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Video colloqui 41-bis: diritto anche in pandemia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, confermando il diritto di un detenuto in regime speciale a effettuare video colloqui. La sentenza stabilisce che la normativa emergenziale per la pandemia Covid-19 ha creato una condizione di oggettiva difficoltà per le visite in presenza, legittimando così l’uso dei video colloqui 41-bis come strumento per garantire il fondamentale diritto del detenuto a mantenere i legami familiari.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Video colloqui 41-bis: la Cassazione conferma il diritto del detenuto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4282 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità e delicatezza: il diritto ai video colloqui per i detenuti sottoposti al regime speciale 41-bis. La decisione rigetta il ricorso del Ministero della Giustizia e consolida un orientamento giurisprudenziale che bilancia le esigenze di sicurezza con il diritto fondamentale al mantenimento dei legami familiari, specialmente in contesti eccezionali come quello dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Il caso: la richiesta di video-chiamate durante la pandemia

La vicenda trae origine dalla richiesta di un detenuto, sottoposto al regime del cosiddetto ‘carcere duro’, di poter effettuare i colloqui mensili con i propri familiari tramite una piattaforma di video-collegamento, in sostituzione della visita in presenza. Questa richiesta era stata avanzata nel pieno dell’emergenza pandemica.

Il Magistrato di Sorveglianza prima, e il Tribunale di Sorveglianza poi, avevano accolto l’istanza del detenuto. L’amministrazione penitenziaria, tuttavia, si era opposta, proponendo in alternativa una telefonata aggiuntiva e presentando infine ricorso in Cassazione, sostenendo che non sussistessero le condizioni eccezionali per derogare alle modalità ordinarie dei colloqui previste per il regime 41-bis.

La decisione della Cassazione sui video colloqui 41-bis

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la legittimità della decisione del Tribunale di Sorveglianza. La sentenza si fonda su due pilastri argomentativi principali: l’interpretazione della normativa emergenziale e il bilanciamento tra sicurezza e diritti fondamentali.

La normativa speciale come fonte del diritto

Il punto centrale della decisione è l’analisi della legislazione speciale introdotta per fronteggiare la pandemia (in particolare, l’art. 221 del D.L. n. 34/2020 e successive proroghe). Secondo la Corte, questa normativa ha espressamente previsto la possibilità di svolgere colloqui a distanza per salvaguardare la salute di detenuti e personale. Il legislatore, estendendone l’efficacia fino al 31 dicembre 2022, ha compiuto una valutazione a monte, riconoscendo che la situazione pandemica costituiva di per sé una condizione di ‘impossibilità o gravissima difficoltà’ a svolgere i colloqui in presenza.

Questo riconoscimento legislativo, secondo la Corte, ha trasformato la possibilità del video colloquio in una vera e propria alternativa al colloquio visivo, applicabile anche ai detenuti in regime speciale, a meno di concreti e insormontabili impedimenti tecnici che minino la sicurezza.

Il bilanciamento tra sicurezza e diritto all’affettività

La Corte ribadisce che il diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento delle relazioni con i congiunti è ‘fondamentale’. Le limitazioni imposte dal regime 41-bis, pur necessarie per recidere i legami con le organizzazioni criminali, devono essere congrue e strettamente connesse a esigenze di ordine e sicurezza non altrimenti gestibili. L’utilizzo di piattaforme di video-collegamento sicure e controllate, già in uso all’amministrazione, non pregiudica tali esigenze e, anzi, permette di tutelare un diritto costituzionalmente e convenzionalmente garantito (artt. 29, 30, 31 Cost. e art. 8 CEDU).

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si allineano a un orientamento ormai consolidato. I giudici hanno sottolineato come la normativa emergenziale abbia di fatto creato un presupposto normativo che giustifica il ricorso ai video colloqui 41-bis. La scelta del legislatore di prorogare tali misure ha implicitamente confermato la persistenza di una ‘gravissima difficoltà’ oggettiva per gli incontri di persona. Pertanto, la richiesta del detenuto non era basata su un capriccio, ma su una facoltà prevista dalla legge in quel particolare contesto storico. La Corte ha specificato che escludere i detenuti in regime differenziato da questa possibilità sarebbe stato ingiustificato, poiché la finalità della norma era la tutela della salute, un bene comune a tutta la popolazione carceraria, e le modalità tecniche dei video colloqui consentono comunque di mantenere elevati standard di controllo e sicurezza.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 4282/2024 rafforza il principio secondo cui la tecnologia può essere uno strumento prezioso per contemperare diritti apparentemente in conflitto. Se da un lato le esigenze di sicurezza del regime 41-bis restano prioritarie, dall’altro non possono comprimere in modo sproporzionato il diritto fondamentale all’affettività. In situazioni eccezionali, come una pandemia, la legge stessa può fornire la soluzione, individuando nei colloqui a distanza un’alternativa sicura e legittima per garantire la continuità dei legami familiari, elemento cruciale anche nel percorso di trattamento penitenziario.

Un detenuto in regime 41-bis ha diritto ai colloqui in video-collegamento?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in situazioni di impossibilità o gravissima difficoltà a effettuare i colloqui in presenza, anche il detenuto in 41-bis può essere autorizzato ad avere colloqui visivi a distanza, a condizione che siano garantite le necessarie cautele di sicurezza.

L’emergenza sanitaria da Covid-19 giustificava la sostituzione dei colloqui in presenza con i video colloqui?
Sì. Secondo la sentenza, la normativa speciale emanata durante la pandemia ha di fatto integrato quella situazione di ‘impossibilità o gravissima difficoltà’, giustificando il ricorso ai video colloqui come alternativa a quelli in presenza per salvaguardare la salute di tutti e riconoscendo al detenuto il diritto di richiederli.

L’amministrazione penitenziaria può negare il video colloquio a un detenuto in 41-bis che lo richiede durante l’emergenza sanitaria?
No. La Corte ha ritenuto che la normativa emergenziale ha configurato un vero e proprio diritto del detenuto a richiedere e ottenere il video colloquio. L’amministrazione può negarlo solo in presenza di comprovati impedimenti di natura tecnica che rendano impossibile assicurare le garanzie di sicurezza richieste dal particolare regime detentivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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