Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 47632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 47632 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME COGNOME nato a Tivoli il 05/03/1983, COGNOME NOMECOGNOME nato ad Avola (SR) il 04/02/1976, avverso l’ordinanza del 29/05/2024 del Tribunale del riesame di Roma ; udita la relazione svolta dal consi g liere NOME COGNOME letta la re q uisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore g enerale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 29 maggio 2024, depositata il 25 giugno 2024, il Tribunale di Roma, Sezione per il Riesame, in accoglimento dell’appello cautelare proposto dal Pubblico Ministero, applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dei ricorrenti in relazione al reato di cui all’art. 74, commi 2, 3 e 4, del d.P.R. n. 309 del 1990, contestato al capo 1) della provvisoria incolpazione, poiché ritenuti responsabili di essersi associati tra loro allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 di acquisto trasporto, commercio, cessione, vendita ed illecita detenzione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, destinate ad essere smerciate nei territori di Tivoli, Guidonia Montecelio, Villanova di Guidonia, Villa Adriana d Tivoli e Vicovaro; nonché in relazione a vari reati di detenzione e cessione di sostanza stupefacente ad essi rispettivamente contestati nelle provvisorie incolpazioni.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo del comune difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi sostanzialmente sovrapponibili.
2.1 Con il primo motivo deducono mancanza della motivazione e contraddittorietà della stessa ove apparentemente presente e violazione dei criteri legali di valutazione della prova cautelare (artt. 125, 192 e 173 cod. proc. pen., 74 d.P.R. n. 309/1990 in riferimento all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.).
Premette la difesa dei ricorrenti che il G.I.P. di Roma ha rigettato la domanda cautelare per due ordini di ragioni, la riscontrata assenza di elementi dimostrativi la sussistenza di una fattispecie associativa e la riscontata assenza di concrete ed attuali esigenze di cautela.
L’ordinanza impugnata del Tribunale di Roma è, ad avviso dei ricorrenti, sostanzialmente priva di motivazione, ancorando la sussistenza del vincolo associativo alla reiterazione delle ipotizzate cessioni, per vero assolutamente contenute, senza illustrare quali fossero i concreti tratti che consentirebbero di ricavare i necessari tratti di stabilità dei rapporti di fornitura/acquisto, idone garantire l’operatività dell’associazione ed a disvelare natura e consistenza del vincolo associativo. Il Tribunale, infatti, si è limitato a passare in rassegna cessioni operate dal Papa allo COGNOME (capi 4 e 14), i rapporti tra Papa e COGNOME (capi 14 e 17) ed i rapporti tra Papa e COGNOME (capi 7, 8, 9 e 22), mentre invece la qualificazione dei rapporti tra Papa e COGNOME non può sostituirsi alla dimostrazione di un rapporto in termini associativi non essendo indicate specifiche ed inequivocabili connotazioni in tal senso ed a fortiori per non essere stata y
2 GLYPH
acquisita la prova di una pur rudimentale e minima organizzazione, con ripartizione dei ruoli, sempre pronta ad operare e non solo nel momento delle singole cessioni. Il Tribunale è rimasto assolutamente assertivo sulle modalità di condotta standardizzate e sulla predefinita ripartizione dei ruoli, mentre è rimasto inesplorato il profilo della ritenuta indeterminatezza della serie dei reati de gruppo.
La difesa osserva come lo COGNOME si sia approvvigionato di sostanze da altri fornitori e come, dopo l’aprile 2019, non abbia avuto alcun contatto o rapporto con il COGNOME, segno inequivocabile di forniture ricevute da altri soggetti. Analogamente per il COGNOME, il quale risulta essersi approvvigionato ora dal COGNOME in concorso con il COGNOME, ora da altri soggetti, evidentemente rimasti ignoti. Ed è proprio la disinvoltura nel mutamento dei canali di approvvigionamento da parte din COGNOME e COGNOME che, ad avviso dei ricorrenti, mal si concilia con-it ritenuto.. e presuntq affectio societatis.
