Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2086 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2086 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Mazzarino il 05/08/1960
avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale per il riesame di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Caltanissetta ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso
l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con cui è stata applicata al ricorrente la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo n. 1), per numerosi reati fine di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo n. 2) e per il reato di trasferimento fraudolento di valori (capo n. 10).
Più specificamente, al capo 1) è contestato il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309del 1990 nei confronti di numerosi indagati, con attribuzione dei singoli ruoli da essi rivestiti all’interno di una stabile struttura organizzativa, finalizzata all coltivazione, produzione, trasporto, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti principalmente del tipo marijuana e hashish, diretta da NOME COGNOME che, avvalendosi del collaboratore NOME COGNOME, sarebbe riuscito a coinvolgere sia i catanesi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, ottenendo da costoro ingenti finanziamenti, sia la famiglia COGNOME, presso il cui vivaio era stata predisposta una vasta piantagione con annesso laboratorio per la lavorazione degli stupefacenti.
A Paternò sono poi contestati i reati-fine di cui al capo 2, nonché l’ulteriore delitto sopra menzionato.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità. Rileva il difensore che l’elemento fondante i gravi indizi di colpevolezza del reato associativo e dei reati fine è costituito da videoriprese, non autorizzate dal giudice per le indagini preliminari, che riprendono il giardino della casa di abitazione del coimputato NOME COGNOME. Tale luogo, come documentato mediante produzione di fotogrammi e video riprese, è protetto da un alto muro di cinta, è accessibile mediante cancello motorizzato, è sopraelevato rispetto al piano stradale e ha una ricca e folta vegetazione. Questi elementi, costituenti evidente esercizio dello ius excludendi alios, ne impongono l’equiparazione al domicilio, pertanto le riprese di comportamenti non comunicativi posti in essere al suo interno non possono essere acquisite e utilizzate nemmeno in sede cautelare in quanto prove illecite (Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234270).
Si aggiunge che l’ordinanza non fa alcun riferimento ai video ma soltanto alle ai fotogrammi; pertanto, se il Tribunale non l’ha visionata, si sarebbe in presenza di una lacuna motivazionale decisiva; se, poi, addirittura tale filmato non è stato trasmesso dal Pubblico ministero al giudice del riesame, vi sarebbe stata una violazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia del reato associativo che dei reati-fine. Nella prospettazione difensiva, gli elementi probatori raccolti sono indicativi dell’esistenza non di una associazione quanto piuttosto di tre distinti gruppi: uno, di carattere familiare, riconducibile agli COGNOME proprietari della piantagione sequestrata nel novembre 2022, l’altro costituito dai catanesi e il terzo costituito dalla coppia Paternò/Scaletta. Ciascun gruppo ha una propria autonomia decisionale, manca una struttura che preesista e persista alle singole attività illecite, poste in essere da più soggetti in concorso tra loro. Infatti, dopo il sequestro della piantagione si è interrotta ogni forma di collaborazione tra gli indagati. Nella prospettazione difensiva, sul punto l’ordinanza impugnata si limita a valorizzare, a sostegno dell’esistenza dell’associazione, elementi comuni con la fattispecie concorsuale.
Quanto ai reati fine contestati al capo n. 2, l’ordinanza è priva di un apparato motivazionale autonomo e non colloca nel tempo e nello spazio i singoli episodi di cessione.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si contestano sia la sussistenza delle esigenze cautelari che l’adeguatezza della misura applicata.
