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Vendita sostanze alimentari non genuine: il caso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la vendita di sostanze alimentari non genuine. L’olio, etichettato come extravergine 100% italiano, era in realtà olio di semi con clorofilla. La Corte ha confermato che la nozione di sostanza ‘non genuina’ comprende anche prodotti che non contengono gli ingredienti e le quantità previste dalla legge, e ha ribadito l’impossibilità di far prevalere le attenuanti generiche sulla recidiva qualificata.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vendita Sostanze Alimentari Non Genuine: Quando l’Olio “Extravergine” Nasconde Altro

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sul tema della vendita sostanze alimentari non genuine, un reato che tutela la salute pubblica e la correttezza commerciale. La decisione in esame offre importanti chiarimenti su cosa si intenda per sostanza ‘non genuina’ e sui limiti al bilanciamento delle circostanze attenuanti in presenza di recidiva. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti: Il Caso dell’Olio Adulterato

Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto per aver messo in commercio un prodotto etichettato come “Olio Extravergine d’Oliva tenuta coratina 100% italiano”. Tuttavia, le analisi effettuate sul prodotto hanno rivelato una realtà ben diversa: non si trattava di olio extravergine, bensì di olio di semi addizionato con clorofilla, una sostanza utilizzata per conferirgli il colore tipico dell’olio d’oliva.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione del fatto come reato ai sensi dell’art. 516 del codice penale e lamentando un errato giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante della recidiva.

La Decisione della Corte: La corretta qualificazione della vendita di sostanze alimentari non genuine

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali, uno relativo alla definizione del reato e l’altro di natura processuale sul bilanciamento delle circostanze.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha fornito motivazioni chiare e nette per respingere entrambi i motivi di ricorso.

Il Concetto di Sostanza “Non Genuina”

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: per sostanza alimentare “non genuina” non si intende solo quella nociva per la salute, ma anche quella che, per composizione, non possiede le caratteristiche qualitative e quantitative previste dalla legge. Nel caso di specie, l’olio venduto non rispettava le normative che definiscono le caratteristiche degli oli d’oliva. La presenza di olio di semi e clorofilla lo rendeva, a tutti gli effetti, una sostanza diversa da quella dichiarata in etichetta e quindi non genuina ai sensi dell’art. 516 c.p. Questo conferma che la tutela penale non si limita a proteggere il consumatore da rischi per la salute, ma anche a garantire la lealtà e la trasparenza nelle transazioni commerciali di prodotti alimentari.

Il Bilanciamento tra Attenuanti e Recidiva

Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile. L’imputato lamentava che le attenuanti generiche non fossero state giudicate prevalenti sulla recidiva. La Corte ha richiamato il chiaro disposto dell’art. 69, comma 4, del codice penale. Questa norma stabilisce un divieto esplicito di prevalenza delle circostanze attenuanti rispetto alla recidiva qualificata (prevista dall’art. 99, comma 4, c.p.). Di conseguenza, il giudizio di equivalenza formulato dalla corte d’appello era l’unica opzione legalmente percorribile, rendendo la censura dell’imputato del tutto infondata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha conseguenze significative. In primo luogo, rafforza la tutela del consumatore, chiarendo che qualsiasi alterazione della composizione di un alimento rispetto a quanto previsto dalla legge integra il reato di vendita di sostanze alimentari non genuine. Questo vale anche se il prodotto non è direttamente dannoso per la salute. In secondo luogo, ribadisce un principio tecnico fondamentale del diritto penale: la presenza di una recidiva qualificata limita fortemente la discrezionalità del giudice nel concedere sconti di pena basati su circostanze attenuanti generiche. Infine, la condanna al pagamento di una sanzione di 3.000 euro, oltre alle spese processuali, a seguito della dichiarazione di inammissibilità, serve da monito contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati.

Quando un prodotto alimentare può essere considerato “non genuino” ai sensi della legge?
Un prodotto è “non genuino” non solo quando è nocivo, ma anche quando non contiene le sostanze e le quantità previste dalla legge per quel tipo di alimento. Nel caso specifico, un olio di semi con clorofilla venduto come olio extravergine d’oliva è considerato non genuino.

Le circostanze attenuanti generiche possono sempre ridurre la pena in caso di recidiva?
No. Come chiarito dalla Corte, in presenza di una recidiva specifica (prevista dall’art. 99, comma 4, c.p.), la legge vieta che le circostanze attenuanti generiche possano essere considerate prevalenti sull’aggravante, impedendo di fatto una riduzione della pena per questo motivo.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile e non si riscontra un’assenza di colpa da parte di chi lo ha proposto, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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