Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30349 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30349 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/07/2025
la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. NOME COGNOME il quale ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.E’ impugnata l’ordinanza del 24 aprile 2025 con la quale il Tribunale di Lecce ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, del 21 marzo 2025, nei confronti di NOME e NOME
Nei confronti di NOME sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui agli artt. 110, 416bis cod.pen. ( capo 2) relativamente alla fazione COGNOME del clan dei casalesi, sulla base di plurimi elementi indicativi di una condotta dedita allo spaccio di droga, svolta in esclusiva, con l’appoggio dato dal clan mafioso in cambio di una parte dei proventi ricavati,
oltre che di una condotta di custodia di armi, che l’indagato si procurava autonomamente mettendole a disposizione del clan in caso di necessità.
Nei confronti del medesimo indagato e di COGNOME NOME sono stati, altresì, ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui agli ar 110, 629 in rel.all’art. 628, comma 3, nn. 1) e 3), 416-bis.1. cod.pen. ( capo 3) in danno di COGNOME NOME e COGNOME NOME, sulla base delle dichiarazioni rese dalle persone offese e delle immagini estrapolate dalla videocamera installata innanzi all’abitazione di Hasanay, nel corso di indagini svolte per l’accertamento di altri reati, che avevano ritratto il momento in cui COGNOME NOME era stato condotto su un terreno attiguo all’abitazione dell’indagato e sottoposto all’azione intimidatrice di un gruppo di persone che annoverava, fra gli altri, anche gli odierni indagati.
NOME COGNOME NOME hanno proposto ricorso unico per Cassazione con atto a firma del loro difensore.
2.1. Con primo motivo denunciano violazione di legge e vizio di motivazione per la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di estorsione aggravata.
Deducono: che gli indagati sono stati individuati soltanto sulla base delle immagini estrapolate dalla videocamera, installata sul terreno attiguo all’abitazione di Hasanay, in quanto la persona offesa, COGNOME NOME, non aveva riconosciuto gli indagati; il COGNOME, anzi, aveva riconosciuto, altro soggetto, COGNOME NOME, al posto di COGNOME NOME; che l’individuazione fotografica di un soggetto effettuata dalla polizia giudiziaria non gode di uno statuto probatorio sovraordinato rispetto a quello posto in essere da altri soggetti, richiedendo l’apprezzamento della congruenza del percorso argonnentativo seguito dal giudice a fondamento dell’affidabilità della prova; che, peraltro, l’identificazione da parte degli operanti di polizia giudiziaria era avvenuta i assenza di una descrizione da parte della persona offesa in quanto il COGNOME Salvatore non aveva riconosciuto il Meli quale soggetto presente all’episodio del 2 febbraio 2022.
Sotto altro profilo deducono che le registrazioni sarebbero state effettuate in mancanza della necessaria autorizzazione in quanto il decreto autorizzativo del 21 ottobre 2021 aveva disposto la videosorveglianza dei luoghi per la durata di 40 giorni “salvo proroghe” e non sussiste alcun decreto di proroga della suddetta autorizzazione. Le registrazioni effettuate in data 2 febbraio 2022 devono, pertanto, ritenersi inutilizzabili in quanto eseguite senza alcuna autorizzazione.
La motivazione resa dal Tribunale sul punto – secondo la quale non sarebbe stata necessaria alcuna autorizzazione, trattandosi di luogo “esposto al pubblico e/o aperto al pubblico” – sarebbe erronea in quanto il cortile di una privata
abitazione non può essere ritenuto tale e confligge con il dato del rilascio del primo decreto autorizzativo da parte del pubblico ministero. 3.11 Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Il difensore ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi.
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati.
1.In via preliminare deve rilevarsi l’infondatezza della doglianza relativa all’inutilizzabilità delle videoriprese eseguite dalla polizia giudiziaria, in dat febbraio 2022.
A tale proposito, occorre ricordare come, per l’oramai consolidato insegnamento di questa Corte, le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico eseguite dalla polizia giudiziaria vanno incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall’art. 189 cod.proc.pen. Quanto invece a quelle eseguite all’interno del domicilio è necessario distinguere se oggetto della captazione siano comportamenti comunicativi o non comunicativi: mentre nel primo caso la disciplina applicabile è quella dettata dagli artt. 266 e ss. cod.proc.pen., nel secondo le operazioni di videoregistrazione non possono essere eseguite, in quanto lesive dell’art. 14 Cost.. Ne consegue che è vietata la loro acquisizione ed utilizzazione e, in quanto prova illecita, non può trovare applicazione la disciplina dettata dal citato art. 189 del codice di rito (Sez. Un., n 26795 del 28 marzo 2006, Prisco, Rv. 234267-234270).
1.1. Nella fattispecie in esame deve escludersi che le videoriprese siano state eseguite in luogo di privato domicilio, o in altro ad esso assimilabile, risultando dallo stesso provvedimento autorizzativo del Pubblico ministero disposte “nella 2^ traversa di INDIRIZZOdi Castelvolturno”.
La suddetta indicazione rende priva di fondamento la censura difensiva in ordine alla mancanza di un decreto di proroga dell’autorizzazione dovendo ritenersi, in considerazione del luogo nel quale l’attività di videoripresa è stata svolta (una pubblica via), che ab origine non sussistesse la necessità di un provvedimento autorizzativo del pubblico ministero.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte il concetto di domicilio individua un rapporto tra la persona e un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli, quindi, una propria riservatezza; il rapporto tra la persona e il luogo deve essere
stabile e giustifica la tutela di questo anche quando la persona sia assente in quanto la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive indipendentemente dalla presenza della persona che ne abbia la titolarità, perché il luogo stesso rimane connotato dalla personalità del titolare. Inoltre, come già evidenziato nella sopra ricordata pronunzia delle Sezioni Unite, il concetto di domicilio non può essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimità e riservatezza dovendo trattarsi di un luogo in cui il soggetto possa godere di quella riservatezza che garantisce l’esplicazione anche di atti della vita privata.
I luoghi ripresi sono stati correttamente qualificati come esposti al pubblico, in quanto caratterizzati da uno spazio visibile da soggetti che, pur dall’esterno, avevano la oggettiva possibilità di osservarli. La percettibilità all’esterno fa veni meno le ragioni della tutela del luogo, tanto che, nella fattispecie, ben potrebbe sostanzialmente equipararsi l’impiego della videocamera a una operazione di appostamento, eseguita nei limiti dell’autonomia investigativa, che la legge delinea per la polizia giudiziaria, senza dunque necessità alcuna di autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria (Sez. 4, n. 10697 del 24/01/2012, Rv. 252673 01; Sez. 5, n. 33430 del 17/07/2008, Rv. 241386; Sez. 5, n. 37698 del 17/07/2008, Rv. 241946).
La superiore indicazione ermeneutica è conforme, del resto, a quella data dal giudice delle leggi che, nell’occuparsi di questi temi (Corte Cost. n. 135/2002 nonchè n. 149/2008), ha avuto modo di precisare che, affinché sussista la tutela di cui all’art. 14 Cost., non basta che un certo comportamento attinente alla sfera personale venga tenuto in luoghi di privata dimora, occorrendo, altresì, che esso avvenga in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ai terzi. Il criterio dirimente è, dunque, quello della visibilità non protetta di tale luogo, ch lo caratterizza per l’appunto come luogo esposto al pubblico (Sez. 5, n. 11419 del 17/11/2015, dep. 2016, Rv. 266372 – 01).
