Verbale Tardivo: la Cassazione ne conferma la piena validità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta una questione procedurale di grande rilevanza: la validità di un verbale tardivo, ovvero un atto di polizia giudiziaria redatto a distanza di tempo dai fatti. Il caso in esame, relativo a una condanna per guida in stato di ebbrezza, offre spunti fondamentali sull’efficacia probatoria degli atti di accertamento e sul ruolo della testimonianza degli agenti operanti. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I fatti del caso e i motivi del ricorso
Un conducente veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver causato un sinistro stradale. La difesa presentava ricorso in Cassazione, sollevando due principali obiezioni:
1. Vizio di motivazione e inutilizzabilità degli atti: Si contestava la validità dell’annotazione di servizio in cui si dava atto di aver informato l’imputato del suo diritto di farsi assistere da un difensore. Il documento era stato redatto sei giorni dopo l’incidente, una circostanza che, secondo la difesa, ne comprometteva l’attendibilità e il valore probatorio.
2. Violazione di legge: Si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, relativo alla non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La decisione della Corte sul verbale tardivo
La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso manifestamente infondato. Il punto cruciale della decisione riguarda proprio la questione del verbale tardivo. Gli Ermellini hanno chiarito un principio consolidato: l’obbligo di redazione immediata degli atti di polizia giudiziaria, come gli accertamenti urgenti, non è sanzionato a pena di nullità o inutilizzabilità.
Per la validità dell’atto, è sufficiente che l’attività svolta sia documentata, anche in un momento successivo, purché sia garantita la certezza dei dati essenziali e l’identificazione delle operazioni compiute. La tardività nella compilazione non inficia, di per sé, il contenuto dell’atto né la sua efficacia processuale.
La testimonianza dell’agente come prova supplementare
La Corte ha inoltre ribadito un altro importante principio: la testimonianza degli operatori di polizia giudiziaria è pienamente ammissibile per confermare quanto da loro direttamente percepito nell’immediatezza dei fatti, anche se non verbalizzato. Nel caso di specie, la deposizione dell’agente operante aveva confermato che l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore era stato regolarmente fornito all’imputato prima degli accertamenti sul tasso alcolemico. Questa testimonianza, secondo la Corte, è uno strumento valido per integrare o chiarire le risultanze del verbale, superando eventuali omissioni documentali.
L’esclusione della particolare tenuità del fatto
Quanto al secondo motivo di ricorso, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente escluso l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. La motivazione della corte territoriale era stata congrua e logica, basandosi sul “rilevato disvalore oggettivo” della condotta dell’imputato. L’apprezzamento della gravità del fatto, coerente con le prove raccolte, è insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è privo di vizi logici.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione pragmatica delle norme procedurali. L’assenza di una sanzione esplicita di nullità per la redazione non immediata del verbale (artt. 357 e 373 c.p.p.) indica che il legislatore ha privilegiato la sostanza sulla forma. L’importante è che l’attività investigativa sia tracciabile e verificabile, anche tramite documentazione successiva e testimonianze. Questo approccio evita che meri ritardi burocratici, spesso dovuti a esigenze operative, possano vanificare l’accertamento di un reato. La testimonianza dell’agente viene valorizzata come strumento di garanzia della veridicità dei fatti, capace di colmare eventuali lacune formali del verbale, in linea con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali:
1. Un verbale tardivo è pienamente valido ed utilizzabile nel processo penale se documenta con certezza le operazioni svolte.
2. La prova di un’attività di polizia giudiziaria, come la somministrazione di un avviso di legge, può essere fornita anche tramite la deposizione testimoniale dell’agente, a prescindere dalla sua menzione nel verbale.
Questa decisione rafforza la stabilità degli accertamenti di polizia e chiarisce che le garanzie difensive non sono lese da un ritardo nella formalizzazione degli atti, purché il loro contenuto sia veritiero e confermato da altre fonti di prova.
Un verbale di polizia redatto giorni dopo l’accertamento è valido?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la redazione non immediata di un verbale di polizia giudiziaria non ne determina la nullità o l’inutilizzabilità, a condizione che l’atto documenti con certezza i dati essenziali e le operazioni compiute.
La testimonianza di un poliziotto può sopperire a una mancanza nel verbale?
Sì. La Corte ha confermato che la testimonianza degli agenti operanti è ammissibile per provare circostanze da loro direttamente percepite, anche se queste non sono state annotate nel verbale scritto.
Perché nel caso di specie è stata negata la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità è stata esclusa perché la Corte d’Appello ha valutato la condotta come dotata di un significativo “disvalore oggettivo”, ovvero di una gravità tale da non poter essere considerata “particolarmente tenue”. Questa valutazione, essendo logica e ben motivata, è stata confermata dalla Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45029 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45029 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MESSINA il 13/11/1989
avverso la sentenza del 15/04/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME Stefano, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), 2-bis e 2-sexies cod. strada.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta: 1. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Rappresenta che, ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, la Corte di merito si è avvalsa dell’annotazione di servizio del 24/4/2022, che risulta essere stata redatta successivamente al sinistro, avvenuto il 18/4/2022. Sebbene in detta annotazione si dia atto della somministrazione dell’avviso al conducente di farsi assistere da un difensore di fiducia, la tardività della compilazione dell’atto esclude che il richiamo ivi contenuto possa valere ai fini della prova dell’avvenuto avviso. Né è possibile avvalersi sul punto della deposizione del verbalizzante, avendo la Corte di legittimità ritenuto che alla mancata annotazione sul verbale di accertamenti urgenti non si possa sopperire con il ricorso alla prova testimoniale; 2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Rilevato che i motivi dedotti risultano manifestamente infondati.
Considerato, in ordine alla questione attinente al tempo della redazione del verbale, che l’obbligo di redazione immediata degli atti indicati dall’art. 357 comma secondo, cod. proc. pen., tra i quali rientrano le operazioni e gli accertamenti urgenti, nelle forme previste dall’art. 373 cod. proc. pen., non è previsto a pena di nullità od inutilizzabilità; per le attività di polizia giudiziaria infatti sufficiente la loro documentazione, anche in un momento successivo al compimento dell’atto e, qualora esse rivestano le caratteristiche della irripetibilità, è necessaria e sufficiente la certezza dell’individuazione dei dati essenziali .
Considerato che la Corte territoriale ha operato una corretta applicazione del principio richiamato, ritenendo utilizzabile la parte del verbale in cui viene dato atto che l’imputato è stato reso edotto della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia prima di essere sottoposto ad accertamenti sul tasso alcolemico, circostanza peraltro confermata dalla deposizione dell’operante COGNOME
Considerato che la testimonianza sulla circostanza in questione, per consolidato orientamento della Corte di legittimità, è pacificamente ammessa, anche nel caso in cui non si sia dato atto a verbale della somministrazione dell’avviso ex art. 114 disp. att. cod. proc. pen. (cfr. Sez. 4, n. 35844 del 18/06/2021, Rv. 281976)
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che i rilievi difensivi non si confrontano con la congrua motivazione espressa dalla Corte di appello, che ha validamente escluso in sentenza la causa di non punibilità alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata, elemento apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente