Vincolo Amministrativo: Quando la revoca del sequestro penale non basta
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 36789/2024 offre un importante chiarimento sulla distinzione tra sequestro penale e vincolo amministrativo, sottolineando come la revoca del primo non implichi automaticamente la cessazione del secondo. Questo caso dimostra l’importanza di leggere con attenzione ogni atto giudiziario, poiché l’ignoranza o un’errata interpretazione non costituiscono una valida difesa. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni a cui sono giunti i giudici.
I Fatti di Causa
Un imprenditore, titolare di apparecchi da gioco, si vedeva infliggere una condanna per i reati di violazione di sigilli e sottrazione di cose sottoposte a sequestro. L’imprenditore decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo un errore nella valutazione del profilo psicologico del reato. A suo dire, dopo che il Pubblico Ministero aveva revocato il sequestro penale sui suoi beni, egli aveva legittimamente ritenuto che questi fossero ormai liberi da qualsiasi tipo di vincolo. La permanenza di un ulteriore vincolo amministrativo, secondo la sua difesa, non era facilmente comprensibile per un cittadino comune e, pertanto, non gli si poteva addebitare la volontà di commettere il reato.
La Decisione della Corte e la persistenza del vincolo amministrativo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente la linea difensiva dell’imputato. I giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello, che aveva già confermato la colpevolezza, del tutto “solida e fondata su un oggettivo riscontro”. La tesi della presunta “oscurità” del provvedimento amministrativo è stata considerata una scusa generica e indimostrata, incapace di scalfire la logica della condanna.
Le Motivazioni della Decisione
Il punto centrale della decisione della Corte risiede nella chiarezza degli atti notificati all’imputato. La Corte ha evidenziato due elementi cruciali:
1. Il Decreto del Pubblico Ministero: Il provvedimento che revocava il sequestro penale e disponeva la restituzione degli apparecchi conteneva una clausola esplicita. In esso, infatti, si “faceva espressamente salva la permanenza del vincolo amministrativo“. Non c’era, quindi, ambiguità.
2. Il Verbale di Esecuzione: Il verbale redatto al momento dell’esecuzione del provvedimento, e sottoscritto dallo stesso ricorrente, ribadiva in modo inequivocabile che “i videogiochi restano sottoposti a sequestro amministrativo ed affidati in giudiziale custodia” allo stesso imputato.
Di fronte a tali evidenze documentali, la Corte ha concluso che la presunta difficoltà di comprensione era un argomento pretestuoso. La firma apposta sul verbale attestava la presa visione di condizioni chiare e non equivocabili, rendendo impossibile sostenere di aver agito in buona fede.
Conclusioni: L’importanza della chiarezza degli atti giudiziari
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità personale nella comprensione degli atti giudiziari e amministrativi. La distinzione tra diversi tipi di vincoli (penali, amministrativi, civili) è cruciale e la cessazione di uno non comporta automaticamente la fine degli altri. La decisione insegna che non è possibile invocare una presunta complessità della legge come scusante quando le comunicazioni ufficiali, soprattutto se accettate e sottoscritte, sono formulate in modo chiaro. Per cittadini e imprenditori, la lezione è di prestare la massima attenzione a ogni documento legale e, in caso di dubbio, di rivolgersi a un professionista per evitare di incorrere in gravi responsabilità penali.
Se un sequestro penale viene revocato, i beni sono automaticamente liberi da ogni vincolo?
No. Come chiarisce la Corte, può persistere un distinto vincolo amministrativo. È fondamentale leggere attentamente il provvedimento di revoca, che deve specificare se altre misure restano in vigore.
L’aver firmato un verbale senza comprenderne appieno il contenuto può essere una scusante?
No. La Corte ha ritenuto che la firma del verbale, in cui era esplicitamente ribadita la persistenza del sequestro amministrativo e l’affidamento in custodia, costituisce una prova oggettiva della conoscenza del vincolo, rendendo non credibile la tesi della “non facile comprensibilità”.
Cosa succede se si propone un ricorso per cassazione basato su una generica “difficoltà di comprensione” di un atto?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che non si può invocare una generica e indimostrata oscurità di un provvedimento per giustificare la propria condotta, specialmente quando gli atti ufficiali sono chiari e sottoscritti dall’interessato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36789 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36789 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza dell’8/3/2024 la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della pronuncia emessa il 9/5/2023 dal locale Tribunale, rideterminava nella misura del dispositivo la pena inflitta ad NOME COGNOME con riguardo ai delitti di cui agli artt. 334, comma 2, 349, comma 2, cod. pen.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputato, contestando la motivazione con riguardo al profilo psicologico del reato. Il COGNOME avrebbe ritenuto che, revocato il sequestro dal Pubblico Ministero il 26/2/2020, i beni fossero ormai privi di vincolo, non rilevando l’eventuale permanenza di uno di natura amministrativa, il cui contenuto non sarebbe stato comunque facilmente comprensibile all’uomo comune. Le notazioni difensive proposte alla Corte di appello al riguardo, peraltro, non sarebbero state adeguatamente esaminate.
Considerato che il ricorso è inammissibile. La Corte di appello, pronunciandosi sul punto, ha evidenziato che la mancata convalida del sequestro da parte del Pubblico Ministero, disponendo la restituzione degli apparecchi all’avente diritto, non escludeva la rilevanza penale delle condotte contestate: nello stesso decreto, infatti, si faceva espressamente salva la permanenza del vincolo amministrativo, e nel verbale con cui era stata data esecuzione al provvedimento medesimo, sottoscritto dal ricorrente, era ribadito che “i videogiochi restano sottoposti a sequestro amministrativo ed affidati in giudiziale custodia” allo stesso COGNOME. Ne emerge, dunque, una motivazione del tutto solida e fondata su un oggettivo riscontro, non sindacabile invocando una generica ed indimostrata oscurità del provvedimento amministrativo, tale da renderlo “non facilmente comprensibile all’uomo comune”
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 13 settembre 2024
Il @onsigliere estensore