Quanto all’elemento soggettivo della ritenuta partecipazione, la ritenuta disponibilità del Papa a farsi carico delle spese legali degli associati tratti in arres nell’esercizio dell’attività di spaccio viene in considerazione per la sola figura de COGNOME e, peraltro, il Tribunale non si cura di spiegare quali siano le ragioni in forza delle quali il riferimento all’avvocato, in una conversazione del 10 settembre 2019, sia necessariamente da intendersi in relazione all’arresto subito dal COGNOME il 20 febbraio 2019. Tanto che, con riferimento al COGNOME, il Papa si limita a suggerire a costui il nominativo di un difensore, senza poi interessarsi della vicenda, allorchè COGNOME dimentica di contattare il legale, e senza che il mancato adeguamento del COGNOME al consiglio ricevuto abbia avuto alcuna rilevanza, circostanza questa che i ricorrenti ritengono del tutto incompatibile con il contesto associativo.
Quanto alla messa a disposizione, da parte del Papa, di una vettura in favore di COGNOME, osservano i ricorrenti che l’esame delle informazioni disponibili non consente di ricavare il pur minimo elemento dimostrativo dell’assunto del Tribunale secondo cui la vettura presa a noleggio dal Popa dal concessionario COGNOME sia stata messa a disposizione dal Papa.
Quanto alla custodia dello stupefacente del Papa della quale era investito il COGNOME, la difesa dei ricorrenti osserva che in atti si riscontra una sola conversazione che dà conto di tale evenienza e dalla quale neanche può trarsi argomento per ritenere un contesto associativo.
2.2 Con il secondo motivo la difesa deduce violazione dei criteri legali di valutazione delle esigenze cautelari, mancanza della motivazione e manifesta contraddittorietà della stessa ove apparentemente presente (artt. 125, 274, 275, 275-bis, 292 cod. proc. pen., in riferimento all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.).
Lamenta la difesa dei ricorrenti come il Tribunale ravvisi le esigenze di cau sociale sulla base di condotte risalenti al 2019 e ritenendo che il vincolo asso da allora non si sia dissolto. Osserva in contrario la difesa come non possano a sostegno della valutazione dell’attualità e della concretezza del pericolo con risalenti al più tardi al 18 luglio 2019 (data di arresto del D’Anna) e al 22 se 2019 (data di arresto del Papa), tanto più che la fattispecie associativa di cui 74 d.P.R. n. 309/1990 è qualificata unicamente dai reati fine e risulta ad inapplicabile la regola di esperienza della tendenziale stabilità del sodal difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglime gruppo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
1. In via preliminare, occorre innanzitutto richiamare la consolid affermazione di questa Corte (ex multis cfr. Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Rv. 281019 e Sez. 5, n. 36079 del 05/06/2012, Rv. 253511), secondo cui la nozion di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella che serve a qualifica quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale. Al dell’adozione della misura è infatti sufficiente l’emersione di qualunque elem probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità responsabilità dell’indagato” in ordine ai reati addebitati. Pertanto, tali in devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio d dall’art. 192 comma 2 cod. proc. pen., ed è per questa ragione che l’art comma 1 bis cod. proc. pen. richiama l’art. 192 commi 3 e 4 cod. proc. pen., m non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richie precisione e concordanza degli indizi.
Quanto ai limiti del sindacato di legittimità, deve essere ribadito che, in di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassaz vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordin alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta solo il com verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto d ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a c dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardant valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai pri diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828).
Il controllo di logicità deve rimanere quindi “all’interno” del provvedime impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fat delle vicende indagate; in altri termini, l’ordinamento non conferisce alla alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende ind ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione caratteristiche soggettive dell’indagato, in ciò rientrando anche l’apprezzam delle esigenze cautelari e delle misure adeguate, trattandosi di apprezzam rientranti nel compito esclusivo del giudice cui è stata chiesta l’applicazion misura, nonché al tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è circoscritto al solo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro n ovvero: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo h determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo dell’atto impugnato (sul punto, tra le tante, cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/0 Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, deve rilevarsi ch giudizio sulla gravità indiziaria formulato dal Tribunale del riesame, rispett fattispecie oggetto delle imputazioni provvisorie elevate nei confront ricorrenti, non presta il fianco a censure di irragionevolezza e di o motivazione.
Il Tribunale risulta aver adeguatamente analizzato gli elementi indizia con motivazione assolutamente logica, aver ritenuto la sussistenza dei gravi in di colpevolezza a carico dei ricorrenti in ordine ai reati a costoro cont ribaltando il provvedimento reiettivo del Giudice per le indagini preliminari.
2.1 Diversamente dalle censure mosse nel primo motivo di ricorso, il Tribunal cautelare si è conformato a principi ripetutamente affermati da questa Cor secondo cui la prova del vincolo può essere desunta dalle modalità esecutive reati fine e dalla loro ripetitività, dalla natura dei rapporti tra i loro a ripartizione di compiti e ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungime comune obiettivo di effettuare attività di commercio di stupefacenti (Sez. 9061 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255312). E’ stato altre conseguentemente affermato, quanto ai profili probatori, che la prova del vinc permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche mediant l’accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, frequenti viaggi per i rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni n per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo ger .,.. che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di
rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610).
Coerentemente con detti principi, il Tribunale del riesame muove proprio dall’esame della pluralità dei reati-fine commessi e delle modalità di realizzazione per dedurre l’esistenza di un sodalizio dedito al commercio di varie tipologie di sostanza stupefacente, anche di significativo ammontare, con ripartizione dei ruoli e con supremazia del ricorrente NOME COGNOME sugli altri sodali, prendendo in esame in particolare i rapporti tra il Papa a NOME COGNOME laddove NOME viene definito dal secondo come l’abituale suo fornitore di sostanza drogante; i rapporti tra COGNOME e NOME COGNOME, laddove il primo si era avvalso dell’abitazione del secondo per la custodia dello stupefacente, per poi ricevere indicazioni dallo stesso COGNOME di un diverso luogo di custodia, individuato in un immobile sito nel centro storico di Vicovaro, proprietà di NOME COGNOME; i rapporti tra COGNOME e NOME COGNOME dedito quest’ultimo a funzioni di pusher; per poi mettere in risalto le azioni poste in essere contestualmente da COGNOME, COGNOME e COGNOME nel recupero delle somme dovute dagli acquirenti, facendo riferimento ai tentativi di rintraccio effettuati d tre nei confronti del debitore NOME COGNOME poi effettivamente rintracciato da COGNOME e COGNOME e da costoro pesantemente minacciato di morte, elemento quest’ultimo sottolineato dai giudici della cautela come sintomatico del rapporto di reciproca solidarietà intercorrente tra i membri del sodalizio.
2.2 La mera assertività sulle modalità di condotta standardizzate e sulla predefinita ripartizione dei ruoli, censurata dai ricorrenti, è dunque smentita dai giudici cautelari, anche laddove mettono in evidenza di come il compendio intercettativo dia conto dell’inserimento nel sodalizio del pucher NOME COGNOME in precedenza aggregato ad altro gruppo capeggiato dai fratelli NOME
2.3 Allo stesso modo, è smentita la critica sull’esistenza del vincolo associativo e dell’affectio societatis, sottolineando il Tribunale cautelare il sostegno economico del Papa in occasione dell’arresto del COGNOME; tanto in linea con l’affermazione di questa Corte di legittimità secondo cui la prova dell’appartenenza al sodalizio criminoso può essere desunta anche dall’accertamento dell’assistenza legale fornita ad un partecipe e dell’aiuto economico assicurato ai suoi familiari, una volta che costui sia tratto in arresto, consistendo in condotte prestate a vantaggio dell’intera consorteria e non solo della persona assistita (Sez. 3, n. 12705 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 275478, dove è stato precisato che, al fine del consolidamento dell’organizzazione criminale, assume una importanza vitale la circostanza che l’associato abbia consapevolezza di poter contare, in caso di arresto, sulla continuità del vincolo associativo e sul rapporto di solidarietà tra g associati).
