Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44372 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44372 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 21/03/1965 a Barrafranca avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale di Caltanissetta, Sezione per il riesame.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore dell’indagato, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’ accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Caltanissetta – sezione per il riesame – ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta del 3 maggio 2024 nei confronti di NOME COGNOME
indagato quale promotore di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti di cui all’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1), nonché per vari reati fine d cessione di stupefacenti di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. cit. (capi 2, 6 e 7), pe delitto di detenzione illegale di arma comune da sparo ex artt. 2, 4 e 7 I. 2 ottobre 1967, n. 895 (capo 5), per reati di trasferimento fraudolento di valori (capi 9 e 10).
Più specificamente, al capo 1) è contestato il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309/9 nei confronti di numerosi indagati, con attribuzione dei singoli ruoli da essi rivest all’interno di una stabile struttura organizzativa, finalizzata alla coltivazio produzione, trasporto, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti principalmente del tipo marijuana e hashish nei territori di Pietraperzia e Piazza Armerina, diretta da NOME COGNOME che, avvalendosi del collaboratore NOME COGNOME, sarebbe riuscito a coinvolgere i catanesi NOME e NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ottenendo da costoro ingenti finanziamenti. Inoltre, avrebbe cooptato nell’associazione la famiglia COGNOME, presso il cui vivaio era stata predisposta una vasta piantagione con annesso laboratorio per la lavorazione degli stupefacenti. A Scaletta sono poi contestati i reati-fine di cui ai capi 2, 6 e 7, nonché gli ulteriori d sopra menzionati.
Il Tribunale narrava diffusamente le vicende concernenti l’esistenza e le modalità operative dell’associazione, dei suoi capi e partecipi, sulla base degli esiti investigati risultanti da captazioni telefoniche e ambientali, dalle risultanze dell’attivit videoripresa eseguita in vari luoghi, dai dati emersi dal monitoraggio degli incontri svoltisi fra gli associati, dai sequestri di armi e munizioni e della piantagione cannabis gestita dai compartecipi, compendiati nelle informative di polizia giudiziaria, che consentivano di ricostruire il complesso quadro indiziario sopra sinteticamente descritto.
Circa la specifica posizione di COGNOME, il Tribunale ne evidenziava, alla stregua della consistenza probatoria degli acquisiti elementi investigativi, il ruolo di promotor dell’associazione, con il costante impegno per la stipula del pactum sceleris fra indagati baresi e catanesi, la messa a disposizione di beni strumentali, quali autovetture e l’abitazione propria e del fratello, la partecipazione costante agli incontri inerenti gestione del narcotraffico, la supervisione nella gestione della piantagione in merito alla quale forniva anche indicazioni pratiche e gli innumerevoli contatti tenuti con gl altri sodali.
Il Tribunale rappresentava come il suo diretto coinvolgimento nella gestione della piantagione e negli episodi di cessione della sostanza stupefacente giustificassero il giudizio di gravità indiziaria in relazione al reato fine di cui al capo 2).
Parimenti si riteneva pienamente integrato il compendio indiziario in relazione al capo 6) della rubrica, essendo stato fermato l’acquirente pochi minuti dopo avere lasciato l’abitazione di Scaletta (ove era già stato notato 26 volte nei giorni precedenti
con la cocaina poi sequestrata. Non si riteneva configurabile l’ipotesi di cui al comma 5 in ragione della non occasionalità del fatto.
Anche con riguardo al reato di cui al capo 7) era ritenuta la sussistenza dei gravi indizi della avvenuta cessione di sostanza stupefacente, per tramite di NOME COGNOME, in favore di NOME COGNOME. Era descritta la strategia adottata nel portare a termine l’operazione e anche in questo caso, per le medesime ragioni sopra descritte, non era ritenuto possibile riportare la fattispecie a quella di cui al comma 5.
