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Valutazione recidiva: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la decisione della Corte d’Appello. La Corte ha ribadito che la valutazione recidiva rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve verificare concretamente il legame tra le condanne precedenti e il nuovo reato, come previsto dall’art. 133 del codice penale. Anche la determinazione della pena, se correttamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Valutazione Recidiva: La Cassazione Conferma la Discrezionalità del Giudice

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri per la valutazione recidiva e sulla determinazione della pena, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità. La decisione sottolinea come la discrezionalità del giudice di merito, se esercitata correttamente secondo i principi di legge, non possa essere messa in discussione con un ricorso che mira a una nuova valutazione dei fatti. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di secondo grado su due punti principali: la mancata esclusione della recidiva e la quantificazione della pena inflitta, ritenuta eccessiva.

I Motivi del Ricorso: Recidiva e Trattamento Sanzionatorio

Il ricorso si fondava su due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla recidiva: L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non escludere l’aggravante della recidiva.
2. Violazione di legge e difetto di motivazione sulla pena: Si contestava la graduazione del trattamento sanzionatorio, considerata sproporzionata.

La Valutazione Recidiva secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo di ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la valutazione recidiva non è un automatismo legato alla mera esistenza di precedenti penali. Il giudice di merito non può limitarsi a considerare la gravità dei fatti o l’arco temporale in cui sono stati commessi. È necessario, invece, un esame concreto, basato sui criteri dell’art. 133 del codice penale, per stabilire se esista un effettivo legame tra le condanne precedenti e il reato per cui si sta procedendo. Il giudice deve verificare se la condotta criminale passata sia indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto” che abbia agito come fattore criminogeno per la commissione del nuovo reato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva compiuto correttamente questa valutazione, rendendo la doglianza inammissibile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile l’intero ricorso. Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla determinazione della pena, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: la graduazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere discrezionale, tuttavia, non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata sulle ragioni che l’hanno portata a determinare quella specifica pena, anche questo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. Il ricorso, pertanto, non superava il vaglio di ammissibilità, che preclude alla Cassazione di riesaminare il merito delle valutazioni già compiute dai giudici delle precedenti istanze.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione riafferma l’importanza della motivazione delle sentenze di merito e la natura del giudizio di Cassazione, che non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. La valutazione recidiva, così come la determinazione della pena, se fondate su un’analisi logica e coerente con i criteri normativi, sono insindacabili in sede di legittimità.

Quando un ricorso contro la valutazione della recidiva è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando il giudice di merito ha correttamente applicato i principi di legge, motivando la sua decisione sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p. e analizzando il rapporto concreto tra il reato giudicato e le condanne precedenti, senza che il ricorrente possa chiedere una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità.

La determinazione della pena da parte del giudice può essere contestata in Cassazione?
Sì, ma solo per violazione di legge o per manifesta illogicità della motivazione. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito; se questa è esercitata nel rispetto dei limiti legali (artt. 132 e 133 c.p.) e con una motivazione adeguata, la scelta non è sindacabile dalla Corte di Cassazione.

Cosa significa che la valutazione della recidiva non può fondarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso?
Significa che il giudice non può limitarsi a constatare l’esistenza di precedenti condanne. Deve effettuare un’analisi più approfondita per verificare se la pregressa condotta criminale sia sintomo di una tendenza a delinquere che abbia concretamente influenzato la commissione del nuovo reato, agendo come fattore criminogeno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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