2.4 Proprio sulla critica in ordine alla mancata acquisizione della prova di una pur rudimentale e minima organizzazione, con ripartizione dei ruoli, è stato invece
precisato, nell’ordinanza impugnata, come il Papa rivestisse una funzione supremazia, organizzando e finanziando gli approvvigionamenti di sostanza stupefacente, intrattenendo i rapporti con i fornitori, organizzando le spedi per il recupero dei crediti, esternando propositi vendicativi, anche con l’util armi, nei confronti di chi avesse osato denunciarlo, sostenendo le spese d associati in caso di arresto o suggerendo il legale cui rivolgersi in caso di rivolte nei confronti di un sodale; COGNOME, invece, aveva il compito di custodi stupefacente, mettendo a disposizione del sodalizio il suo appartamento, personalmente attivandosi per reperire altro luogo idoneo all’occultamen nonché proponendo nuovi canali di approvvigionamento di sostanza stupefacente ed anche l’organizzazione del viaggio a ciò necessario, infine mettend disposizione del gruppo anche la particolare inclinazione all’uso della violenza recupero, anche con modalità estorsive, delle somme dovute dagli acquirenti, nell’ambito di spedizioni punitive nei confronti di chi segnalasse alle dell’ordine i luoghi di custodia dello stupefacente.
La ricostruzione dei giudici della cautela è, dunque, il frutto di una esau e razionale rassegna degli elementi investigativi acquisiti, dei quali la propone sostanzialmente una diversa lettura, che non può trovare ingresso questa sede, senza neanche confrontarsi integralmente con le argomentazion contenute nell’ordinanza impugnata.
Sono anche infondate le doglianze sul difetto di motivazione in ordine a attualità e concretezza delle esigenze cautelari, dovendosi ricordare che, in alla questione relativa alla rilevanza del tempo decorso dai fatti contestat concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, nei casi in cui o presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sono ravvisabili giurisprudenza di legittimità due indirizzi ermeneutici.
Secondo un primo orientamento, richiamato dalla ordinanza impugnata, il “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emis della misura e i fatti contestati), ove non accompagnato da altri elementi fat è inidoneo a superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, proc. pen. Si afferma, infatti, che detta presunzione è prevalente, in speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. p cosicché se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma proc. pen., la presunzione in esame fa ritenere sussistente i caratteri di a e concretezza del pericolo, salvo prova contraria, non desumibile, tuttavia, sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, ove non accompagnata d altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudi pericolosità (cfr. Sez. 2, n. 6592 de! 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 – 02; S
n. 4950 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282865; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004).
Altro orientamento ritiene, invece, che, pur se per i reati di cui all’art. 275 comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma d cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagat sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le tante, Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, kv. 274861). Si è, infatti, affermato che la presunzione menzionata – in particolare nelle ipotesi in cui sono contestati un reato per sua natura non permanente oppure un reato permanente, come quello associativo, ma oggetto di contestazione di fatto “chiusa”, perché corredata dall’indicazione del momento di cessazione della condotta partecipativa – tende ad affievolirsi, quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell’intervento cautelare.
Tale soluzione ermeneutica appare coerente con la stessa struttura del reato associativo e, in particolare, con le connotazioni “dinamiche” proprie della condotta di partecipazione. Va, infatti, considerato che secondo il consolidato principio di diritto, più volte affermato anche dalle Sezioni Unite, il contributo all’attualità de vita associativa ed alla realizzazione dei fini che la stessa si propone non può risolversi in una semplice adesione di tipo ideologico, che sicuramente rileva sul piano psicologico, ma deve, comunque, concretarsi in una condotta partecipativa, anche di rilievo non particolarmente incisivo e, come tale, sostituibile, che sia funzionale alla realizzazione degli scopi illeciti della compagine e dimostrativa di una attualità dell’inserimento in essa dell’indagato e, quindi, della permanenza del delitto associativo non solo sul versante oggettivo della struttura associativa in sé considerata, ma anche su quello soggettivo della personale adesione ad essa del singolo indagato. Si tratta, dunque, più che di un mero “status” di appartenenza, di un ruolo dinamico e funzionale, connotato dallo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670). A fronte di siffatta connotazione della condotta di partecipazione ad una associazione per delinquere quale quella in contestazione e della natura permanente di tale reato, il tempo intercorso tra i fatti contestati e
l’emissione della misura cautelare, in mancanza di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, deve poter rilevare quale fattore sintomatico della inattualità del vincolo associativo o della sua definitiva dissoluzione, dovendosi, peraltro, escludere la necessità che il recesso dell’associato assuma le forme di una dissociazione espressa, coincidente con l’inizio della collaborazione con l’Autorità Giudiziaria.
Come ben evidenzia Sez. 4, n. 19751 del 17/04/2024, COGNOME, Rv. 286527, i due orientamenti, in realtà, non si pongono in contrapposizione e ben possono compendiarsi nel condivisibile díctum secondo cui, in tema di misure coercitive’ quando si procede per un delitto per il quale opera una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria, ai fini della prova contraria, occorrono elementi idonei ad escludere la sussistenza di ragionevoli dubbi posto che la presunzione detta un criterio da applicarsi proprio in caso di incertezza; ne deriva che, per giungere al superamento di tale presunzione, il tempo trascorso tra i fatti per cui si procede e l’esecuzione della misura, pur valutabile, deve essere tale da consentire il superamento della situazione di dubbio (Sez. 2, n. 19341 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273434 – 01; conf. Sez. 6, n. 53028 del 06/11/2017, Battaglia, Rv. 271576 – 01 secondo cui per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione al quale l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, ai fini della prova contraria assume rilevanza il fattore temporale, ove esso sia di notevole consistenza, cosicché è necessario che l’ordinanza cautelare motivi in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, indicando specifici elementi di fatto idonei a dimostrare l’attualità dell esigenze cautelari; Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014, COGNOME, Rv. 261670 – 01 secondo cui, in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta – rispetto a condotte esecutive risalenti nel tempo – da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, in quanto tale fattispec associativa è qualificata unicamente dai reati fine, e non postula necessariamente l’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vinco associativo tipiche del reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., risultando quind inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, della tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individu o lo scioglimento del gruppo). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Peraltro, deve anche essere ricordato il consolidato orientamento che, in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del
medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art., 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293 – 01; conf. Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, Fusco, Rv. 280243 – 01).
Alla stregua di tali premesse, deve rilevarsi che anche nel giudizio sulle esigenze di cautela sociale formulato dal Tribunaie del riesame, rispetto alle fattispecie oggetto delle imputazioni provvisorie elevate nei confronti dei ricorrenti, non è dato rilevare di irragionevolezza e di omessa motivazione.
Il Tribunale cautelare, nel ribaltare il provvedimento del G.I.P. che aveva ritenuto insussistenti le esigenze cautelari in ragione del lasso temporale decorso, richiama la duplice presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria, soffermandosi sulla spiccata determinazione delittuosa rivelata dai correi, avendo il sodalizio continuato ad operare anche a seguito dei sequestri di stupefacente e degli intervenuti arresti di alcuni dei suoi componenti, tanto che il Papa, a seguito degli interventi di polizia, aveva aumentato le precauzioni e le accortezze adottate nell’esercizio dell’attività di spaccio, indicative di una esperienza almeno ventennale nel settore del narcotraffico.
5.1 Quanto alla posizione di Papa, il Tribunale del riesame ha messo in risalto come costui, a seguito degli interventi di polizia, aveva aumentato le precauzioni e le accortezze adottate nell’esercizio dell’attività di spaccio, indicative di un esperienza almeno ventennale nel settore del narcotraffico. E, durante la detenzione carceraria seguita al suo arresto, aveva esortato la moglie a non parlare per telefono con i correi per il timore che le conversazioni potessero essere intercettate, ma a riscuotere comunque il denaro che gli era dovuto dall’acquirente per la cessione di stupefacente in conseguenza della quale era stato arrestato. Il Tribunale mette anche in risalto la personalità violenta del Papa, palesatasi nei confronti dei debitori del sodalizio, nei confronti di coloro che avrebbero collaborato con le forze dell’ordine e nei confronti financo delle forze dell’ordine stesse, esprimendo violente minacce nei confronti dei ‘militari che stavano svolgendo indagini a suo carico e manifestando anche l’intenzione e la capacità di procurarsi armi clandestine.
