Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27994 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27994 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pescara il 5/9/1981
avverso la sentenza del 7/11/2024 della Corte d’appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; udita per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 novembre 2024 la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 19 gennaio 2023 del Tribunale di Pescara, con la quale lo stesso COGNOME era stato condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 7 d.l. n. 4 del 2019, convertito in I. n. 26 del 2019 (ascrittogl avere, allo scopo di conseguire il beneficio del reddito di cittadinanza, omesso di comunicare all’Inps che il proprio patrimonio comprendeva somme derivanti da vincite di gioco, pari, nell’anno 2018, a euro 22.649,83; capo A); di cui all’art 316-ter cod. pen. (addebitatogli per avere, mediante le omissioni di cui al capo A, percepito indebitamente il beneficio del reddito di cittadinanza per un ammontare complessivo di euro 5.455,33; capo B); e di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen e 7, comma 2, d.l. n. 4 del 2019, convertito in I. n. 26 del 2019 (per avere omesso la comunicazione delle variazioni del proprio reddito e del proprio patrimonio, in particolare di avere incrementato il proprio patrimonio a seguito di vincite di gioco, pari a euro 1.038,41 nel 2019, a euro 81.280,73 nel 2020 e a euro 4.879,67 nel 2021; capo C).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocata NOME COGNOME che lo ha affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, nella parte relativa alla conferma della affermazione di responsabilità, a causa della insufficiente ed errata considerazione delle risultanze istruttorie e dei documenti prodotti dalla difesa, in quanto era stato tenuto conto delle sole vincite al gioco e non anche delle somme spese per le giocate, delle ricariche effettuate e dei prelievi, da cui si ricaverebbe che il ricorrente non aveva mai vinto somme di denaro che si erano tramutate in reali disponibilità patrimoniali.
Dalla lettura degli estratti conto si ricaverebbe, infatti, che il ricorrente periodo 2018 – 2021 aveva giocato complessivi euro 113.945,15 e aveva avuto vincite per complessivi euro 109.612,32, con una perdita di euro 4.329,83, coperta con versamenti per euro 5.842,51.
Ha aggiunto che le vincite realizzate al gioco sono già tassate alla fonte dai concessionari autorizzati all’esercizio del gioco stesso, che operano la ritenuta d’imposta a titolo definitivo, e quindi i relativi importi non devono essere indicat nelle dichiarazioni fiscali, con la conseguente insussistenza dei presupposti, oggettivi e soggettivi, per la configurabilità dei reati ascritti al ricorrente, che aveva mai, in realtà, beneficiato dei redditi derivanti dalle vincite di gioco.
Ha richiamato quanto precisato nella sentenza Giudice delle Sezioni Unite, a proposito della necessità che le false indicazioni contenute nell’autodichiarazione volta a ottenere il reddito di cittadinanza integrano il delitto di cui all’art. 7 d.l 4 del 2019, convertito in I. n. 26 del 2019, solo se funzionali a ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura superiore, e anche la sopravvenuta abrogazione degli artt. da 1 a 13 del suddetto d.l. n. 4 del 2019, da parte della legge di bilancio 2023, sottolineando anche la ludopatia da cui è afflitto il ricorrente, tale da escludere la capacità di intendere e volere, quantomeno con riferimento a un reato commesso a causa di tale dipendenza (si richiama sul punto la sentenza n. 33463 del 2018).
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 604 cod. proc. pen., a causa dell’omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il domicilio dichiarato dall’imputato, essendo stato tale atto notificato presso il difensore di fiducia sull’erroneo presupposto che l’imputato avesse eletto domicilio presso costui, con la conseguente nullità del giudizio di impugnazione ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen. (si richiamano le sentenze n. 29969 del 2024 della Seconda Sezione e n. 58120 del 2018 delle Sezioni Unite).
Con memoria del 4 luglio 2025 il ricorrente, nei replicare alle richieste del Procuratore Generale, che ha depositato una memoria con cui ha sollecitato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, ha ribadito la fondatezza di entrambi i motivi di ricorso, sottolineando nuovamente la sopravvenuta abrogazione del beneficio del reddito di cittadinanza, l’assenza di qualsiasi incremento patrimoniale in conseguenza delle vincite al gioco, la nullità assoluta della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Va, anzitutto, rammentato che la giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che l’abrogazione, a far data dalli gennaio 2024, del delitto di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta dall’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197 (c.d. legge finanziaria 2023), nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della lex mitior, altrimenti conseguente dall’applicazione dell’art. 2, comma secondo, cod. pen., ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di
irragionevolezza, assicurando la tutela penale all’indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, posto che la sua prevista soppressione si coordina cronologicamente con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 di. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, riferita agli analoghi benefici per i futuro introdotti in sostituzione del c.d. reddito di cittadinanza (Sez. 3, n. 7541 del 24/01/2024, COGNOME, Rv. 285964 – 01; conf. Sez. 3, n. 39155 del 24/09/2024, COGNOME, Rv. 286951 – 01): ne consegue la manifesta infondatezza dei rilievi sollevati dal ricorrente sul punto, peraltro in modo generico e privo di confronto sia con le condotte contestate, sia con la motivazione della sentenza impugnata, sia con il dato normativo, come interpretativo dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità.