2.Relativannente all’ulteriore doglianza formulata in ordine alla mancanza di attendibilità del riconoscimento operato dalla polizia giudiziaria, il Tribunale h evidenziato la mancanza di ragioni per dubitare dell’efficacia del riconoscimento effettuato dagli operanti di polizia giudiziaria, i quali si sono dichiarati “ce dell’identificazione. Occorre, a tale proposito, ricordare che il giudice può valutare non solo l’esito della ricognizione, prova tipica, ma anche quello dei riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini dalla polizia giudiziaria, di propria inizia o su delega del pubblico ministero, che costituiscono accertamenti di fatto utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassatività dei mezzi di prova
del libero convincimento del giudice: secondo il diritto vivente, l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, cosicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 2, n. 23090 del 20/07/2020, COGNOME, Rv. 279437; Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, COGNOME, Rv. 275548; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, COGNOME, Rv. 271041; Sez. 2, n. 28391 del 27/04/2017, Cena, Rv. 270181; Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267562; Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015, dep. 2016, Verde, Rv. 266023; Sez. 5, n. 43655 del 25/05/2015, COGNOME, Rv. 264969). La censura difensiva appare, pertanto, manifestamente infondata in quanto individua – quale unico profilo da cui inferire l’inattendibilità del riconoscimento operato dalla polizi giudiziaria – la circostanza che la persona offesa, COGNOME Salvatore, non abbia effettuato il riconoscimento degli odierni indagati, riconoscendo anzi diversi soggetti, risultati estranei alla vicenda estorsiva, senza evidenziare altri elementi obiettivi da cui desumere la fallacia dell’operato delle forze dell’ordine, e delle conclusioni poste a fondamento dell’assunto accusatorio. Peraltro, i ricorrenti omettono di considerare che, relativamente alle dichiarazioni del COGNOME Salvatore, lo stesso Tribunale ha dato atto del «ricordo non preciso delle sembianze di alcuni corresponsabili dell’azione delittuosa» ritenendo tale imprecisione « del tutto comprensibile – tenuto conto della concitazione dei momenti in cui fu prelevato, di fatto senza scelta, e poi condotto al cospetto dello “zio”» ( pag. 13 dell’ordinanza impugnata)- e, soprattutto, non idonea ad inficiare l’attendibilità della ricostruzione degli eventi complessivamente resa, anche considerata la sua corrispondenza, sia pure con riferimento ad un diverso segmento temporale, con la ricostruzione resa dal padre, COGNOME NOME, il quale ha riferito di avere ricevuto altra richiesta estorsiva, a fine dicembre de 2021, da parte di un giovane e di una persona anziana (presentatasi come “lo zio”), per il pagamento di quindicimila euro annui in occasione delle festività quale contributo per “le famiglie dei carcerati”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sotto altro profilo, le doglianze difensive pretendono di invertire i termini del ragionamento effettuato alla luce della ricostruzione degli eventi forniti dal COGNOME NOME che ha, con assoluta certezza, ricostruito l’episodio del 2 febbraio chiarendo di essere stato prelevato da COGNOME NOME, già precedentemente conosciuto, mentre si trovava all’interno dell’azienda paterna e di essere stata condotto con un’autovettura, all’interno della quale si trovava un altro soggetto, in un luogo isolato al cospetto di un soggetto interpellato come zio: in tale contesto riceveva una chiara richiesta estorsiva, alla presenza di più
persone. Sulla base di tali chiare coordinate spazio-temporali la presenza degli indagati, in quel preciso momento e luogo in cui veniva indirizzata alla persona
offesa la pretesa estorsiva, è stata del tutto logicamente interpretata come elemento univoco di colpevolezza rispetto all’ipotesi di reato oggetto di
contestazione. Rispetto al dato del mancato riconoscimento degli indagati da parte della persona offesa, le deduzioni difensive non riescono a fare emergere alcun
profilo di incoerenza rispetto al ragionamento svolto né alcun profilo di incertezza.
Relativamente al ricorrente COGNOME al di là del dato oggettivo costituito dall’avere l’indagato messo a disposizione il luogo in cui ha avuto svolgimento il
summit estorsivo, il Tribunale ha anche evidenziato l’atteggiamento di
circospezione assunto dal medesimo in relazione ad un’immagine da cui risulta che, guardando dalla fessura del portone di legno, accertava che non vi fossero
occhi “indiscreti”. relativamente al Meli Umberto.
È manifestamente infondata anche l’ulteriore doglianza relativa alla configurabilità di un mero tentativo di estorsione risultando, dalla motivazione del
provvedimento impugnato (pag.15), evidenziato che la persona offesa ha riferito di avere eseguito il versamento della somma di euro 5.000, in data 4 febbraio 2022.
3.In conclusione i ricorsi devono essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 24/07/2025
NOME COGNOME
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Il Consigliere estensore
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Il Pr sidente
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