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Videochiamate detenuti: omessa pronuncia del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Magistrato di sorveglianza che aveva omesso di pronunciarsi sulla specifica richiesta di un detenuto di effettuare videochiamate anche con familiari a loro volta detenuti. La Corte ha ritenuto che la generica affermazione di avvenuta ottemperanza da parte dell’amministrazione penitenziaria non fosse una risposta adeguata, configurando un vizio di omessa pronuncia e rinviando il caso per un nuovo esame nel merito delle videochiamate detenuti.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Videochiamate Detenuti: Quando il Silenzio del Giudice Viola i Diritti

Il tema delle videochiamate detenuti rappresenta una frontiera importante per l’umanizzazione della pena e la tutela dei legami affettivi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale dello Stato di diritto: il giudice ha il dovere di rispondere in modo puntuale a ogni specifica richiesta del cittadino, anche se privato della libertà personale. Vediamo come la Suprema Corte è intervenuta per correggere un’ordinanza caratterizzata da un’omessa pronuncia.

I Fatti del Caso

Un detenuto aveva ottenuto dal Magistrato di sorveglianza l’autorizzazione a effettuare videochiamate della durata di un’ora. Successivamente, ha presentato un’istanza per ottenere l’ottemperanza a tale provvedimento, specificando che le comunicazioni avrebbero dovuto essere consentite non solo con i familiari liberi, ma anche con quelli che si trovavano a loro volta in stato di detenzione.

L’amministrazione penitenziaria, sulla base di una propria circolare, aveva invece limitato le autorizzazioni alle sole videochiamate con i parenti in stato di libertà. Di fronte alla richiesta di ottemperanza del detenuto, il Magistrato di sorveglianza ha emesso un’ordinanza di “non luogo a provvedere”, sostenendo che l’amministrazione avesse già adempiuto, dato che il detenuto stava effettuando le videochiamate con i familiari aventi diritto.

Tuttavia, questo provvedimento ignorava completamente il nucleo della richiesta: l’estensione delle comunicazioni ai familiari reclusi.

Il Ricorso e la questione sulle videochiamate detenuti

Il difensore del detenuto ha presentato ricorso per cassazione, denunciando la violazione di legge e la motivazione meramente apparente dell’ordinanza. Il punto centrale del ricorso era chiaro: il Magistrato non si era pronunciato sulla questione specifica sollevata, ovvero se l’autorizzazione originaria dovesse intendersi estesa anche ai familiari detenuti, nonostante la prassi amministrativa contraria.

Il ricorrente ha evidenziato come l’ordinanza impugnata si fosse limitata a recepire la comunicazione dell’istituto penitenziario senza entrare nel merito della controversia. Questo comportamento equivale a un’omissione di pronuncia, un vizio che rende invalido il provvedimento giudiziario perché nega di fatto al cittadino una risposta dalla giustizia.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, definendolo fondato. Gli Ermellini hanno stabilito che il provvedimento del Magistrato di sorveglianza era viziato da un’evidente omessa pronuncia.

Il giudice di sorveglianza, infatti, si era limitato a richiamare una nota amministrativa che faceva riferimento genericamente ai “familiari aventi diritto”, senza considerare che tale dicitura era il risultato di un’interpretazione restrittiva da parte dell’amministrazione, basata su una circolare che escludeva i familiari detenuti. L’ordinanza originale, invece, non conteneva tale limitazione.

La Suprema Corte ha sottolineato che il Magistrato avrebbe dovuto affrontare e risolvere la questione controversa sollevata dal ricorrente. Non facendolo, ha emesso una decisione con una motivazione solo apparente, che non risponde alla specifica domanda di giustizia. Per questo motivo, la Corte ha annullato l’ordinanza e ha rinviato gli atti allo stesso Magistrato di sorveglianza per un nuovo esame che, questa volta, dovrà entrare nel merito della richiesta.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza è di grande importanza perché ribadisce due principi cardine:

1. Il diritto a una risposta giudiziaria: Ogni istanza presentata a un giudice merita una risposta specifica e motivata. Un provvedimento che elude la questione centrale sollevata da una parte è illegittimo.
2. Il ruolo del giudice di sorveglianza: Questo giudice non è un mero ratificatore delle decisioni amministrative, ma ha il dovere di interpretare i propri provvedimenti e garantire che la loro esecuzione sia conforme al diritto e alla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, tra cui quello al mantenimento dei legami familiari.

La decisione apre la strada a un nuovo esame che dovrà stabilire se il diritto alle videochiamate detenuti possa estendersi anche ai contatti con familiari reclusi. Una questione delicata, che bilancia esigenze di sicurezza con il fondamentale principio della risocializzazione del condannato, per il quale i legami affettivi sono uno strumento essenziale.

Un giudice può non rispondere a una specifica richiesta di un detenuto?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice deve pronunciarsi su ogni specifica questione sollevata. Ignorare una richiesta, come quella sulle videochiamate con familiari detenuti, costituisce un vizio di “omessa pronuncia” che porta all’annullamento del provvedimento.

Una circolare amministrativa può limitare un diritto autorizzato da un’ordinanza del giudice?
L’ordinanza del giudice ha un valore superiore. In questo caso, una circolare limitava le videochiamate ai soli familiari liberi, ma l’ordinanza originale del Magistrato non prevedeva tale limitazione. Il problema era che il giudice, nel secondo provvedimento, non ha affrontato questo conflitto, omettendo di pronunciarsi sulla corretta esecuzione della sua precedente decisione.

Cosa succede quando un’ordinanza viene annullata per omessa pronuncia?
Il caso viene rinviato allo stesso ufficio giudiziario che aveva emesso il provvedimento. Il giudice dovrà quindi riesaminare la questione e questa volta fornire una decisione motivata sulla specifica richiesta che era stata precedentemente ignorata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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