Il vincolo della continuazione: la Cassazione impone un’analisi per blocchi
In materia di esecuzione penale, l’istituto del vincolo della continuazione rappresenta uno strumento fondamentale per la rideterminazione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 5846/2024) ha chiarito un principio cruciale: se la difesa chiede il riconoscimento della continuazione per gruppi distinti di reati, il giudice non può rigettare l’istanza sulla base di una valutazione complessiva e unitaria, ma deve analizzare singolarmente ogni blocco proposto.
I Fatti del Caso
Un condannato presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione non tra tutte le sentenze di condanna a suo carico, ma tra diversi gruppi omogenei di sentenze. La richiesta, quindi, era strutturata per “blocchi”, raggruppando i reati per tipologia e periodo di commissione.
Il Tribunale, tuttavia, rigettava l’istanza. Nella sua motivazione, il giudice effettuava un’analisi complessiva di tutti i fatti reato, concludendo che non sussisteva un unico disegno criminoso a causa della eterogeneità dei crimini commessi (dal falso alla ricettazione), dell’ampio arco temporale (oltre un decennio) e della distanza geografica tra i luoghi di commissione.
Il condannato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, lamentando che il Tribunale avesse travisato la richiesta difensiva, omettendo di valutare la fondatezza della continuazione all’interno dei singoli blocchi proposti.
La Decisione sul vincolo della continuazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma per un nuovo esame. La Suprema Corte ha ravvisato un vizio fondamentale nella decisione del giudice dell’esecuzione: l’aver mancato di “dialogare” con la specifica deduzione difensiva.
Il ricorrente non aveva chiesto il riconoscimento di un’unica continuazione tra tutti i reati, ma diverse continuazioni distinte per gruppi omogenei. Il Tribunale, invece di esaminare la fondatezza di ciascuna di queste richieste parziali, ha condotto un’analisi globale e indistinta, respingendo l’istanza sulla base di un presupposto errato, ovvero che tutti i fatti dovessero essere legati da un unico disegno criminoso.
Le motivazioni
La motivazione della Cassazione si fonda sul principio del contraddittorio e sul dovere del giudice di rispondere puntualmente alle allegazioni delle parti. Il Giudice dell’esecuzione ha ignorato la struttura della domanda, che era segmentata per blocchi. Invece di verificare se, all’interno di ciascun gruppo di reati, potessero sussistere i requisiti per la continuazione (medesimo disegno criminoso, omogeneità delle condotte, prossimità temporale), ha applicato un filtro unico e complessivo, che per sua natura non poteva che portare a un rigetto.
Questo approccio, secondo la Corte, costituisce un errore di diritto, poiché elude il nucleo della richiesta difensiva. L’analisi doveva essere parcellizzata, valutando ogni singolo blocco in modo autonomo. La disomogeneità complessiva di tutti i reati non esclude, infatti, che possano esistere sottogruppi di reati omogenei e legati da un medesimo disegno.
Le conclusioni
La sentenza stabilisce un importante principio procedurale: il giudice dell’esecuzione, di fronte a un’istanza di applicazione del vincolo della continuazione strutturata per blocchi, ha l’obbligo di effettuare una valutazione analitica e separata per ciascun blocco. Non può limitarsi a una visione d’insieme che appiattisce le specificità della richiesta. Di conseguenza, il Tribunale di Roma dovrà ora procedere a un nuovo, più approfondito esame, valutando, gruppo per gruppo, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del reato continuato, in piena libertà di giudizio ma nel rispetto del principio indicato dalla Suprema Corte.
Cosa significa chiedere il vincolo della continuazione ‘per blocchi’?
Significa chiedere al giudice di riconoscere un medesimo disegno criminoso non tra tutti i reati per cui si è stati condannati, ma solo tra gruppi specifici di reati, che si ritengono omogenei per tipologia e vicini nel tempo.
Perché il Tribunale aveva respinto la richiesta iniziale?
Il Tribunale aveva respinto la richiesta perché, analizzando tutti i reati insieme, li aveva ritenuti troppo diversi tra loro (eterogenei), commessi in un arco temporale molto lungo e in luoghi distanti, concludendo che non potessero derivare da un unico disegno criminoso.
Qual è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con questa sentenza?
La Corte ha stabilito che se la difesa formula una richiesta di continuazione per blocchi, il giudice ha l’obbligo di esaminare ogni singolo blocco separatamente. Non può rigettare l’intera istanza basandosi su una valutazione complessiva che ignora la specifica struttura della domanda.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5846 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5846 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma- quale giudice dell’esecuzione – ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra numerose sentenze – non specificatamente indicate nel provvedimento -, osservando come le condotte criminose fossero eterogenee tra loro in relazione alle tipologie di reato (artt. 367, 385, 496, 624, 625, 640, 648 cod. pen., art. 2 legge n. 1423 del 1956), ed alle modalità delle condotte; come rilevante fosse il lasso temporale di commissione dei fatti (ottobre 1998- settembre 2010), e come i luoghi di commissione fossero distanti tra loro.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge, mancanza di motivazione e travisamento delle richieste difensive.
Osserva in particolare il ricorrete come con l’originaria istanza non era stata richiesta la continuazione fra tutti i numerosi reati per i quali il COGNOME ha riportato condanne ma diverse continuazioni per blocchi omogenei dal punto di vista della tipologia di reato e di tempo di commissione.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha depositato la sua requisitoria in data 3 novembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La requisitoria è stata depositata oltre il termine del quindicesimo giorno antecedente l’udienza camerale, previsto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen. Poiché il rispetto di tale termine è funzionale alle esigenze di effettività e adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell’udienza, cui le parti non sono ammesse a comparire, potendo tuttavia trasmettere memorie di replica sino al quinto giorno antecedente, l’intervento del pubblico ministero è da considerare tardivo e delle relative argomentazioni e conclusioni non è possibile tenere conto in questa sede (Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, R., Rv. 276414-01).
2:11 ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
L’ordinanza impugnata ha mancato di dialogare con una fondamentale deduzione difensiva, pure specificamente proposta.
L’originaria istanza avanzata al Giudice dell’esecuzione dal condannato era infatti volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra diversi gruppi di sentenza.
Il Giudicante ha effettuato invece un’analisi complessiva dei fatti reato oggetto delle sentenze comprese nell’istanza, respingendo la stessa sul presupposto che i fatti fossero disomogenei, e fossero stati commessi in contesti geografici diversi ed in un rilevante lasso temporale.
Il punto critico segnalato rende dunque necessario l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma, in diversa composizione, in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale n. 183 del 2013, perché proceda a nuovo, più approfondito, esame dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., da condursi in piena libertà, ma alla luce dei rilievi sopra formulati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.
Così deciso il 17 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente