Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33175 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33175 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME CASA
– Presidente –
Sent. n. sez. 466/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
R.G.N. 10430/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME Adriano nato a TORINO il 27/04/1985
NOME COGNOME nato a LUCCA il 20/07/1977
avverso la sentenza del 24/10/2024 della Corte d’appello di Bologna Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
con l’intervento del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che depositava conclusioni scritte chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso di COGNOME e il rigetto del ricorso di COGNOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza in data 24 ottobre 2024, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Parma in data 7 novembre 2023, dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato sub e) per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena inflitta in mesi cinque di reclusione, con conferma nel resto.
Il Tribunale di Parma con sentenza del 7 novembre 2023 aveva dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 424, comma secondo, cod. pen. commesso in danno del fratello NOME e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione con pena sospesa; aveva altresì condannato NOME COGNOME alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione per i reati di tentate lesioni aggravate dall’uso di un’arma in danno di NOME COGNOME e per il porto dell’oggetto atto ad offendere e concretamente utilizzato per porre in essere detto tentativo.
I fatti erano così ricostruiti dai giudici di merito.
In data 19 febbraio 2019 un incendio aveva interessato la casa mobile in lamiera di NOME COGNOME posta all’interno di un campo nomadi; la persona offesa aveva riconosciuto nel fratello NOME il responsabile; egli, dopo avere speronato con l’auto la casa, aveva lanciato un qualcosa verso la finestra e, a quel punto, era scaturito l’incendio.
Qualche mese dopo NOME COGNOME moglie di NOME COGNOME, aveva chiesto l’intervento delle forze dell’ordine in quanto era stata minacciata con un paio di forbici dal cognato NOME COGNOME; l’uomo si era avvicinato al camper dove la donna viveva, vi si era introdotto e aveva tentato di colpirla con le forbici.
Il giorno prima l’uomo si era avvicinato al camper e aveva danneggiato con un cric i finestrini e il parabrezza; a sua volta NOME riferiva che il fratello NOME gli aveva danneggiato il furgone utilizzando una mazza da baseball.
2.1 Avverso detta sentenza propone ricorso NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, censurando, con un unico motivo di doglianza, l’entità del trattamento sanzionatorio nonchØ la mancata concessione dei benefici richiesti.
2.2 Con ricorso proposto a mezzo del difensore di fiducia NOME COGNOME impugna l’indicata sentenza deducendo, con un unico motivo di doglianza, la violazione degli artt. 12, 192, commi 3 e 4, 197, comma 1, lett. b), e 371, comma 2. lett. b), cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione.
Lamenta il difensore del ricorrente che l’affermazione di penale responsabilità sia fondata, nella specie, sulle dichiarazioni del fratello, il quale, oltre ad essere persona offesa, era anche imputato di reato collegato ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., sicchØ le sue dichiarazioni, ai sensi dell’art. 192 comma 3 cod. proc. pen., avrebbero dovuto essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermavano l’attendibilità.
Pertanto, trattandosi di fatti commessi in danno reciproco gli uni degli altri, la penale responsabilità dell’imputato non avrebbe potuto essere affermata solo in base alle dichiarazioni dell’imputato di reato collegato, in assenza di qualsivoglia elemento di riscontro.
Entrambi i giudici di merito, poi, pur avendo rilevato le contraddizioni nel racconto della persona offesa circa la dinamica del fatto, in ragione della pluralità di fatti di reciproca aggressione, avevano ritenuto spiegabili e non indicative di mendacio o scarsa attendibilità le inesattezze rilevate nel racconto.
Faceva, poi, richiamo il ricorrente ai principi in tema di valutazione frazionata delle dichiarazioni che impongono di esplicitare le ragioni per le quali Ł stata ritenuta credibile solo una parte del racconto.
Il sostituto Procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e il rigetto del ricorso di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il ricorso di NOME COGNOME Ł manifestamente infondato, oltre che del tutto aspecifico.
Il ricorrente, che in appello aveva chiesto la concessione delle attenuanti generiche e una rivisitazione in favorem del trattamento sanzionatorio, sollecita ancora una volta la concessione dei benefici di legge, in maniera del tutto generica, senza confrontarsi con le argomentazioni utilizzate nell’impugnato provvedimento a fondamento del rigetto dell’istanza.
Il Tribunale, nel non concedere le circostanze attenuanti, aveva sottolineato l’assenza
di elementi positivamente valutabili, nonchØ la circostanza che l’imputato fosse in detenzione per altra causa, oltre ad essere gravato da numerosi precedenti penali.
Tale motivazione Ł del tutto corretta, in ragione del principio piø volte ribadito da questa Corte, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ł piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01).
L’impugnato provvedimento ha ribadito tali conclusioni, rilevando la gratuità ed estemporaneità dell’aggressione, non portata a conseguenze peggiori solo grazia alla pronta reazione della persona offesa.
Il ricorrente oppone a tali legittime e consistenti argomentazioni una generica doglianza di inadeguatezza, non altrimenti specificata e che dunque confina il ricorso nell’alveo della inammissibilità.
2. Il ricorso di NOME COGNOME Ł infondato.
2.1 Il ricorrente ritiene che fra i reati contestati agli imputati sussista una connessione ex art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., per essere stati commessi gli uni in danno degli altri.
Questa Corte ha affermato che il collegamento probatorio di cui all’art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. ricorre soltanto quando nei diversi procedimenti sussiste l’identità del fatto o di uno degli elementi di prova ovvero quando Ł ravvisabile la diretta rilevanza di uno degli elementi di prova acquisiti in un procedimento su uno dei reati oggetto dell’altro procedimento (Sez. 2, n. 24570 del 14/05/2015, Torcasio, Rv. 264397 – 01).
Il rapporto di connessione probatoria di cui all’art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., Ł ravvisabile quando un unico elemento di fatto proietti la sua efficacia probatoria in relazione ad una molteplicità di illeciti penali e non quando semplicemente la prova dei reati connessi discenda dalla medesima fonte. (Sez. 5, n. 10445 del 14/12/2011, Rv. 252006 01).
Detta connessione probatoria deve riferirsi ad elementi oggettivi del fatto o delle circostanze ad esso riferibili, di modo che l’accertamento dell’uno sia destinato ad influire su quello degli altri, non potendosi fare discendere dal solo stato di imputato di un reato in danno della persona nei confronti della quale si procede (cfr., Sez. 3, n. 23894 del 07/06/2006, COGNOME, Rv. 234423 – 01; Sez. 5, n. 31170 del 20/05/2009, COGNOME, Rv. 244491 – 01).
Nel caso in esame Ł evidente come non si rientri nel caso di connessione probatoria poichØ i fatti contestati sono differenti, commessi in circostanze diverse e la cui prova non Ł unitaria; unico elemento di collegamento che, però, non costituisce la richiesta connessione, Ł il fatto che l’imputato di un fatto sia il marito della persona offesa dell’altro.
In ogni caso la reciprocità delle offese richiede che le stesse siano collocate nelle medesime circostanze di tempo e di luogo, condizione che nello specifico non sussiste.
Ecco, dunque, che la valutazione operata nel provvedimento impugnato circa le dichiarazioni della persona offesa Ł corretta, poichØ, non sussistendo la invocata connessione probatoria, non operano neppure i meccanismi rafforzativi di una prova ritenuta intrinsecamente debole di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen.
2.2 Circa, poi, la doglianza relativa alla valutazione della testimonianza della persona
offesa, la stessa Ł infondata.
In tema di prova testimoniale, trova applicazione il principio della scindibilità della valutazione, in quanto il giudice può ritenere veritiera una parte della deposizione e, nel contempo, disattendere altre parti di essa, dovendo tuttavia dare conto, con adeguata motivazione, delle ragioni di tale diversa valutazione e dei motivi per cui essa non si risolve in un complessivo contrasto logico-giuridico della prova (Sez. 2, n. 10193 del 13/02/2024, COGNOME, Rv. 286139 – 01).
Essendo così definito il principio di scindibilità della prova, Ł evidente che non si verte nel caso di valutazione frazionata della stessa, ma di una valutazione di complessiva attendibilità, espressa in maniera unitaria, motivata, circa le ragioni per le quali certi aspetti di fatto – secondari – del racconto siano stati riferirti in maniera differente nel corso del tempo.
In tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato Ł questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo ” id quod plerumque accidit “, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità. (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 – 01)
Non Ł sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362 – 01).
L’impugnato provvedimento ha espresso un generale giudizio di attendibilità della fonte dichiarativa costituita dal portato conoscitivo di NOME COGNOME la cui adeguata motivazione e assenza di aporie logiche sottraggono tale valutazione ad una possibile censura di legittimità.
Secondo i giudici di merito la versione resa dalla persona offesa ha trovato riscontro in elementi di fatto, quale, ad esempio, la circostanza che la casa mobile fosse effettivamente stata spostata da basamento originario in ragione dello speronamento ad opera del fratello, avvenuto immediatamente prima di appiccare fuoco.
La Corte – alle critiche mosse con l’impugnazione alla credibilità del racconto della persona offesa – ha opposto una ragionevole chiave di lettura delle discrasie ricostruttive, riconducibile alla pluralità di episodi di tensione e/o aggressione consumatisi fra le parti, suscettibile di indurre il dichiarante ad una certa imprecisione nella narrazione, senza, tuttavia, infirmare il nucleo fondamentale del racconto.
Per le ragioni sopra esposte, il ricorso di NOME COGNOME va dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonchØ della somma, ritenuta congrua, di euro 3000 alla cassa delle ammende; il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso di NOME Adriano che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME Casa