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione. (Sez. 1, n. 37041 del 26/6/2019, COGNOME, Rv. 276944 – 01; Sez. 5, n. 39837 del 19/5/2014, Aprile, Rv. 262203 – 01; Sez. 1, n. 11240 del 6/12/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218523 – 01).
Nel caso di specie, dunque, il giudice dell’esecuzione si Ł limitato a evidenziare genericamente un aspetto – quello dell’intervallo temporale dei reati – che, proprio in virtø della sua già segnalata discutibile valenza, non era di per sØ necessariamente ostativo al riconoscimento della unicità del disegno criminoso e che pertanto avrebbe dovuto essere integrato da un’analisi del contesto complessivo di commissione dei reati, che aveva indotto il giudice della cognizione a riconoscere il vincolo della continuazione tra altri analoghi episodi criminosi.
Questo aspetto – beninteso – non determina alcun automatismo nel riconoscimento della continuazione tra i reati commessi in ambito associativo e il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., la quale Ł pur sempre ipotizzabile a condizione che il giudice verifichi puntualmente che i c.d. reati-fine siano stati programmati al momento in cui il partecipe si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio (Sez. 1, n. 23818 del 22/6/2020, Rv. 279430 – 01; Sez. 1, n. 1534 del 9/11/2017, dep. 2018, Rv. 271984 – 01) e che non siano legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 6, n. 13085 del 3/10/2013, dep. 2014, Rv. 259481 – 01; Sez . 5, n. 54509 dell’8/10/2018, Rv. 275334 – 02).
Tuttavia, la motivazione, sotto questo specifico profilo, Ł da considerarsi carente, dal che consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, per un nuovo esame alla luce dei rilievi formulati e dei principi sopra delineati.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli.
Così deciso il 13/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME