Valutazione Recidiva: La Cassazione Conferma la Discrezionalità del Giudice
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri per la valutazione recidiva e sulla determinazione della pena, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità. La decisione sottolinea come la discrezionalità del giudice di merito, se esercitata correttamente secondo i principi di legge, non possa essere messa in discussione con un ricorso che mira a una nuova valutazione dei fatti. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di secondo grado su due punti principali: la mancata esclusione della recidiva e la quantificazione della pena inflitta, ritenuta eccessiva.
I Motivi del Ricorso: Recidiva e Trattamento Sanzionatorio
Il ricorso si fondava su due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla recidiva: L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non escludere l’aggravante della recidiva.
2. Violazione di legge e difetto di motivazione sulla pena: Si contestava la graduazione del trattamento sanzionatorio, considerata sproporzionata.
La Valutazione Recidiva secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo di ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la valutazione recidiva non è un automatismo legato alla mera esistenza di precedenti penali. Il giudice di merito non può limitarsi a considerare la gravità dei fatti o l’arco temporale in cui sono stati commessi. È necessario, invece, un esame concreto, basato sui criteri dell’art. 133 del codice penale, per stabilire se esista un effettivo legame tra le condanne precedenti e il reato per cui si sta procedendo. Il giudice deve verificare se la condotta criminale passata sia indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto” che abbia agito come fattore criminogeno per la commissione del nuovo reato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva compiuto correttamente questa valutazione, rendendo la doglianza inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile l’intero ricorso. Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla determinazione della pena, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: la graduazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere discrezionale, tuttavia, non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata sulle ragioni che l’hanno portata a determinare quella specifica pena, anche questo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. Il ricorso, pertanto, non superava il vaglio di ammissibilità, che preclude alla Cassazione di riesaminare il merito delle valutazioni già compiute dai giudici delle precedenti istanze.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione riafferma l’importanza della motivazione delle sentenze di merito e la natura del giudizio di Cassazione, che non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. La valutazione recidiva, così come la determinazione della pena, se fondate su un’analisi logica e coerente con i criteri normativi, sono insindacabili in sede di legittimità.
Quando un ricorso contro la valutazione della recidiva è considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando il giudice di merito ha correttamente applicato i principi di legge, motivando la sua decisione sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p. e analizzando il rapporto concreto tra il reato giudicato e le condanne precedenti, senza che il ricorrente possa chiedere una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità.
La determinazione della pena da parte del giudice può essere contestata in Cassazione?
Sì, ma solo per violazione di legge o per manifesta illogicità della motivazione. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito; se questa è esercitata nel rispetto dei limiti legali (artt. 132 e 133 c.p.) e con una motivazione adeguata, la scelta non è sindacabile dalla Corte di Cassazione.
Cosa significa che la valutazione della recidiva non può fondarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso?
Significa che il giudice non può limitarsi a constatare l’esistenza di precedenti condanne. Deve effettuare un’analisi più approfondita per verificare se la pregressa condotta criminale sia sintomo di una tendenza a delinquere che abbia concretamente influenzato la commissione del nuovo reato, agendo come fattore criminogeno.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12807 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12807 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Missaoui NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva contestata, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato;
che il giudice di merito a pagina 3 ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si pr e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondato poiché la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., come avvenuto nella specie (si vedano, in proposito, pagg. 3 e 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 12 dicembre 2023
Il Consigliere estensore COGNOME Il Presidente