Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22238 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22238 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Brunico il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE DI APPELLO DI TRENTO, sezione distaccata di BOLZANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso. lette le conclusioni del difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 27 aprile 2022 il Tribunale di Bolzano ha assolto NOME COGNOME dalla contestazione di violazione degli artt. 134 e 140 reg. t.u.l.p.s. per aver svolto attività di vigilanza e sicurezza di beni mobili immobili senza essere in possesso della relativa autorizzazione di polizia, fatti avvenuti tra il 2 giugno 2017 ed il 12 novembre 2019
Con sentenza del 21 settembre 2023 la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello del pubblico ministero e, previa dichiarazione di prescrizione dei fatti commessi
prima del 18 aprile 2018, ha condannato l’imputato alla pena di 1 mese e 10 giorni di arresto e 140 euro di ammenda, pena sospesa.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge, perchè la I. 24 novembre 2000, n. 340, ha disposto la liberalizzazione dell’attività di portierato/custodia, che non è più soggetta a regime autorizzativo, mentre continua ad essere soggetta al regime autorizzativo l’attività di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari ed immobiliari; la differenza tra le attività di portierato non soggette ad autorizzazione e le attività di vigilanza soggette ad autorizzazione sta nella circostanza che l’attività di portierato si può svolgere soltanto nelle forme della vigilanza passiva; per ciò che riguarda i servizi notturni, l’attività è riservata a chi è iscritto al registro prefettizio sulle attività di vigilanza soltanto se le attività s svolte presso obiettivi sensibili, e non anche presso altre struttura; nel caso in esame dai contratti e dalle testimonianze assunte in giudizio risulta che l’attività svolta dalla ditta del ricorrente comportava prestazioni di mero portierato che non implicavano obblighi di difesa attiva dei beni mobili o immobili, perché il contratto prevedeva esplicitamente di dover dare avviso alle autorità responsabili in caso di avvenimenti rilevanti per l’accuratezza pubblica, inoltre i luoghi in cui si svolgeva l’attività di portierato della ditta del ricorrente (un campeggio, un albergo, un evento privato) non costituiscono obiettivi sensibili, ne consegue che essa non aveva bisogno di alcuna autorizzazione
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, perché, quantomeno sul piano soggettivo, il difetto del dolo del ricorrente emergeva dalla circostanza che la ditta del ricorrente aveva nel 2018 chiesto alla Questura di Bolzano chiarimenti sul regime autorizzativo dell’attività svolta proprio per non incorrere nella commissione di reati, allegando anche bozza di contratto proposto ai clienti su cui la Questura nulla osservava, pertanto il ricorrente era convinto della legittimità amministrativa del servizio che prestava.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con nota scritta il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso ed evidenziato il recente deposito di sentenza del Consiglio di Stato che conforta ulteriormente la tesi esposta in ricorso.
Con ulteriore nota scritta il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, ha replicato alle conclusioni del P.G. ed insistito ulteriormente per – l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo, dedicato all’elemento oggettivo del reato, è manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha ritenuto sussistente il reato contestato all’imputato, in quanto: 1. l’art. 256-bis del regolamento t.u.l.p.s. prevede una lista di ambiti di attività sensibili in cui l’attività deve essere obbligatoriamente svolta da guardie giurate particolari, elenco che però non è tassativo, ma esemplificativo; 2. l’attività di vigilanza e custodia in ora notturna, o in orario in cui i beni immobili non sono accessibili al pubblico, può essere svolta soltanto dalle guardie giurate particolari indipendentemente dal fatto che l’incarico si riferisca a tale attività di vigilanza o ad attività accessorie; 3. non è determinante la circostanza che l’attività si svolga in forma di vigilanza attiva o passiva, perché ciò che impedisce la qualificazione dell’attività come di mero portierato è che l’attività sia svolta in forma imprenditoriale.
Il ricorso ripropone la tesi che la differenza tra l’attività di vigilanza, soggetta ad autorizzazione, e l’attività di portierato, libera, consiste nell’esser la vigilanza attiva o passiva, ma si tratta di tesi da tempo respinta dalla giurisprudenza di questa Corte, che ritiene, invece, che sia «coessenziale alla figura del portiere un diretto e stabile rapporto con l’amministrazione degli immobili cui lo stesso deve essere adibito» (…) «e lo svolgimento della propria attività in un ben determinato e limitato ambito», normalmente circoscritto ad un bene immobile, che giustifica la diversa forma di controllo (Sez. 1, n. 3803 del 19/11/2021, dep. 222, COGNOME, n.m.; conforme Sez. 1, n. 191 del 12 gennaio 2000, COGNOME, Rv. 215365), requisiti che la rendono incompatibile con un’attività svolta, per conto terzi, in forma professionale, talchè ogni forma di attività imprenditoriale di vigilanza e custodia di beni per conto terzi impone la necessità di un’autorizzazione di polizia (ancora sentenza COGNOME sopra citata; conforme Sez. 1, n. 48264 del 22/10/2014, Canella, n.m.).
Il ricorso deduce che i servizi in orario notturno devono essere autorizzati soltanto se riguardano obiettivi sensibili, ma anche questa tesi è da tempo respinta dalla giurisprudenza di questa Corte, che interpreta il riferimento contenuto nell’ultimo periodo del D.M. 1° dicembre 2010, n. 269, allegato D, punto 3.b.1
(“Ferme restando le definizioni sopra indicate nonché le previsioni dell’art.256 bis del Regolamento d’esecuzione, è affidata alle guardie giurate la custodia dei beni immobili e dei beni mobili in essi contenuti durante l’orario notturno o di chiusura al pubblico”) come non limitato agli obiettivi sensibili oggetto del disposto dei periodi precedenti dello stesso punto 3.b.1.
Nella sentenza COGNOME sopra citata, infatti, a sostegno di questa tesi, si evidenzia, con interpretazione cui il collegio intende dare continuità, che “il punto 3.b.1 dell’ali. D è inserito nella “Sezione III – Dei singoli servizi di vigilan privata”, che concerne tutti i casi di attività di vigilanza affidata ad istituti c guardie giurate. Inoltre, è stato opportunamente richiamato il contenuto della Circolare del Ministero dell’Interno del 5 febbraio 2013, laddove interpreta la disposizione in discorso, nel senso che, ferma restando l’elencazione del DM 269 del 2010 degli ambiti in cui deve ritenersi necessario l’intervento delle guardie giurate, detta norma prevede la vigilanza delle guardie giurate in orario notturno e, comunque, al di fuori dell’orario di apertura al pubblico, quando cioè viene meno la fruizione dell’immobile. Ciò, peraltro, è in linea con la ratio della riserva delle funzioni di vigilanza in forma imprenditoriale a figure professionali soggette al controllo amministrativo, per le già richiamate possibili interferenze con le funzioni di pubblica sicurezza assicurate dalle forze dell’ordine, interferenze che assumono maggiore pregnanza in tempo di notte e di chiusura degli esercizi sottoposti a vigilanza”.
Il motivo, pertanto, ponendosi in contrasto con la giurisprudenza della Corte, è manifestamente infondato.
Il secondo motivo, dedicato all’elemento soggettivo del reato, è inammissibile.
La questione della rilevanza, in punto di elemento soggettivo del reato, della nota della Questura di Bolzano di risposta a quella con cui la ditta del ricorrente ha chiesto chiarimenti sul regime autorizzativo dell’attività svolta è stata affrontata nella sentenza impugnata, che ha evidenziato in motivazione che tale nota non è decisiva, sia perché non è allegata l’istanza, quindi non si comprende esattamente cosa sia stato chiesto all’autorità amministrativa, sia perché la nota, in realtà, è del 19 ottobre 2018, quindi risale ad un periodo successivo a quello dei primi episodi oggetto di contestazione, e, pertanto,, sul piano logico, non può incidere sull’elemento soggettivo di un reato che è stato commesso prima.
Il motivo di ricorso non prende posizione su tale risposta della pronuncia impugnata e ripropone nuovamente l’argomento, proposto in appello, della rilevanza della risposta della Questura alla richiesta di chiarimenti e della
convinzione del ricorrente di non incorrere in alcuna illegittimità, senza rispondere alle considerazioni effettuate nella pronuncia impugnata.
Il motivo, pertanto, è inammissibile in quanto affetto dal vizio di mancanza di specificità estrinseca del motivo di impugnazione (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823), in quanto non si confronta con il percorso logico del provvedimento impugnato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 aprile 2024.