Quanto alle esigenze cautelari, la presunzione di sussistenza del pericolo di recidivanza e di esclusiva adeguatezza della misura custodiale in carcere non era superata dal mero decorso di un lasso temporale, in ragione delle concrete manifestazioni di partecipazione nel ruolo di protagonista al sodalizio criminoso. La concretezza e l’attualità delle necessità cautelari erano peraltro rese manifeste dalla gravità delle condotte delittuose, dalla professionalità e dalla posizione apicale rivestita, dalla versatilità dei ruoli ricoperti, dal continuativo impegno incessantemente profuso.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Scaletta, deducendo:
2.1. l’inutilizzabilità delle videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria di qua avveniva nel giardino antistante l’abitazione di Scaletta. Richiamati i princìpi fissati d Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234270, si evidenziava come si trattasse di spazio privato, sopraelevato rispetto alla strada pubblica, protetto da un muro alto oltre due metri, da un cancello elettrico, da una recinzione con rete oscurante nonché da vegetazione, e quindi di luogo in relazione al quale l’interessato poteva vantare una legittima aspettativa d’intimità e riservatezza; si rilevava, dunque, come tali ostacoli fossero stati superati dagli investigatori soltanto attraverso accorgimenti tecnici particolarmente intrusivi, consistiti nel posizionamento di telecamere in posizione sopraelevata ed a notevole distanza, mentre le sole videoriprese consentite sono quelle realizzabili mediante strumenti che, per caratteristiche tecniche e logistiche, rendano possibile un servizio di osservazione eguale a quello effettuabile dall’operatore fisico. Rileva, inoltre, la difesa che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, ess non si è limitata a depositare fotogrammi ritraenti lo stato dei luoghi (e giudicat parziali ed insufficienti da quei giudici), ma ha prodotto al Pubblico ministero altres una ripresa filmata di quell’area. Pertanto, se il Tribunale non l’ha visionata, si sarebbe in presenza di una lacuna motivazionale decisiva; se, poi, addirittura tale filmato non è stato trasmesso dal Pubblico ministero al giudice del riesame, vi sarebbe stata una violazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen.;
2.2. la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto al profilo della gravit indiziaria in ordine alla posizione apicale rivestita da COGNOME nell’ambito della pretesa
associazione. Il Tribunale non ha preso in adeguata considerazione le argomentazioni difensive circa la sussistenza di tre gruppi che operavano in piena autonomia, né ha considerato che il quadro indiziario depone al più per una ipotesi concorsuale, slegata da una dimensione propriamente associativa. Anche con riguardo al ruolo sovraordinato attribuito all’indagato deve semmai riconoscersi una funzione di collegamento fra i gruppi.
Analoghe considerazioni valgono con riferimento ai reati fine. In particolare, con riguardo al delitto di cui al capo 2) si evidenzia la mancanza di autonomia rispetto al delitto associativo, risolvendosi esso in una serie indeterminata di reati, rispetto quali la motivazione del Tribunale è del tutto sovrapponibile a quella di cui al capo 1). Quanto al reato di cui al capo 6) appare erronea la mancata applicazione dell’ipotesi di cui al comma 5 della norma incriminatrice, non potendosi valorizzare il numero delle volte in cui il cessionario sarebbe stato visto recarsi presso l’abitazione di Scaletta.
