LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Videoriprese luogo esposto al pubblico: quando lecite?

Un individuo, sottoposto a custodia cautelare per traffico di stupefacenti, ha contestato l’uso di videoriprese che inquadravano un giardino privato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che le videoriprese in un luogo esposto al pubblico, ovvero visibile dall’esterno senza l’uso di tecnologie invasive, sono legittime e costituiscono una prova atipica utilizzabile nel processo penale. La sentenza distingue nettamente tale luogo dal concetto di domicilio, dove la privacy è tutelata in modo più rigoroso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Videoriprese in Luogo Esposto al Pubblico: La Cassazione Fissa i Limiti

L’uso della tecnologia nelle indagini penali solleva costantemente interrogativi sul delicato equilibrio tra l’esigenza di accertare i reati e la tutela della privacy dei cittadini. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la legittimità delle videoriprese in un luogo esposto al pubblico. Questo provvedimento chiarisce quando le riprese effettuate in aree private, ma visibili dall’esterno, possono essere considerate prove valide e quando, invece, ledono il diritto alla riservatezza.

Il Contesto: Un’Indagine per Stupefacenti e l’Uso delle Telecamere

Il caso nasce da un’indagine per traffico di sostanze stupefacenti. Un individuo viene sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver acquistato, in concorso con altri, un quantitativo di hashish e marijuana destinato alla rivendita. Le prove a suo carico si basano in gran parte su videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria.

I Fatti del Caso

Le telecamere erano state posizionate in modo da sorvegliare il giardino antistante l’abitazione di uno dei coindagati. Questo spazio, sebbene privato, era protetto da un muro, un cancello elettrico e vegetazione. Gli investigatori, per superare questi ostacoli, avevano installato le apparecchiature in una posizione sopraelevata e a distanza, riuscendo così a documentare le attività che si svolgevano all’interno.

La Questione Legale: Sono Legittime le Videoriprese in un Luogo Esposto al Pubblico?

La difesa dell’indagato ha impugnato l’ordinanza di custodia cautelare sostenendo l’inutilizzabilità delle videoriprese. Secondo il legale, le riprese erano state effettuate illecitamente, violando la privacy del suo assistito, poiché lo spazio sorvegliato costituiva un luogo privato dove si riponeva una legittima aspettativa di riservatezza.

La Tesi Difensiva: Violazione della Privacy

La difesa ha argomentato che il giardino, essendo protetto da barriere fisiche, non poteva essere considerato un’area liberamente osservabile. L’intervento degli investigatori, che hanno utilizzato accorgimenti tecnici per superare tali ostacoli, sarebbe stato eccessivamente intrusivo e, pertanto, illegittimo in assenza di un preventivo decreto motivato dell’autorità giudiziaria, come richiesto per le intercettazioni all’interno del domicilio.

L’Analisi della Cassazione e le Videoriprese nel Luogo Esposto al Pubblico

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la validità delle prove raccolte. Il punto centrale della decisione risiede nella corretta qualificazione giuridica dello spazio sorvegliato.

La Distinzione tra Domicilio e Spazio Esposto al Pubblico

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: le garanzie che tutelano l’inviolabilità del domicilio non si estendono automaticamente a ogni spazio di privata dimora. È fondamentale distinguere il ‘domicilio’ (inteso come luogo in cui si svolge la vita privata e intima) dal ‘luogo esposto al pubblico’. Quest’ultimo è definito come uno spazio suscettibile di essere visto da chi si trovi all’esterno, senza la necessità di ricorrere a particolari accorgimenti o tecnologie invasive.

L’Uso di Strumenti Tecnologici

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il giardino, pur essendo recintato, fosse visibile da un’area sopraelevata accessibile agli inquirenti. L’uso della telecamera non è stato considerato invasivo, ma funzionale a documentare ciò che un operatore fisico avrebbe potuto osservare direttamente, magari con l’ausilio di un semplice binocolo. Le videoriprese di comportamenti ‘non comunicativi’ (come movimenti di persone o cose) in un luogo esposto al pubblico costituiscono una ‘prova atipica’, ammissibile ai sensi dell’art. 189 del codice di procedura penale e non necessitano di autorizzazione giudiziaria.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base della giurisprudenza costante delle Sezioni Unite, che ha tracciato una linea netta tra le attività di indagine svolte nel domicilio e quelle in luoghi esposti al pubblico. Per il domicilio, la tutela della privacy è massima e ogni interferenza richiede un controllo giurisdizionale preventivo. Per i luoghi esposti al pubblico, invece, la legittima aspettativa di riservatezza è attenuata, poiché le azioni compiute sono potenzialmente visibili a terzi. Gli inquirenti hanno potuto osservare l’area semplicemente appostandosi in un punto sopraelevato, utilizzando strumenti (la telecamera) che sono semplici estensioni delle capacità visive umane, e non dispositivi tecnologicamente sofisticati e invasivi (come un drone) che operano a distanza. Di conseguenza, l’attività di videoripresa è stata considerata lecita e le prove raccolte pienamente utilizzabili.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma che le videoriprese in aree private visibili dall’esterno sono legittime se non richiedono l’impiego di tecnologie capaci di superare le ordinarie barriere fisiche in modo intrusivo. Un giardino, anche se recintato, può essere qualificato come ‘luogo esposto al pubblico’ se le attività al suo interno possono essere percepite visivamente da un punto di osservazione esterno. Questa decisione fornisce un importante chiarimento per gli operatori del diritto, bilanciando efficacemente le necessità investigative con il diritto fondamentale alla riservatezza, e stabilendo che quest’ultimo non può essere invocato per creare zone franche sottratte a qualsiasi forma di controllo visivo esterno, quando non si è all’interno del proprio domicilio.

È possibile installare telecamere per sorvegliare un giardino privato senza l’autorizzazione di un giudice?
Sì, secondo la sentenza è possibile se il giardino è qualificabile come ‘luogo esposto al pubblico’. Ciò si verifica quando quanto accade al suo interno è percepibile visivamente dall’esterno senza l’uso di dispositivi tecnologici particolarmente invasivi, ma con strumenti che sono una semplice estensione delle capacità umane (come una telecamera usata per documentare ciò che è già visibile).

Qual è la differenza tra ‘domicilio’ e ‘luogo esposto al pubblico’ ai fini delle videoriprese?
Il ‘domicilio’ è il luogo dove si svolge la vita privata e intima di una persona e gode della massima tutela della privacy; le videoriprese al suo interno richiedono un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria. Un ‘luogo esposto al pubblico’, invece, è un’area privata visibile dall’esterno. In questo caso, l’aspettativa di riservatezza è minore e le videoriprese di comportamenti non comunicativi sono ammesse come prova atipica senza autorizzazione preventiva.

L’appello contro una misura cautelare può essere esaminato anche se la misura è stata revocata?
Sì, la Corte ha implicitamente ammesso il ricorso, sebbene la misura cautelare fosse stata revocata nel frattempo. Ciò avviene quando il ricorrente dimostra di avere un interesse concreto alla decisione, come ad esempio la possibilità di chiedere una riparazione per ingiusta detenzione in futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati