Vendita Bene Pignorato: Anche se Rintracciabile, è Reato?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati contro l’amministrazione della giustizia. La vendita di un bene pignorato o sequestrato integra un reato anche quando l’oggetto non viene materialmente nascosto ma semplicemente trasferito a un’altra persona, rendendone più complesso il recupero. Analizziamo questa decisione per capire le implicazioni pratiche per chi si trova a gestire beni sottoposti a vincoli giudiziari.
I Fatti del Caso: La Vendita del Veicolo Sequestrato
Il caso riguarda un individuo che, nonostante il suo veicolo fosse sottoposto a sequestro, aveva deciso di venderlo. Successivamente, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la sua azione non avesse realmente ostacolato la giustizia. A suo dire, la vendita non aveva reso impossibile né difficoltoso il controllo sul bene, tanto che le forze dell’ordine erano riuscite a individuare facilmente la nuova proprietaria e a verificare che il veicolo fosse regolarmente assicurato.
Secondo la difesa, quindi, non si sarebbe configurato alcun reato, in quanto l’azione non aveva prodotto l’effetto di sottrarre concretamente il bene alla sua funzione di garanzia.
La Decisione della Cassazione sulla Vendita del Bene Pignorato
La Suprema Corte ha respinto categoricamente questa linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso non sollevava questioni di legittimità (cioè di corretta applicazione della legge), ma mirava a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione. Il ricorrente, infatti, si limitava a riproporre argomenti già esaminati e correttamente respinti dal giudice di merito.
Le Motivazioni: Perché la Vendita di un Bene Pignorato è Reato
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 388 del Codice Penale (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). La Corte ha sottolineato che questo reato non si configura solo quando si impedisce fisicamente la vendita all’asta o il recupero del bene (ad esempio, nascondendolo o distruggendolo). Il reato sussiste anche quando si compiono atti che, pur senza una materiale ‘amotio’ (rimozione), creano ostacoli o ritardi per gli organi della procedura esecutiva.
La vendita del veicolo, anche se a un soggetto rintracciabile, costituisce proprio uno di questi ostacoli. Perché? Perché costringe il creditore a intraprendere nuove e ulteriori azioni legali per far valere i propri diritti nei confronti del terzo acquirente, il quale potrebbe persino opporsi in buona fede. Questo complica e ritarda la procedura, integrando pienamente la fattispecie di reato.
La Cassazione ha richiamato precedenti sentenze che confermano questo orientamento: è irrilevante che la vendita sia ‘inopponibile’ al creditore pignorante. Ciò che conta è l’ostacolo frapposto alla procedura giudiziaria, che viene così intralciata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame lancia un messaggio chiaro: chiunque sia custode di un bene pignorato o sequestrato deve astenersi da qualsiasi atto dispositivo, inclusa la vendita. Pensare di poter eludere la responsabilità penale solo perché il bene rimane tracciabile è un errore grave. La legge non punisce solo la sottrazione definitiva, ma anche qualsiasi comportamento che complichi l’operato della giustizia. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende serve da monito: la gestione dei beni sotto vincolo giudiziario richiede la massima correttezza e il rispetto assoluto dei provvedimenti dell’autorità.
Vendere un veicolo pignorato o sequestrato è reato anche se il nuovo proprietario è facilmente rintracciabile?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato si configura non solo quando si nasconde il bene, ma anche quando si compiono atti, come la vendita, che creano ostacoli o ritardi alla procedura esecutiva, anche senza una rimozione materiale del bene.
Cosa significa che il ricorso in Cassazione è ‘inammissibile’?
Significa che la Corte non può esaminare il merito del ricorso perché non presenta i requisiti richiesti dalla legge. In questo caso, il ricorrente non contestava un errore di diritto, ma chiedeva una nuova valutazione dei fatti, cosa che non è permessa nel giudizio di legittimità.
Perché il fatto che il creditore possa agire contro il nuovo acquirente non esclude il reato?
Perché, secondo la Corte, costringere il creditore ad adire nuovamente l’autorità giudiziaria per far valere il suo diritto contro il terzo acquirente costituisce di per sé un ostacolo e un ritardo alla procedura esecutiva, integrando così gli elementi del reato previsto dall’art. 388 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5585 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ALGHERO il 02/04/1963
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il ricorso, proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe, è inammissibile perché il motivo con cui il ricorrente ha dedotto l’erronea applicazione dell’art. 334 cod. pen., asserendo che la intercorsa compravendita del veicolo sequestrato non avrebbe in alcun modo reso impossibile e neppure difficoltoso il controllo sul bene medesimo, tant’è che la Polizia giudiziaria era riuscita agevolmente a reperire il nominativo della nuova proprietaria del veicolo e ad appurare che quest’ultimo era stato regolarmente assicurato per la r.c.a., è teso a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, ed è meramente riproduttivo di profilo di doglianza già adeguatamente vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (cfr. pagine 8, 9 e 10 della sentenza impugnata), che si è conformato all’insegnamento di questa Corte, secondo cui il reato di cui all’art. 388 cod. pen. è configurabile non solo quando la rimozione sia obiettivamente idonea ad impedire la vendita della cosa pignorata, ma anche quando crei per gli organi della procedura esecutiva ostacoli o ritardi nel reperimento del compendio esecutato, e ciò anche senza una materiale “amotio”. (Sez. 6, n. 11717 del 30/01/2024, COGNOME, Rv. 286179 01; Sez. 6, n. 32704 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 260338 – 01: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto irrilevante il fatto che la vendita della cosa pignorata fosse inopponibile al creditore pignorante, in quanto quest’ultimo sarebbe stato costretto ad adire l’autorità giudiziaria per far accertare il suo diritto in caso di contestazion da parte del terzo acquirente in buona fede);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero della somma di euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/11/2024