Quanto al capo 7) si contesta la valutazione del quadro di gravità indiziaria con particolare riferimento al borsone che, secondo l’accusa, sarebbe stato utilizzato per la consegna dello stupefacente nei trasferimenti tra i diversi soggetti intervenuti nella vicenda. Non vi sarebbe alcuna prova diretta del fatto che esso sia stato sempre lo stesso, che, pur ove così fosse, sia stato utilizzato per il trasporto di sostanz stupefacente e che, comunque, fosse vuoto od ancora pieno quando, in ultimo, è stato riconsegnato da Palermo a Scaletta;
2.3. GLYPH la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alle ragioni cautelari a sostegno della ritenuta adeguatezza della massima misura coercitiva, atteso che il Tribunale non ha valorizzato la circostanza che ogni attività illecita cessata con l’avvenuto sequestro della piantagione degli Aleo, con ciò evidenziandosi l’inesistenza della concretezza ed attualità del pericolo, tanto più alla luc dell’intervenuto smembramento dell’associazione a seguito dell’attività investigativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
Quanto alla doglianza relativa alla pretesa inutilizzabilità delle videoriprese essa è infondata. Correttamente il Tribunale, ricordando che da tempo la nozione di domicilio è stata ricondotta a criteri particolarmente rigorosi, ha richiamato l’indiriz di legittimità secondo cui le videoriprese di comportamenti “non comunicativi”, che rappresentino la mera presenza di cose o persone e i loro movimenti, costituiscono prove atipiche se eseguite, anche d’iniziativa della polizia giudiziaria, in luoghi pubblic aperti al pubblico o esposti al pubblico ovvero in ambienti privati diversi dal “domicilio”
nei quali debba essere garantita l’intimità e la riservatezza, essendo, in tale ultimo caso, necessario per la loro utilizzabilità, ex art. 189 cod. proc. pen., un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria che le giustifichi rispetto alle esigenze investigative e all’invasività dell’atto, mentre sono da qualificarsi come prove illecite, cui è sempre vietata la acquisizione e l’utilizzazione, ove eseguite all’interno di luoghi riconducibili alla nozione di “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost. (Sez. 1, 49798 del 28/09/2023, COGNOME, Rv. 285500). Ciò posto, il Tribunale ha evidenziato che non è possibile riconoscere aspettative di riservatezza all’indagato, più volte ripreso nella sua proprietà ma all’esterno dell’abitazione, in un giardino privo di coperture, accessibile allo sguardo degli inquirenti senza l’adozione di particolari accorgimenti o tecniche sofisticate. Non è stata utilizzata alcuna modalità intrusiva, tanto che sono state sufficienti, come rimarcato nel provvedimento impugnato, videocamere che hanno effettuato le riprese dall’alto e a lunga distanza. Quanto al video cui fa riferimento la difesa, il Tribunale ne ha effettuato un implicito giudizio superfluità alla luce delle emergenze in atti.
3. Non può trovare accoglimento neppure il secondo motivo di ricorso. Quanto alla sostenuta illogicità e contraddittorietà del giudizio di gravità del compendio indiziario i ordine al delitto associativo ascritto all’indagato, ritiene la Corte che il percor argonnentativo espresso nel provvedimento del Giudice del riesame sia immune da censure, dal momento che il Tribunale si è confrontato con le risultanze investigative procedendo a un esauriente e congruo apprezzamento delle stesse. In merito al presupposto di condotte concrete, evocative di un contributo causalmente apprezzabile all’operatività del sodalizio criminoso in posizione verticistica, le doglianze riguardant la valutazione di attendibilità e coerenza dei dati indiziari, nella specie di ti investigativo e intercettativo, risultano – oltre che affatto generiche – palesemente infondate, siccome sostanzialmente dirette a una non consentita rilettura degli elementi fattuali e ad una diversa e alternativa ricostruzione della vicenda criminosa, a fronte dell’apparato argomentativo, logico ed esaustivo, della motivazione dell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale del riesame, dopo avere descritto diffusamente la struttura e le dinamiche dell’organizzazione finalizzata alla coltivazione, produzione, trasporto, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti principalmente del tipo marijuana e hashish nei territori di Pietraperzia e Piazza Armerina, sulla base degli esiti di intercettazioni telefoniche e ambientali, dei servizi di osservazione e controllo a distanza, delle operazioni di perquisizione e sequestro, ha delineato con accuratezza lo specifico ruolo rivestito dall’indagato. Questi, alla stregua della consistenza probatoria degli elementi investigativi sopra indicati, è risultato essere il promotore dell’associazione, come è dimostrato dal costante impegno per la stipula del pactum
sceleris fra il gruppo barese e quello catanese, cosa di cui si vantava anche apertamente in un dialogo intercettato, dalla messa a disposizione dei beni strumentali, quali autovetture e l’abitazione propria e del fratello, dalla partecipazione costante agli incontri inerenti la gestione del narcotraffico, dal personale controllo nell gestione della piantagione, tanto da fornire anche indicazioni pratiche, dalla versatilità dei contributi forniti e dagli innumerevoli contatti tenuti con gli altri sodali.