La sottolineatura da parte del ricorrente della reimmissione delle somme vinte al gioco nel circuito ludico, che determinerebbe l’insussistenza delle omissioni dichiarative ascrittegli, non essendo qualificabili dette somme come redditi, è manifestamente infondato, in quanto la disposizione incriminatrice sanziona la mancata indicazione, ai fini della verifica dei presupposti per l’ottenimento del beneficio del reddito di cittadinanza, degli elementi relativi a qualsiasi fonte di reddito soggetta a tassazione, come, appunto, anche le vincite al gioco, a prescindere dai costi sostenute per ottenerle, del loro eventuale reimpiego in attività ludiche e del regime della loro tassazione. Tali redditi, infatti, per quanto non debbano essere indicati nella dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette (in quanto la tassazione si verifica a monte, mediante ritenuta alla fonte a titolo di imposta, essendo soggette a tassazione quali redditi diversi ex art. 67 TUIR, cfr. Cass. Civ., Sez. 5, Ordinanza n. 3879 del 15/02/2025, Rv. 673704 – 01), sono rilevanti ai fini della concessione o meno del reddito di cittadinanza, atteso che il valore del reddito familiare è determinato, secondo quanto prevede il comma 6 dell’art. 2 del d.l. n. 4/2019, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del D.P.C.M. n. 159 del 2013, la cui lett. b) contempla i redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta, come, appunto, le vincite di gioco, quale elemento del reddito di ciascun componente del nucleo familiare (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 5309 del 24/9/2021, dep. 2022, non mass.), con la conseguente rilevanza, ai fini della integrazione del reato, della loro omessa indicazione o comunicazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La pretesa incapacità di intendere e volere dell’imputato è stata, poi, dedotta in modo del tutto generico, senza il conforto di alcuna documentazione, come già rilevato dalla Corte d’appello nel disattendere l’identica censura, che risulta altrettanto generica anche per come assertivamente formulata nel ricorso per cassazione, con la conseguente inammissibilità della stessa a causa della sua genericità intrinseca e anche estrinseca, essendo priva di considerazione di quanto esposto nella sentenza impugnata per disattendere l’identico motivo di gravame.
C-D 9
Gr:
D
o
z,
3. Il secondo motivo, relativa alla omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello al domicilio dichiarato dall’imputato, è manifestamente
infondato.
Qualora il decreto di citazione per il giudizio di appello sia notificato all’imputato in luogo diverso rispetto al domicilio validamente eletto o dichiarato si determina
una nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta entro i termini decadenziali previsti dall’art. 182 cod. proc. pen., in quanto, seppur irritualrriente
eseguita, essa non è inidonea a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lega quest’ultimo al
difensore, salvo che l’irrituale notifica risulti, in concreto, inidonea a consentire l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, configurandosi, in tal
caso, una nullità assoluta per omessa notificazione di cui all’art. 179 cod. proc.
pen. (Sez. 5, n. 27546 del 03/04/2023, COGNOME Rv. 284810 – 01; Sez. 5, n.
48916 del 01/10/2018, 0., Rv. 274183 – 01; Sez. 2, n. 48260 del 23/09/2016,
COGNOME Rv. 268431 – 01; Sez. 1, n. 17123 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266613 –
01).
Nel caso in esame la notificazione è stata eseguita presso lo studio del difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato dall’imputato, ma né quest’ultimo, né il suo difensore, hanno eccepito alcunché in proposito davanti ai giudici di appello e nel ricorso non è stata fornita alcuna specifica indicazione circa l’assoluta inidoneità di tale notifica, con il conseguente carattere intermedio della stessa, la cui deduzione risulta, pertanto, tardiva.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità e della manifesta infondatezza di entrambi i motivi ai quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
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Così deciso i: 11/7/2025 GLYPH Il Consigliere estensore