Deduce il difensore che la presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc pen. è superata dal fatto che ogni attività illecita è cessata dopo l’avvenuto sequestro della piantagione, a novembre 2022. La mancanza di qualsivoglia relazione tra i soggetti ritenuti partecipi della medesima compagine fa venire meno il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie. In ogni caso, tenuto conto del tempo trascorso tra la commissione del reato e l’emissione dell’ordinanza, il requisito della persistente attualità delle esigenze cautelari avrebbe richiesto una adeguata motivazione che, nel caso di specie, è carente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Quanto alla dedotta inutilizzabilità delle videoriprese, va rilevato che il Tribunale per il riesame ha respinto identica censura richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui Le videoriprese di comportamenti “non comunicativi”, che rappresentino la mera presenza di cose o persone e i loro movimenti, costituiscono prove atipiche se eseguite, anche d’iniziativa della polizia giudiziaria, in luoghi pubblici, aperti al pubblico o esposti al pubblico ovvero in ambienti privati diversi dal “domicilio”, nei quali debba essere garantita l’intimità e la riservatezza, essendo, in tale ultimo caso, necessario per la loro utilizzabilità,
ex art. 189 cod. proc. pen., un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria che le giustifichi rispetto alle esigenze investigative e all’invasività dell’atto mentre sono da qualificarsi come prove illecite, di cui è sempre vietata la acquisizione e l’utilizzazione, ove eseguite all’interno di luoghi riconducibili alla nozione di “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost. (Sez. 1, n. 49798 del 28/09/2023 Rv. 285500 in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto utilizzabili le immagini captate negli spazi antistanti l’abitazione dell’autore del reato).
In applicazione di tali criteri, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che un giardino privo di coperture, accessibile allo sguardo degli inquirenti senza l’adozione di particolari accorgimenti o tecniche sofisticate debba essere considerato un luogo esposto al pubblico, in cui non è possibile riconoscere aspettative di riservatezza.
Non è stata utilizzata alcuna modalità intrusiva, tanto che sono state sufficienti, come rimarcato nel provvedimento impugnato, videocamere che hanno effettuato le riprese dall’alto e a lunga distanza.
Quanto al video cui fa riferimento la difesa, il Tribunale ne ha effettuato un implicito giudizio di superfluità alla luce delle emergenze in atti.
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
E’ opportuno premettere che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n.44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
L’ordinanza impugnata, dopo avere descritto la struttura e le dinamiche dell’organizzazione finalizzata alla coltivazione, produzione, trasporto, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, sulla base degli esiti di intercettazioni telefoniche e ambientali, dei servizi di osservazione e controllo a distanza, delle operazioni di perquisizione e sequestro (il 25/11/2022 è stata eseguita una perquisizione presso l’azienda agricola e sono state rinvenute n. 441 piante di cannabis, sostanza stupefacente già confezionata e suddivisa in panetti di hashish
e buste di marijuana, 100 chili di inflorescenze, foglie essiccate e scarti di lavorazione, oltre a un vero e proprio arsenale di armi analiticamente elencate a pag. 4), ha puntualmente descritto il ruolo del ricorrente, che affiancava costantemente il capo, NOME COGNOME negli incontri e nelle trasferte e lo sostituiva quando si trovava impossibilitato a compiere qualche attività.
Orbene, attesa la consistenza e la solidità del descritto compendio indiziario, non è consentito alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione alle puntuali e logiche argomentazioni svolte dal giudice del merito cautelare in ordine alla qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato per il delitto oggetto di contestazione provvisoria. Egli inoltre, per tutto il periodo delle indagini (da giugno 2022 a dicembre 2023) ha mantenuto stretti rapporti con tutti gli altri appartenenti al sodalizio, ha partecipato agli incontri per discutere questioni centrali per la vita dell’associazione e per prelevare stupefacente dal vivaio, affiancando i catanesi nei loro spostamenti a Barrafranca e a Caltanissetta recandosi lui stesso a Catania.
Quanto ai reati di cui al capo n. 2, l’ordinanza motiva nel senso che la specifica suddivisione dei ruoli in relazione alla produzione della cannabis, all’estrazione dello stupefacente e allo smercio giustifica la contestazione a tutti gli associati dei reati fine, avendo tutti fornito un effettivo contributo all’attivit coltivazione, trasporto e cessione della droga.
5. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale, con apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto sussistenti esigenze cautelari tali da imporre l’adozione della massima misura coercitiva desumendo il pericolo di reiterazione del reato dalla gravità e dal numero di condotte delittuose, dalla professionalità dimostrata alla stretta vicinanza con soggetti posti al vertice di dell’associazione quali NOME COGNOME e NOME COGNOME.
In questo contesto non ha rilevanza, di per sé, il mero decorso del tempo dalla commissione dei fatti, che, in assenza di ulteriori elementi, non costituisce elemento distonico rispetto alla presunzione di perdurante pericolosità dell’indagato prevista dall’ art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
K
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 31/10/2024