Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22982 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22982 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PATTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n, 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Lette la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., del AVV_NOTAIO Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché le conclusioni dell’AVV_NOTAIO per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, nonché per la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese a favore della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 18/12/2023, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza del 15/06/2023 con la quale il Tribunale di Patti dichiarato estinto per prescrizione il reato di bancarotta semplice – aveva dichiarato NOME COGNOME, quale amministratore unic:o di RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 11/06/2014, responsabile del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione della somma di 13 mila euro restituita al socio COGNOME per finanziamenti effettuati tra il marzo e l’aprile 2014 e, con l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e i doppi benefici, lo aveva condannato alla pena di anni due di reclusione e al risarcimento dei danni a favore della parte civile.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Messina ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione avuto riguardo al dolo, non avendo la sentenza impugnata risposto alla censura proposta con l’appello in ordine all’assenza del rischio e del pericolo concreto di fallimento della società, posto che essa vantava un ingente credito (pari a più di 223 mila euro nei confronti del RAGIONE_SOCIALE), mentre aveva debiti solo verso i fornitori, i cui decreti ingiuntivi era stati contestati con regolare opposizione, mentre alla data della restituzione del finanziamento al socio COGNOME non vi era alcun rischio di fallimento, sopravvenuto quando il credito verso il consorzio divenne inesigibile per cause non imputabili alla società o all’imputato.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine all’elemento oggettivo del reato, in quanto, come dedotto con i motivi di appello, il versamento effettuato e poi rimborsato era a titolo di muto e non in conto capitale, con conseguente qualificazione del fatto come bancarotta preferenziale, laddove la sentenza impugnata manca di un iter logico-giuridico che conduca a ritenere infondata la censura proposta con l’appello.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alla determinazione della pena.
Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il AVV_NOTAIO Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME AVV_NOTAIO ha concluso per il rigetto del ricorso.
Per la parte civile, l’AVV_NOTAIO ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso, nonché per la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese a favore della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto.
Muovendo, in ordine di priorità logico-giuridica dal secondo motivo, esso è fondato, restando assorbiti gli ulteriori motivi.
2.1. Come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare in tema di reati fallimentari, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società, mentre, al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031 – 01; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872 – 01). Al fine di individuare i criteri in base ai quali distinguere le due diverse tipologie di versamenti in questione, l’orientamento richiamato fa leva sulla giurisprudenza civile di questa Corte, secondo cui «i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della società come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa», mentre «l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci» (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Ora, la sentenza di primo grado aveva ritenuto che il versamento dei 13 mila euro da parte del socio COGNOME – poi oggetto della restituzione contestata a titolo di distrazione – fosse stato effettuato in conto capitale e non a titolo di mutuo, adducendo, in particolare, il peculiare momento di fibrillazione patrimoniale della società. L’atto di appello aveva censurato la motivazione della sentenza di primo grado, richiamando, tra l’altro, un allegato della relazione ex art. 33 I. fall. dal quale – nella prospettazione dell’appellante – si desumerebbe
che le somme versate da COGNOME non avevano natura di versamenti in conto capitale.
La sentenza impugnata non ha dato compiuta rispcsta alla doglianza dell’appellante, sottraendosi all’esame del documento indicato e alla valutazione dello stesso nella prospettiva della qualificazione del versamento della somma oggetto della restituzione.
D’altra parte, la Corte distrettuale incorre in un errore di prospettiva che ne inficia sul piano logico la motivazione, poiché fa riferimento allo stato della società al momento della restituzione, laddove la qualificazione del versamento a titolo di mutuo ovvero in conto capitale esige che la causa del versamento stesso sia definita con riguardo a tale momento e non a quello successivo della restituzione. Anche sotto questo profilo, dunque, sussiste il vizio di motivazione denunciato.
Pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina, che, nel quadro dei princìpi di diritto richiamati supra al § 2.1., conserva nel merito piena autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di essi (Sez. 1, n. 803 del 10/02/1998, Scuotto, Rv. 210016), potendo procedere a un nuovo esame del compendio probatorio con il solo limite di non ripetere i vizi motivazionali del provvedimento annullato (Sez. 3, n. 7882 del 10/01/2012, Montali, Rv. 252333).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
Così deciso il 03/05/2024.