Orbene, attesa la consistenza e la solidità del descritto compendio indiziario, non è consentito alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione alle puntuali e logiche argomentazioni svolte dal giudice del merito cautelare in ordine alla qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato per il delitto oggetto di contestazione provvisoria.
Quanto ai singoli reati fine, il Tribunale rappresentava come il diretto coinvolgimento di Scaletta nella gestione della piantagione e negli episodi di cessione della sostanza stupefacente giustificassero il giudizio di gravità indiziaria in relazione a reato fine di cui al capo 2); non si tratta di un automatico riflesso del delit associativo ma della valutazione relativa al concreto contributo apportato alla articolata attività di coltivazione, trasporto e cessione della sostanza stupefacente di cui la consorteria si occupava.
Analoghe considerazioni valgono per il capo 6), ove la gravità indiziaria è stata individuata nel sequestro della cocaina ritrovata nella disponibilità di NOME COGNOME appena allontanatosi dall’abitazione di Scaletta. Quanto alla lamentata mancata riconducibilità del fatto alla fattispecie c.d. lieve, basti ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento della fattispecie incriminatrice del fatto di lieve entità di cui all’art. comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il giudice è tenuto a valutare, secondo una visione unitaria e globale, tutti gli elementi normativamente indicati in moda da giungere ad una adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza sulla base di una ricostruzione dei fatti riguardante la combinazione di tutte le specifiche circostanze, conformemente ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità della pena (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076; Sez. 6, n. 38606 del 8/02/2018, Sefar, Rv. 273823; Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, COGNOME, Rv. 2719590). Ebbene, uniformandosi a tali indicazioni che richiedono una complessiva valutazione delle concrete capacità di azione dell’imputato, delle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all’entità della droga movimentata in un determinato lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per realizzare le condotte illecite, il Tribunale h
rappresentato che la continuativa presenza di Gueli presso l’abitazione di Scaletta non consentisse di ricondurre il fatto al comma 5.
Anche il motivo di ricorso concernente i gravi indizi in ordine alla commissione del reato-fine di cui al capo 7) non è fondato, oltre che formulato in termini generici e in parte aspecifici. Le doglianze sono sostanzialmente dirette a una rilettura degli elementi indiziari e a una diversa e alternativa ricostruzione della vicenda criminosa, che esula dallo scrutinio di legittimità.
Circa le esigenze cautelari, l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato risulta coerente con il quadro normativo di riferimento, nell’interpretazione offerta dalla Corte di legittimità, per la quale, anche se per i reati di cui all’art. comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della misura della custodia in carcere, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati all’indagato, il giudice ha l’obbligo di motivare puntualmente in ordine alla rilevanza del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari.
Orbene, il Tribunale del riesame, con motivazione congrua e logicamente ineccepibile, ha rimarcato l’irrilevanza del mero decorso di un lasso temporale (per il vero assai breve) fra i fatti contestati e accertati e l’adozione della misura coercitiva sul rilievo della gravità delle condotte delittuose, gla professionalità e dAlla posizione apicale rivestita, dplJa versatilità dei ruoli ricoperti, cjk continuativo impeg incessantemente profuso, cui si aggiungono i dati assai negativi relativi alla personalità dell’indagato, gravato da numerosi e (anche) specifici precedenti penali nonché attualmente sottoposto ad altro procedimento penale per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990. Di talché, anche per questo profilo / non può consentirsi alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione all’apprezzamento fattuale compiuto dal giudice del merito cautelare.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente provvedimento a cura della Cancelleria al Direttore dell’istituto penitenziario per gli adempimenti di cui al comma 1-bis della norma citata.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 15/10/2024