A fronte di tale motivazione, la censura della cessata operatività del sodalizio già nel corso dell’anno 2019 anche in considerazione del fatto che la fattispecie
associativa era qualificata unicamente dai reati fine, non coglie nel segno, riguardo, al contrario, alla totale dedizione del ricorrente alla programmazio all’attuazione dell’attività di spaccio, messa adeguatamente in risalto dal Tri cautelare, nonché alla violenta personalità del Papa collegata dai giudici caut alla condotta estorsiva contestatagli e alla manifestata disponibilità di armi descrivere una personalità criminale allarmante.
5.2 Quanto alla posizione di NOME COGNOME, il Tribunale cautelare mette i risalto il pervicace apporto criminoso di costui, proponendo il riavvio dell’a di spaccio dopo la pausa estiva, proponendo un nuovo luogo di deposito e nuov collaboratori per il trasporto e lo spaccio di stupefacente, mettendo anc disposizione i propri veicoli. I giudici della cautela ne mettono in evide particolare personalità votata al crimine, rivelando anche un’indole viol condividendo con Papa propositi vendicativi nei confronti delle forze dell’ordi manifestando la volontà di impartire una violenta lezione ai debitori morosi sodalizio, nonché l’esistenza di un precedente penale specifico grave sep risalente. I principi richiamati e l’esposto argomentare dei giudici della smentiscono le osservazioni difensive secondo cui sarebbe intervenuta dissoluzione del vincolo associativo: il Tribunale del riesame, infatti, muov dalla premessa della duplice presunzione caratterizzante il reato associa contestato, sulla base degli argomenti suesposti, perviene alla logica conclus che il mero dato temporale è in sé neutro, non riscontrandosi nel caso in es elementi idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità, essendo il ricorrente dedito ad alcuna attività lavorativa ed avendo contin imperturbabilmente a delinquere senza mostrare alcuna resipiscenza.
5.3 II provvedimento impugnato appare, infine, sufficientemente motivato anche sotto il profilo della adeguatezza della misura applicata, collegat assoluta spregiudicatezza ed incapacità di autocontenimento dimostrata d ricorrenti, allorchè avevano avuto notizia delle indagini in corso ed erano a stati personalmente attinti da misure contenitive a carattere domiciliare, in di operare anche attraverso terze persone disposte ad agire per loro co circostanze quelle esposte tali da rendere altamente prevedibile la inidoneità custodia domiciliare a scongiurare il pericolo di reiterazione criminosa.
Ed in particolare, relativamente alla motivazione dell’inadeguatezza de misura degli arresti domiciliari anche con applicazione del cosiddetto braccia elettronico, deve essere ricordato il principio – condiviso dal Collegio – se cui il giudizio del Tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domic a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valut assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sull’inopportun
impiego ai uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art 275-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 41112 del 13/09/2024, COGNOME; Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, COGNOME, Rv. 277762, secondo cui deve ritenersi assolto l’onere motivazionale sull’assoluta proporzionalità della misura carceraria quando si esclude in radice l’idoneità del regime cautelare fiduciario, ordinariamente caratterizzato dal controllo elettronico).
D’altra parte, l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato, sottoposto a misura coercitiva, in merito alla adeguatezza o meno di una misura rispetto ad altra al fine di garantire il pur ravvisato pericolo di reiterazione nel reato, è giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, s congruamente e logicamente motivato (cfr., Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, COGNOME NOME, Rv. 275851; Sez. 6, n. 17314 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250093).
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, i ricorsi proposti nell’interesse dei ricorrenti devono essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti stessi, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.