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Vincolo della continuazione: analisi per blocchi

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava il riconoscimento del vincolo della continuazione. Il giudice di merito aveva errato nel condurre un’analisi complessiva e unitaria di tutti i reati, ignorando la richiesta della difesa di valutare la continuazione per ‘blocchi’ separati e omogenei di sentenze. La Suprema Corte ha stabilito che il giudice deve esaminare specificamente la richiesta così come formulata, procedendo a una valutazione parcellizzata per ogni gruppo di reati indicati.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il vincolo della continuazione: la Cassazione impone un’analisi per blocchi

In materia di esecuzione penale, l’istituto del vincolo della continuazione rappresenta uno strumento fondamentale per la rideterminazione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 5846/2024) ha chiarito un principio cruciale: se la difesa chiede il riconoscimento della continuazione per gruppi distinti di reati, il giudice non può rigettare l’istanza sulla base di una valutazione complessiva e unitaria, ma deve analizzare singolarmente ogni blocco proposto.

I Fatti del Caso

Un condannato presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione non tra tutte le sentenze di condanna a suo carico, ma tra diversi gruppi omogenei di sentenze. La richiesta, quindi, era strutturata per “blocchi”, raggruppando i reati per tipologia e periodo di commissione.

Il Tribunale, tuttavia, rigettava l’istanza. Nella sua motivazione, il giudice effettuava un’analisi complessiva di tutti i fatti reato, concludendo che non sussisteva un unico disegno criminoso a causa della eterogeneità dei crimini commessi (dal falso alla ricettazione), dell’ampio arco temporale (oltre un decennio) e della distanza geografica tra i luoghi di commissione.

Il condannato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, lamentando che il Tribunale avesse travisato la richiesta difensiva, omettendo di valutare la fondatezza della continuazione all’interno dei singoli blocchi proposti.

La Decisione sul vincolo della continuazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma per un nuovo esame. La Suprema Corte ha ravvisato un vizio fondamentale nella decisione del giudice dell’esecuzione: l’aver mancato di “dialogare” con la specifica deduzione difensiva.

Il ricorrente non aveva chiesto il riconoscimento di un’unica continuazione tra tutti i reati, ma diverse continuazioni distinte per gruppi omogenei. Il Tribunale, invece di esaminare la fondatezza di ciascuna di queste richieste parziali, ha condotto un’analisi globale e indistinta, respingendo l’istanza sulla base di un presupposto errato, ovvero che tutti i fatti dovessero essere legati da un unico disegno criminoso.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio del contraddittorio e sul dovere del giudice di rispondere puntualmente alle allegazioni delle parti. Il Giudice dell’esecuzione ha ignorato la struttura della domanda, che era segmentata per blocchi. Invece di verificare se, all’interno di ciascun gruppo di reati, potessero sussistere i requisiti per la continuazione (medesimo disegno criminoso, omogeneità delle condotte, prossimità temporale), ha applicato un filtro unico e complessivo, che per sua natura non poteva che portare a un rigetto.

Questo approccio, secondo la Corte, costituisce un errore di diritto, poiché elude il nucleo della richiesta difensiva. L’analisi doveva essere parcellizzata, valutando ogni singolo blocco in modo autonomo. La disomogeneità complessiva di tutti i reati non esclude, infatti, che possano esistere sottogruppi di reati omogenei e legati da un medesimo disegno.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un importante principio procedurale: il giudice dell’esecuzione, di fronte a un’istanza di applicazione del vincolo della continuazione strutturata per blocchi, ha l’obbligo di effettuare una valutazione analitica e separata per ciascun blocco. Non può limitarsi a una visione d’insieme che appiattisce le specificità della richiesta. Di conseguenza, il Tribunale di Roma dovrà ora procedere a un nuovo, più approfondito esame, valutando, gruppo per gruppo, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del reato continuato, in piena libertà di giudizio ma nel rispetto del principio indicato dalla Suprema Corte.

Cosa significa chiedere il vincolo della continuazione ‘per blocchi’?
Significa chiedere al giudice di riconoscere un medesimo disegno criminoso non tra tutti i reati per cui si è stati condannati, ma solo tra gruppi specifici di reati, che si ritengono omogenei per tipologia e vicini nel tempo.

Perché il Tribunale aveva respinto la richiesta iniziale?
Il Tribunale aveva respinto la richiesta perché, analizzando tutti i reati insieme, li aveva ritenuti troppo diversi tra loro (eterogenei), commessi in un arco temporale molto lungo e in luoghi distanti, concludendo che non potessero derivare da un unico disegno criminoso.

Qual è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con questa sentenza?
La Corte ha stabilito che se la difesa formula una richiesta di continuazione per blocchi, il giudice ha l’obbligo di esaminare ogni singolo blocco separatamente. Non può rigettare l’intera istanza basandosi su una valutazione complessiva che ignora la specifica struttura della domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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